Archive for Marzo, 2012

31 Marzo, 2012

Out There. Il nichilismo disperato dei nuovi adolescenti

by gabriella

Chad, Jay e Chris sono i tre adolescenti protagonisti di Out There (Là fuori), l’animazione realizzata da Ryan Quincy, regista e animatore di South Park. Giovani “marziani”, distruttivi e autodistruttivi, sono espressione del disagio profondo della provincia, non solo americana, e della condizione giovanile contemporanea.

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27 Marzo, 2012

Facite ammuina: per le visite a bordo delle autorità del Regno

by gabriella

24 Marzo, 2012

Marina Boscaino, La scuola italiana ha bisogno di laicità

by gabriella

Un seminario cui sono stata invitata a partecipare qualche giorno fa presso la Casa delle Donne a Roma mi ha spinta a riflettere ancora sul tema scuola e laicità.

In occasione dell’8 marzo ho pubblicato un pezzo dal titolo Scuola: sostantivo femminile. Anche laicità è un sostantivo femminile. E se è vero – come sostiene Gastone Bachelard ne La poétique de la rÊverie – che esiste un animus e un’anima delle parole nelle differenti lingue, questo qualcosa vorrà dire. Certamente la scuola statale è laicità. La laicità è propria della scuola statale. Esiste un rapporto necessario ed imprescindibile tra questi due termini così cari alla coscienza democratica dell’Occidente.

Il binomio scuola pubblica e laicità evoca automaticamente suggestioni, talune immediate, altre un po’ meno.

Provo a ricordarne alcune, quelle che mi sembrano le più significative.

Scuola e laicità come principio giuridico, che deriva dalla Costituzione. Sono tanti i commi degli articoli 33 e 34 – quelli dedicati alla scuola – che direttamente o indirettamente trattano di laicità. Ancor più dei primi 3 commi dell’art. 33 (L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento. La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi. Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato), suggestiona straordinariamente il solenne e commuovente incipit dell’art. 34: “La scuola è aperta a tutti”; con poche, semplici parole spiega tutta la grandezza della scuola pubblica e della nostra Costituzione. Eppure il binomio scuola pubblica/laicità ha avuto bisogno – e soprattutto in questi ultimi anni – di essere continuamente riaffermato, oggetto com’è di continue violazioni: dal crocefisso nelle aule, all’insegnamento di religione cattolica, alla legge 62/2000, quella della parità scolastica. Senza contare le continue invasioni di campo che le autorità ecclesiastiche o le istituzioni confessionali http://www.retescuole.net/contenuto?id=20111108091152 compiono – in maniera più o meno diretta – sul terreno della scuola pubblica.

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24 Marzo, 2012

Emilio Carnevali, La Repubblica romana

by gabriella

La Repubblica riguarda tutti i popoli come fratelli: rispetta ogni nazionalità: propugna l’italiana.

Articolo IV, Costituzione della Repubblica romana

Il 17 marzo del 1861 Vittorio Emanuele II veniva proclamato re d’Italia. Il compimento dell’unità rappresentava il successo, fino a non molto tempo prima improbabile per quanto sperato, del movimento nazionale; ma suggellava anche la vittoria di una precisa componente del movimento, quella monarchico-sabauda su quella repubblicano-democratica. Anche da un punto di vista simbolico Vittorio Emanuele continuava a chiamarsi “Secondo”, come se nulla fosse mutato rispetto a quando c’era ancora il Regno di Sardegna (qualche decennio prima, per fare un esempio contrario, Ferdinando IV di Borbone era diventato Ferdinando I salendo sul trono del Regno delle Due Sicilie dopo l’unificazione post-Restaurazione dei due regni di Napoli e di Sicilia). La costituzione del nuovo Stato era quella in vigore in Piemonte, lo Statuto albertino (che dava diritto di voto a circa il 2% della popolazione). Ed infatti la legislatura che si apriva dopo le prime elezioni politiche generali tenutesi il 27 gennaio e il 3 febbraio 1861 era l’ottava, non la prima, come sarebbe stato normale in presenza del “nuovo Parlamento”.

