Archive for Settembre, 2011

15 Settembre, 2011

Toni Negri sulla dislessia dei manager

by gabriella

In questo articolo, Negri illustra le ragioni per le quali la dislessia diventa nei manager l’arma vincente per misurarsi con l’ingestibile velocità del capitalismo contemporaneo.

Il potere alienato dalla folla

La raccolta di saggi «Il comunismo del capitale» di Christian Marazzi ripercorre le trasformazione del capitalismo contemporaneo dove la finanza è diventata strumento di governo dello sviluppo economico. La dismissione del welfare state e la precarietà dei rapporti di lavoro risultano, così, due momenti della appropriazione privata del «comune». Il libro dell’economista di origine svizzera non si limita, però, a una rassegna dei cambiamenti avvenuti, ma si pone l’obiettivo di fornire strumenti per la trasformazione.

Sono stati scritti in un decennio, questi saggi di Christian Marazzi raccolti nel volume Il comunismo del capitale (Ombre corte, pp. 160, euro 23). Hanno il buon sapore che si sentiva nel bel volume che ha reso questo economista di origine svizzere abbastanza noto in Europa e negli Usa: Il posto dei calzini (pubblicato dalla casa editrice Casagrande nella Svizzera italiana e ripreso poi da Bollati Boringhieri). Lì, per la prima volta, il postindustriale era coniugato con la sovversione femminista ed il postmoderno trovava non una voce debole o molle per dichiararsi (come ci avevano abituato i suoi fondatori) ma mostrava i muscoli della rivoluzione sociale.

Leggo qui con voi le prime due parti di questo libro: la prima, «Biocapitalismo e finanziarizzazione» e la seconda, «Il lavoro nel linguaggio». Parto da una questione posta da Marazzi che sembra, a prima vista, bizzarra e mi chiedo con lui: perché i manager sono spesso dislessici? Perché – risponde Christian – se la difficoltà di focalizzare e decodificare i fonemi sviluppa nei dislessici, in generale, la capacità di vedere o percepire molto rapidamente il quadro d’assieme, il contesto nel quale si trovano ad operare i manager trasforma la condizione dislettica nella facoltà di alterare e creare percezioni, organizza un’estrema consapevolezza dell’ambiente nel quale sono immersi. Pensiero ed intuito si applicano insieme su scene multi-dimensionali e qui esprimono potenza e creatività.

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15 Settembre, 2011

Luigia Milani, Il disturbo aspecifico d’apprendimento, Gabriella Maggi, I disturbi dell’apprendimento

by gabriella

Unità Operativa Complessa di Neuropsichiatria Infantile
Dipartimento di Neuroscienze
Ospedale Pediatrico Bambino Gesù – ROMA

Il disturbo aspecifico dell’apprendimento è correlato a capacità cognitive al di sotto della media e/o a diverse patologie. Vediamo come si manifesta e come è possibile affrontarlo.

Cos’è il Disturbo Aspecifico di Apprendimento?

Il Disturbo Aspecifico (o non Specifico) di Apprendimento riguarda difficoltà di apprendimento in relazione a capacità cognitive al di sotto della media e/o a patologie di vario tipo: sensoriali, come per esempio la sordità o forti difficoltà visive, neurologiche, come per esempio l’epilessia, genetiche, come alcune sindromi genetiche, organiche in genere, come per esempio l’ipotiroidismo, psicologiche (disturbi psicopatologici primari).

In queste situazioni le difficoltà sono spesso generalizzate, quindi non solo nelle competenze “di base”, cioè nella lettura, scrittura, matematica, ma anche nei processi logici.

Siamo, infatti, a volte, in presenza di capacità cognitive non adeguate alla media, anche se non in ritardo: collocabili cioè, nella cosiddetta “fascia inferiore” della media o “ai limiti” del ritardo cognitivo.

Anche nel ritardo cognitivo sono presenti difficoltà di apprendimento: esse sono però più conseguenti al ritardo stesso, anche se in questo campo, vi è comunque una grande variabiltà tra una  situazione e l’altra, con differenti profili neuropsicologici.

