Archive for Giugno, 2011

30 Giugno, 2011

Blade Runner, Time to Die, Tears in rain

by gabriella

Il monologo finale del replicante Roy, nella memorabile interpretazione di Rutger Hauer e nel doppiaggio, non meno straordinario di Sandro Iovino.

I dialoghi più significativi tratti da wikiquote:

Moriremo… noi siamo stupidi. (Pris)

Io penso, Sebastian, pertanto sono. (Pris)

La luce che arde col doppio di splendore brucia per metà tempo. E tu hai sempre bruciato la tua candela da due parti, Roy. (Tyrell)

Ho fatto… delle cose discutibili. […] Cose per cui il Dio della biomeccanica non ti farebbe entrare in paradiso. (Roy)

Bella esperienza vivere nel terrore, vero? In questo consiste essere uno schiavo. (Roy)

Io ne ho viste cose che voi umani non potreste immaginarvi. Navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione… e ho visto i raggi B balenare nel buio vicino alle porte di Tannhäuser. E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo come lacrime nella pioggia. È tempo di morire. (Roy, prima di morire)

 

I’ve seen things you people wouldn’t believe. Attack ships on fire off the shoulder of Orion. I watched C-beams glitter in the dark near the Tannhauser gate. All those moments will be lost in time, like tears in rain. Time to die

Io non so perché mi salvò la vita, forse in quegli ultimi momenti amava la vita più di quanto l’avesse mai amata… Non solo la sua vita: la vita di chiunque, la mia vita. Tutto ciò che volevano erano le risposte che noi tutti vogliamo: da dove vengo? Dove vado? Quanto mi resta ancora? Non ho potuto far altro che restare lì e guardarlo morire. (Deckard)

27 Giugno, 2011

Zagrebelsky, Fuga dalla libertà

by gabriella

Nel 1549 fu pubblicato un libello in cui si studiaNike o Vittoria di Samotracia - Musée du Louvreva lo spettacolo sorprendente della disponibilità degli esseri umani, in massa, a essere servi, quando sarebbe sufficiente decidere di non servire più, per essere ipso facto liberi. Che cosa è – parole di Etienne de la Boétie, amico di Montaigne – questa complicità degli oppressi con loppressore, questo vizio mostruoso che non merita nemmeno il titolo di codardia, che non trova un nome abbastanza spregevole?. Il nome – apparso allora per la prima volta – è “servitù volontaria”.

Un ossimoro: se è volontaria, non è serva e, se è serva, non è volontaria. Eppure, la formula ha una sua forza e una sua ragion d´essere. Indica il caso in cui, in vista di un certo risultato utile, ci s´impone da sé la rinuncia alla libertà del proprio volere o, quantomeno, ci si adatta alla rinuncia. Entrano in scena i tipi umani quali noi siamo: il conformista, l´opportunista, il gretto e il timoroso: materia per antropologi.

a) Il conformista è chi non dà valore a se stesso, se non in quanto ugualizzato agli altri; colui che si chiede non che cosa si aspetta da sé, ma cosa gli altri si aspettano da lui. L´uomo-massa è l´espressione per indicare chi solo nel “far parte” trova la sua individualità e in tal modo la perde. L´ossessione, che può diventare malattia, è sentirsi “a posto”, “accettato”.

EtienneDeLaBoetieIl conformista è arrivista e formalista: vuole approdare in una terra che non è la sua, e non in quanto essere, ma in quanto apparire. Così, il desiderio di imitare si traduce nello spontaneo soggiogarsi alle opinioni, e lautenticità della vita si sacrifica alla peggiore e più ridicola delle sudditanze: l´affettazione modaiola. La “tirannia della pubblica opinione” è stata denunciata, già a metà dell´Ottocento da John Stuart Mill, e oggi, nella società dell´immagine, è certo più pericolosa di allora. L´individuo si sente come sotto lo sguardo collettivo di una severa censura, se sgarra, o di benevola approvazione, se si conforma. Questo sguardo è a una sorta di polizia morale. La sua forza, a differenza della “polizia” senza aggettivi, è interiore. Ma il fatto dessere prodotta da noi stessi è forse libertà? Un uomo così è libero, o non assomiglia piuttosto a una scimmia?

b) L´opportunista è un carrierista, disposto a “mettersi al traino”. Il potere altrui è la sua occasione, quando gli passa vicino e riesce ad agganciarlo. Per ottenere favori e protezione, che cosa può dare in cambio? Piaggeria e fedeltà, cioè rinuncia alla libertà. Messosi nella disponibilità del protettore, cessa d´essere libero e si trasforma in materiale di costruzione di sistemi di potere. Così, a partire dalla libertà, si creano catene soffocanti che legano gli uni agli altri. Si può illudersi dessere liberi. Lo capisci quando chi ti sta sopra ti chiede di pagare il prezzo dei favori che hai ricevuto. Allora, taccorgi d´essere prigioniero d´una struttura di potere basata su favori e ricatti, che ti prende dal basso e ti solleva in alto, a misura del tuo servilismo.

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23 Giugno, 2011

Ilaria Amato, Chi sono le streghe oggi?

by gabriella

Omeopate, ginecologhe, lifecoach, agronome… sono molte le professioni attualmente in voga che nel Quattrocento avrebbero portato una donna sul rogo. Roberto Borin, autore del libro Viaggio nei borghi delle streghe ricorda quella strage silenziosa tutta al femminile. Tratto da Repubblica del 20 aprile 2011.