Ci vorrà ancora qualche anno prima che l’ufficialità del nuovo Stato rendesse omaggio anche all’“altro Risorgimento”, quello di Garibaldi e di Mazzini. Una delle date “spartiacque” può essere individuata nel 1896, quando Francesco Crispi inaugurò al Gianicolo la statua equestre di Garibaldi, monumento all’«amico fedele e devoto di Vittorio Emanuele». «In questi due nomi, e in quello di Giuseppe Mazzini», dichiarò l’allora presidente del Consiglio, «si compendia la storia del Risorgimento nazionale». A poche decine di metri dal luogo dove ancora sorge la statua, e da dove si gode una vista mozzafiato sul centro di Roma, c’è anche quella di Anita Garibaldi, opera dello scultore Mario Rutelli (bisnonno dell’ex sindaco). Dalla parte opposta, a Porta San Pancrazio, c’è il piccolo “Museo della Repubblica Romana e della Memoria garibaldina”, dedicato a una delle pagine più intense, drammatiche e commoventi del nostro XIX secolo.

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24 Marzo, 2012

Salvatore Settis, La TAV in Val di Susa e le New Town de L’Aquila

by gabriella

Che cos’hanno in comune la Tav in Val di Susa e le new towns berlusconiane che assediano L’Aquila dopo il terremoto? Che cosa unisce l’autostrada tirrenica e il “piano casa” che devasta le città? Finanziatori e appaltatori, banche e imprese sono spesso gli stessi, anche se amano cambiare etichetta creando raggruppamenti di imprese, controllate, partecipate, banche d’affari e d’investimento. E sempre gli stessi, non cessa di ricordarcelo Roberto Saviano, sono i canali per il riciclaggio del denaro sporco delle mafie. Ma queste lobbies, che senza tregua promuovono i propri affari, non mieterebbero tante vittorie senza la connivenza della politica e il silenzio dell’opinione pubblica. Espulso dall’orizzonte del discorso è invece il terzo incomodo: il pubblico interesse, i valori della legalità.

Se questo è il gorgo che ci sta ingoiando, è perché l’Italia da decenni è vittima e ostaggio di un pensiero unico, spacciato per ineluttabile. Un unico modello di sviluppo, una stessa retorica della crescita senza fine governano le “grandi opere”, la nuova urbanizzazione e la speculazione edilizia che spalma di cemento l’intero Paese. Ma su questa idea di crescita grava un gigantesco malinteso. Dovremmo perseguire solo lo sviluppo che coincida col bene comune, generando stabili benefici ai cittadini. E’ invalsa invece la pessima abitudine di chiamare “sviluppo” ogni opera, pubblica o privata, che produca profitti delle imprese, anche a costo di devastare il territorio. Si scambia in tal modo il mezzo per il fine, e in nome della “crescita” si sdogana qualsiasi progetto, anche i peggiori, senza nemmeno degnarsi di mostrarne la pubblica utilità.

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23 Marzo, 2012

Girolamo De Michele, Per difendere la scuola. L’unica cosa decente che ci resta da fare.

by gabriella

1. Nel maggio 1967, quando viene pubblicata la Lettera a una professoressa, quasi due terzi degli italianiil 63%, per l’esattezza – non è in grado di riassumere un articolo di giornale dopo averlo letto, e più della metà – il 52% – è incapace di applicare nella realtà quotidiana le nozioni di base della matematica. La capacità di comprendere un testo complesso – un romanzo, un articolo di approfondimento corredato da tabelle e cifre – era limitata all’1.9% della popolazione, compresa quella scolarizzata. Mi sembra un quadro eloquente di cos’era l’analfabetismo ai tempi di quella scuola pre-sessantottarda tanto citata oggi, come esempio positivo.