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14 Settembre, 2011

I disturbi specifici d’apprendimento. Settimana dell’educazione specializzata, dell’autismo, della dislessia, della sindrome da deficit di attenzione e della sensibilizzazione

by gabriella

È la settimana dell’educazione specializzata, dell’autismo, della SDA (sindrome del deficit dell’attenzione), dislessia e della sensibilizzazione. È in onore di tutti i bambini che lottano tutti i giorni per averla vinta, come per coloro che li aiutano e li supportano … …. Grazie”

Questo è il messaggio circolato in rete durante la prima settimana di scuola [altre informazioni sul blog didattico di Gabriella Raffaele].

Per un‘introduzione scientifica ai disturbi specifici dell’apprendimento (DSA) con particolare riguardo alla dislessia e alla discalculia si può leggere l’articolo di Giacomo Stella in Annali della Pubblica Istruzione 2/2010, pp. 3-18. Sulla didattica e la pedagogia inclusiva, si può vedere sempre nella stessa pubblicazione, l’articolo di Trisciuzzi, Zappaterra, Dislessia, disgrafia e didattica inclusiva, pp. 51-76. Per una guida alla compilazione del Piano Didattico Personalizzato e alle strategie da includere per i ragazzi con DSA vedere, invece, l’articolo di Simoneschi (pp. 89-98).

Linee guida MIUR sui DSA del 12 luglio 2011.

Alla fine dell’anno scorso, il dibattito intorno ai DSA si è animato con l’intervento del direttore dell’IdO, Federico Bianchi di Castelbianco, e la secca replica di Giacomo Stella che un lettore ha postato in questo blog, sotto l’articolo, nell’area commenti.

A. Paoletti, G. Stella, Lo screening per il rilevamento dei DSA nella scuola secondaria superiore, in Indici qualitativi di rischio negli screening sui disturbi specifici di apprendimento, “Dislessia “,vol. I, gennaio 2008.

Nicoletta Staffa, La rilevazione delle difficoltà di lettura e scrittura nella scuola secondaria di secondo grado

Il disturbo specifico di comprensione del testo

Scheda guida per la lettura e comprensione del testo

Il Piano Didattico Personalizzato (PDP)

Strategie didattiche per i DSA

Daniela Lucangeli, Learning disabilities: difficoltà vs disturbo

Il potenziamento delle abilità di base (o metodo di studio): 1. Saper leggere; 2. Riassumere; 3. Prendere appunti; 4. Memorizzare efficacemente

Dislessia: non irmptoa cmoe snoo sctrite le plaroe ..

11 Settembre, 2011

Iran, la scuola nelle società di controllo

by gabriella

[youtube=http://www.youtube.com/watch?v=faKP-WVeWbU]

Per approfondire il concetto deleuziano di società di controllo si veda G. Deleuze, Poscritto alle società di controllo.

11 Settembre, 2011

Giovanni Boccia Artieri illustra gli errori canonici delle interpretazioni di Internet

by gabriella

Giovanni Boccia Artieri (insegna sociologia della comunicazione ad Urbino, ne ho un ricordo anche personale) ha imbracciato mouse e tastiera per demolire ad una ad una le semplificazioni interpretative e i luoghi comuni su Internet a cui Veltroni ha (incautamente) deciso di dare voce.

Il suo è un intervento molto chiaro e utile da riporre nella cassetta degli attrezzi da brandire per spiegare Internet. Così, ad esempio: 1. demolizione degli ostacoli epistemologici alla comprensione della rete (reset), 2. significativi aneddoti sulla storia dei protocolli e sulla struttura della rete (edit), 3. elementi di teoria sociale delle nuove tecnologie (then restart).

Tratto dal blog del professore: http://mediamondo.wordpress.com/2011/08/29/riformismo-e-rete-come-non-cambiare-l%E2%80%99italia/

Io non so esattamente se e come il riformismo possa cambiare l’Italia. Certamente non possono farlo uomini e donne con visioni sfuocate su quello che gli sta attorno. Non possono farlo da politici, da soggetti che dovrebbero rapportarsi con l’opinione pubblica e muoversi nelle sfera pubblica alimentando il dibattito e sapendo ascoltare.