Rasate, affamate, torturate e arse vive. La colpa? Una sola: essere streghe. Una vera e propria “pulizia etnica” tra il Quattrocento e il Seicento, costrinse all’estinzione le detentrici di un sapere tutto femminile [la giornalista usa il termine “pulizia etnica” in modo non scientifico, per segnalare che venne colpito il “gruppo” delle donne che possedevano un sapere incompatibile con quelli ufficiali, NOTA DELLA PROF]. I numeri parlano di una cifra non inferiore alle 100mila donne uccise, ma ci sono anche teorie che parlano di dati superiori al milione [in realtà, si ritiene che complessivamente i roghi dell’Inquisizione abbiano ucciso circa un milione di persone, NOTA DELLA PROF]. Il motivo era semplice: quelle che venivano considerate streghe erano donne che si erano tramandate di madre in figlia una conoscenza approfondita delle erbe e dei cicli della natura, del corpo umano e, non da ultimo dei riti pagani pre-cristiani di Iside e Diana. La colpa di queste donne è che non si riconoscevano nell’ufficialità “intoccabile” di scienza e religione e perseguivano vie alternative.
12 Giugno, 2011

Franco Basaglia Tribute

by gabriella

Massimo Cirri ha raccontato Franco Basaglia su Wikiradio.

Conferenze brasiliane, Milano, Raffaello Cortina Editore, 2000

Recensione a Come affondò la nave dei folli (Raffaello Cortina 2008), Il Sole24Ore, 28 settembre 2008.

 

2 Giugno, 2011

Marco Lodoli, Chi ha i soldi il futuro se lo compra o si prepara a “meritarselo”

by gabriella

Per decenni le aule sono state il luogo di incontro e di avvicinamento tra ceti diversi. Oggi le cose sono cambiate radicalmente: sotto il velo della “meritocrazia” il nostro Paese è tornato ad essere classista in modo feroce.

 

Marco Lodoli, La lotta di classe si sposta tra i banchi

Per alcuni decenni la scuola è servita anche ad avvicinare le classi sociali: nelle aule convergevano interessi e aspettative, si respirava la stessa cultura, si creavano possibilità per tutti. In fondo al viale si immaginava un mondo senza crudeli differenze, senza meschinità e ingiustizie. La conoscenza era garanzia di crescita intellettuale, e anche sociale ed economica. Chi studiava si sarebbe affermato, o quantomeno avrebbe fatto un passo in avanti rispetto ai padri. Tante volte abbiamo sentito quelle storie un po’ retoriche ma autentiche: il padre tranviere che piangeva e rideva il giorno della laurea in medicina del suo figliolo, la madre che aveva faticato tanto per tirare su quattro figli, che ora sono tutti dottori.

Oggi le cose sono cambiate radicalmente. Chi viaggia in prima classe non permette nemmeno che al treno sia agganciata la seconda o la terza: vuole viaggiare solo con i suoi simili, con i meritevoli, gli eccellenti, i vincenti.

A me professò ‘sto discorso del merito mi fa rodere. La meritocrazia, la meritocrazia… ma che significa? E chi non merita? E noi altri che stamo indietro, noi che non je la famo, noi non contiamo niente?

Questo mi dice Antonia e neanche mi guarda quando parla, guarda fuori, verso i palazzoni di questo quartiere di periferia, verso quei prati dove ancora le pecore pascolano tra gli acquedotti romani e il cemento. Qui la divina provvidenza del merito non passa, non illumina, non salva quasi nessuno.

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2 Giugno, 2011

Bruner, Sulla (impossibile) neutralità dell’educazione

by gabriella

Jerome BrunerIl mezzo di scambio mediante il quale l’educazione si compie – il linguaggio – non può mai essere neutrale: esso impone un punto di vista non solo sul mondo a cui si riferisce, ma anche all’impiego della mente nei confronti del mondo. Il linguaggio trasmette necessariamente una prospettiva dalla quale vedere le cose ed un atteggiamento verso ciò che vediamo.

Il linguaggio dell’educazione, se vuole essere uno stimolo alla riflessione e alla creazione di cultura, non può essere il considdetto linguaggio incontaminato dei dati e dell’oggettività. Esso deve esprimere una posizione e sollecitare la contrapposizione. E in questo processo deve fare spazio alla riflessione.

2 Giugno, 2011

Note storiche sull’idea di uguaglianza

by gabriella

MireilleMathieu, La Marseillaise

La prima formulazione del principio d’uguaglianza, ispirata dall’Illuminismo francese, è contenuta nella Dichiarazione di Indipendenza degli Stati Uniti (4 luglio 1776), dove si legge che

«tutti gli uomini sono creati uguali tra loro e sono dotati dal loro creatore di alcuni inalienabili diritti tra cui la vita, la libertà e la ricerca della felicità».

La formulazione giuridica matura è comunque della Rivoluzione francese (1789) che, in virtù del principio di eguaglianza, abolisce i privilegi dell’ancien régime. La prima Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino, versione francese del 1789, comincia così: Les hommes naissent et demeurent libres et égaux en droits,

“Gli uomini nascono e rimangono liberi e uguali nei diritti”.

Sebbene quello dell’uguaglianza fosse il diritto fondatore della società uscita dalla Rivoluzione francese – libertà ed eguaglianza sono inscindibili – nell’anno finale della Rivoluzione (1793), Jacques Roux (le curé rouge) aveva denunciato la mancata realizzazione del principio d’eguaglianza:

«La libertà non è che un vano fantasma quando una classe di uomini può affamarne un’altra impunemente. L’uguaglianza, non è che un fantasma, quando il ricco, attraverso gli accaparramenti, esercita il diritto di vita e di morte sui suoi simili.

La Repubblica non è che un vano fantasma quando la contro-rivoluzione opera di giorno in giorno attraverso il prezzo delle derrate alimentari che ¾ dei cittadini non possono pagare senza lacrime”.

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