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5 Febbraio, 2012

Riccardo Achilli spiega il paradigma della “nuova macroeconomia classica”, cioè il modello che ci aiuta a diventare poveri

by gabriella

L’accordo intergovernativo di ieri ha delineato la, per così dire, “strategia” che l’Europa pensa di mettere in campo per uscire dalla crisi, illudendosi di salvare un euro che oramai anche i principali think tank liberisti internazionali danno per spacciato. La strategia è imperniata sul fiscal compact (che anche dal punto di vista comunicativo fa pensare più ad una compilation di musica dance che ad un pacchetto di politiche fiscali, ma tant’è) e su non meglio precisate linee-guida per riattivare la crescita economica ed occupazionale nei Paesi dell’Unione.

Non starò a fare una lunga analisi del “fiscal compact” (ci sono ottimi articoli che girano su Internet, ne segnalo uno ai naviganti: “Per un nuovo fiscal compact”, di Renato Costanzo Gatti). Mi limiterò ad enucleare alcuni aspetti di fondo:

l’obbligo di rientrare di un ventesimo dell’extra debito (cioè del debito pubblico superiore al 60% del PIL) all’anno comporta di fatto manovre finanziarie pari a 42 Meuro per il primo anno, 40 Meuro per il secondo, 38 Meuro nel terzo, e così via. Tale regola costringe l’economia italiana a rinunciare ad uscire dalla recessione per lustri. Di fronte alla durezza del sacrificio finanziario imposto, le cosiddette “circostanze attenuanti” che Monti sarebbe riuscito a strappare sono ben poca cosa. In realtà, ad essere precisi, non ha strappato niente, poiché ha solo ottenuto che si riportasse nel fiscal compact quanto già previsto nel “six pack” varato qualche mese fa: in sostanza, l’ammontare dell’extra-debito pubblico viene corretto per i passivi impliciti legati all’indebitamento del settore privato (significativamente più basso in Italia rispetto alla media Ue), e per una combinazione fra il costo aggiuntivo legato all’invecchiamento della popolazione, corretto per i risparmi conseguibili da riforme previdenziali. Anche a voler considerare lo scenario più ottimistico, ovvero portando a deduzione dell’extra debito pubblico l’intero ammontare di risparmio lordo privato (gli effetti finanziari più rilevanti della riforma previdenziale si faranno sentire dopo il 2014, quindi riportati al presente attualizzati, risultano di entità non molto significativa) avremmo comunque manovre finanziarie pesantissime, incompatibili con ipotesi di ripresa economica, pari a 35 Meuro nel primo anno, 33 Meuro nel secondo, 31 nel terzo, e così via;

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