Non possono farlo se scrivono (pensano) cose come queste.

La rete è un meraviglioso laboratorio di legami e di saperi, uno strepitoso strumento di giustizia sociale conoscitiva ma, nel suo discorso pubblico, alimenta semplificazioni e il suo stesso linguaggio formale, pollice in su o in giù, rimanda a banalizzazioni esasperate, ad un mondo di tifosi in cui lo spazio per la razionalizzazione e la costruzione si fa più esile. Tutto tende ad essere corto, emotivo, estremo. Proprio quando avremmo più necessità di pensieri lunghi, di progetti grandi, di tempo per realizzarli.

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8 Settembre, 2011

Piergiorgio Sensi, Argomentazione e dimostrazione

by gabriella
Partiamo da questa tesi: “Urge riportare al centro della didattica la conoscenza e la padronanza delle procedure dimostrative e argomentative”. L’argomentazione che svolgo è ‘entimematica’, come sono entimemi la maggior parte dei più efficaci slogan pubblicitari, quali, per es., “più lo mandi giù, più ti tira su“ o “Non sa di plastica, non sa di latta, non sa di cartone, non sa di vetro, il vetro. Il vetro è meglio”.
“Molti tratti della nostra letteratura, del nostro insegnamento, delle nostre istituzioni di linguaggio (e vi è forse una sola istituzione senza linguaggio?) sarebbero chiariti o compresi diversamente se si conoscesse a fondo (vale a dire se non si censurasse) il codice retorico che ha dato il suo linguaggio alla nostra cultura” (R. Barthes, La retorica antica, 1970). “Se è vergognoso non essere capaci di difendersi con le proprie braccia, sarebbe assurdo se fosse esente da vergogna non saperlo fare per mezzo della parola, il cui uso è più proprio per l’uomo di quello delle braccia” (Aristotele, Retorica, I, 1355 a-b).

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8 Settembre, 2011

Stefano Bollani: il linguaggio del corpo (e il cachet) del musicista e 2 lezioni di musica

by gabriella

L’adorabile materialismo di Bollani applicato a Mozart e agli autori del repertorio classico. L’inizio della registrazione è disturbato, ma vale la pena pazientare.

 

Stefano Bollani ha tenuto due lezioni sul rapporto tra jazz e musica classica a Radio3 Suite – Lezioni di Musica il 10 e l’11 settembre:

Stefano Bollani – Radio3 Suite, Tra jazz e musica classica 1

Stefano Bollani – Radio3 Suite, Tra jazz e musica classica 2

7 Settembre, 2011

Naomi Klein, Shock economy e riots londinesi

by gabriella

Quando si ruba alla gente quel poco che ha per proteggere gli interessi di quelli che hanno più di quanto chiunque meriti, bisogna attendersi una resistenza.

Continuo a sentire paragoni tra le rivolte a Londra e quelle che scoppiano in altre città europee, vetrine sfasciate ad Atene o incendi di auto a Parigi. E ci sono dei parallelismi, senza dubbio: una scintilla provocata dalla violenza poliziesca,  una generazione che si sente dimenticata.

Ma questi eventi sono stati caratterizzati da una massiccia distruzione; i saccheggi sono stati secondari. Tuttavia ci sono stati altri imponenti saccheggi negli ultimi anni, e forse dovremmo parlare anche di questi. È successo a Baghdad dopo l’invasione statunitense, una frenesia di incendi e saccheggi che hanno svuotato biblioteche e musei. Anche le fabbriche sono state colpite. Nel 2004 ne ho visitata una che produceva refrigeratori. I suoi lavoratori l’avevano depredata di qualsiasi cosa avesse valore, poi l’avevano incendiata al tal punto che il magazzino era ridotto a una scultura di lastre metalliche contorte.

All’epoca quelli delle notizie via cavo pensavano che i saccheggi fossero altamente politici. Dicevano che questo è ciò che succede quando un regime manca di legittimità agli occhi del popolo. Dopo aver visto per così tanto tempo come Saddam e i suoi figli disponevano di tutto e di tutti a loro piacimento, molti iracheni normali avevano pensato di essersi guadagnati il diritto di impossessarsi di qualche piccola cosa per se stessi. Ma Londra non è Baghdad, e il primo ministro britannico David Cameron è ben diverso da Saddam, per cui è chiaro che da quei fatti non si può ricavare alcuna lezione.

E se prendessimo in considerazione un esempio democratico? Argentina, intorno al 2001. L’economia era in caduta libera e migliaia di persone che vivevano in quartieri difficili (che erano state fiorenti zone industriali prima dell’era neoliberista) invasero supermercati di proprietà straniera. Uscirono spingendo carrelli stipati di prodotti che non potevano più permettersi, vestiti, elettronica, carne. Il governo proclamò uno “stato d’assedio” per restaurare l’ordine; alla gente questo non piacque e abbatté il governo.

Questi espropri di massa in Argentina furono chiamati “El saqueo”, il saccheggio,  e questo è politicamente significativo perché era la stessa parola utilizzata per descrivere quello che le élites di questo Paese avevano fatto vendendo le risorse nazionali del Paese, nella forma di privatizzazioni con episodi di clamorosa corruzione,  occultando il loro denaro all’estero, facendo pagare poi il conto alla gente mediante un brutale pacchetto di austerità. Gli argentini capirono che il saccheggio dei centri commerciali non sarebbe avvenuto senza l’ancora più grande saccheggio del Paese, e che i veri gangsters erano quelli che comandavano.

Ma l’Inghilterra non è l’America Latina, e le sue rivolte non sono politiche, o perlomeno così ci viene detto. Si tratta solo di giovani fuorilegge che approfittano di una situazione per impossessarsi di ciò che non gli appartiene. E la società britannica, ci dice Cameron, detesta questo tipo di comportamento.

E lo dice con la massima serietà. Come se i giganteschi salvataggi delle banche  non fossero mai avvenuti, seguiti dagli insultanti bonus record. Seguiti dalle  riunioni di emergenza del G-8 e del G-20, quando i dirigenti hanno deciso, collettivamente, di non fare nulla per punire i banchieri per tutto questo, non fare nulla di serio per impedire che una simile crisi torni a ripetersi. Invece di farlo, tutti sono tornati ai loro rispettivi Paesi e hanno imposto sacrifici ai più vulnerabili. Lo hanno fatto licenziando lavoratori del settore pubblico, trasformando i maestri in capri espiatori, chiudendo biblioteche, aumentando il costo dell’istruzione, respingendo i contratti con i sindacati, realizzando privatizzazioni accelerate di risorse pubbliche e diminuendo le pensioni: mescolate gli ingredienti in base al vostro Paese. E chi si presenta in televisione facendo prediche sulla necessità di  rinunciare a questi “benefici”? I banchieri e gli amministratori dei fondi ad alto rischio, naturalmente.

Siamo di fronte a un saccheggio globale, giorni di grandi guadagni. Alimentato da un senso patologico del diritto al profitto, questo saccheggio è stato messo in atto in piena luce del giorno, come se non ci fosse nulla da nascondere. Tuttavia ci sono alcuni fastidiosi timori. All’inizio di luglio, il Wall Street Journal, citando un nuovo sondaggio, ha informato che il 94% dei milionari teme la “violenza di piazza”. Questo, a quanto pare, era un timore sensato.

Evidentemente le rivolte di Londra non sono state una protesta politica. Ma la gente che commette dei furti notturni è maledettamente sicura che le sue élites stanno commettendo dei furti in piena luce del giorno. I saccheggi sono contagiosi.

I Conservatori hanno ragione quando dicono che le rivolte non hanno niente a che vedere con i tagli. Ma hanno molto a che vedere con quello che rappresentano questi tagli: essere tagliato. Essere emarginato in una classe inferiore in rapida crescita, e le poche vie di fuga che esistono -un lavoro con garanzie sindacali, l’accesso a una buona educazione- si chiudono rapidamente. I tagli sono un messaggio. Dicono a interi settori della società: rimarrai dove sei, come gli immigrati e i rifugiati che respingiamo alle nostre frontiere sempre più fortificate.

La risposta di David Cameron alle rivolte è fare in modo che questa esclusione sia presa alla lettera: sfratti dalle case popolari, minacce di tagliare gli strumenti di comunicazione e condanne indegne (cinque mesi a una donna per aver ricevuto un paio di shorts rubati). Mandano di nuovo lo stesso messaggio: sparite, e fatelo in silenzio.

Nel “vertice dell’austerità” del G-20 dell’anno scorso a Toronto, le proteste si sono trasformate in rivolta e numerose auto della polizia sono state bruciate. Non è stato niente a confronto con gli standard di Londra 2011, ma è stato scioccante per noi canadesi. La grande polemica in quell’occasione è stata sul fatto che il governo avesse speso 675 milioni di dollari per la “sicurezza” del vertice (ma nonostante tutto sembra che non siano riusciti a spengere quegli incendi). In quell’occasione, molti di noi hanno rilevato come il costoso nuovo arsenale acquisito dalla polizia -idranti, cannoni a onde sonore, gas lacrimogeno e pallottole di gomma- non era stato acquisito solo per reprimere i manifestanti nelle piazze. Il loro uso a lunga scadenza era: disciplinare i poveri, quelli che nella nuova era di austerità hanno così poco da perdere che diventano pericolosi.

È quello che non capisce David Cameron: non si possono tagliare i bilanci della polizia mentre si taglia tutto il resto. Perché quando si ruba alla gente quel poco che ha, per proteggere gli interessi di quelli che hanno più di quanto chiunque meriti, si può essere sicuri che ci sarà una resistenza -manifestazioni organizzate o saccheggi spontanei.

E non è politica. È fisica.

Naomi Klein è giornalista, i suoi libri più conosciuti sono No Logo (2002) e Shock Economy (2007); si veda il sito Naomiklein.org. Twitter: @naomiaklein

tratto da The Nation; http://www.alternet.org
tradotto da senzasoste.it

7 Settembre, 2011

Arrighi su Moody’s e la globalizzazione

by gabriella

Nell’introduzione a Caos e governo del mondo, Giovanni Arrighi riprende una tesi di Thomas Friedman per parlare delle agenzie di rating in termini di “nuova egemonia militare”: il declassamento dei titoli di stato sarebbe un atto di guerra e la concentrazione sovranazionale di denaro la vera vincitrice della guerra fredda.

4 Settembre, 2011

Slavoj Žižek, Saccheggiatori di tutto il mondo, unitevi

by gabriella

La ripetizione, secondo Hegel, svolge un ruolo storico fondamentale: una cosa che accade solo una volta può essere liquidata come un caso, un evento che avrebbe potuto essere evitato se la situazione fosse stata gestita diversamente; ma il suo ripetersi è sintomo di una dinamica storica più profonda. Quando Napoleone fu sconfitto a Lipsia, nel 1813, si pensò a un caso sfortunato; quando perse nuovamente a Waterloo fu chiaro che il suo tempo era finito. Lo stesso vale per la crisi finanziaria in corso. Nel settembre del 2008 fu presentata da alcuni come un’anomalia che poteva essere corretta con nuove regolamentazioni ecc.; ora che si susseguono i segnali di un nuovo tracollo finanziario è evidente che abbiamo a che fare con un fenomeno strutturale.

Continuano a dirci che stiamo attraversando una crisi del debito e che dobbiamo portare tutti insieme questo peso e tirare la cinghia. Tutti insieme con l’eccezione dei (molto) ricchi: l’idea di tassarli di più è un tabù. Se lo facessimo, si dice, i ricchi non sarebbero incentivati a investire, verrebbero creati meno posti di lavoro e tutti noi ne subiremmo le conseguenze. L’unica possibilità di salvezza in questi tempi difficili è che i poveri diventino più poveri e i ricchi più ricchi. Cosa resta da fare ai poveri? Cosa possono fare?

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