Nei 30 anni che sono seguiti al fatale 1968, la percentuale di analfabeti di ritorno è scesa a poco più del 20% degli scolarizzati, e quella di cittadini attivi, dotati degli indispensabili strumenti per comprendere il mondo ed essere attivi nell’esercizio dei diritti, è salita al di sopra del 10%. Lo ricordo a chi si riempie la bocca con il mantra degli insegnanti che non vogliono farsi valutare: sono questi dati il vero test di valutazione della scuola. E ricordo che stiamo parlando non di risultati rilevati all’uscita dalla scuola, ma di competenze e capacità che si sedimentano nella società attraverso gli anni. Questa è la colpa della scuola italiana: aver combattuto la battaglia di don Milani contro una scuola di classe, cinghia di trasmissione e di assoggettamento del potere e del sapere dominanti. Quando la scuola italiana ha cominciato a scalfire questo dispositivo, sono iniziati gli attacchi alla scuola pubblica.

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23 Marzo, 2012

Zhou Yunpeng 周云蓬

by gabriella

Prima di parlare di lui (se ho capito qualcosa della fonetica cinese il suo nome dovrebbe suonare “Ggiù” Yunpeng), bisogna ascoltare fino in fondo Bambini cinesi 中国孩子. Questa è la più struggente tra le sue interpretazioni  (sottotitolata in inglese).

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Zhou Yunpeng, oggi quarantaquattrenne, è nato in una poverissima famiglia dello Shenyang, nella provincia di Liaoning, al confine con la Corea del Nord. A nove anni una malattia lo ha reso cieco. Per un figlio di contadini poveri la cecità avrebbe potuto rappresentare la fine di ogni cosa. Per lui invece è stato l’inizio di tutto. Si è messo in viaggio con una chitarra e in cambio di lezioni di musica si è fatto leggere migliaia di libri, fino a laurearsi in lettere. A 17 anni ha raggiunto Pechino. «Allora ho capito – dice – che nessuno ci racconta cosa succede e che saperne di più è essenziale. La Cina non è il rassicurante successo economico di un pugno di dirigenti».

Il video sottostante è un bellissimo montaggio sulle note di Settembre 九月 (Jiǔ yuè) ispirata ad una poesia di Haizi. Di seguito Bambini cinesi 中国孩子 in versione live (qui il testo italiano).

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Da oltre vent’anni Zhou viaggia, da solo, attraverso la nazione. Si è fermato in centinaia di villaggi e nelle metropoli. Per molto tempo si è mantenuto suonando per strada, o in qualche piccolo locale notturno. Ha raggiunto i seimila metri in Tibet, ha sceso il corso dei grandi fiumi, ha visitato i quartieri periferici delle metropoli sull’Oceano. Ovunque ha guardato con attenzione. Ora è al terzo album, la sua ultima raccolta è il disco più scambiato in Cina nei circuiti del file sharing.

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20 Marzo, 2012

Walt Whitman, Leaves of Grass

by gabriella

I wander all night in my vision,
Stepping with light feet …. swiftly and noiselessly stepping
and stopping,

Bending with open eyes over the shut eyes of sleepers,
Wandering and confused …. lost to myself …. ill-assorted …. contradictory,
Pausing and gazing and bending and stopping.

How solemn they look there, stretched and still;
How quiet they breathe, the little children in their cradles.

The wretched features of ennuyés, the white features of corpses, the livid faces
of drunkards, the sick-gray faces of onanists,
The gashed bodies on battlefields, the insane in their strong-doored rooms, the
sacred idiots,

The newborn emerging from gates and the dying emerging from gates,
The night pervades and enfolds them.

The married couple sleep calmly in their bed, he with his palm on the hip of the
wife, and she with her palm on the hip of the husband,
The sisters sleep lovingly side by side in their bed,

The men sleep lovingly side by side in theirs,
And the mother sleeps with her little child carefully wrapped.
The blind sleep, and the deaf and dumb sleep,

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18 Marzo, 2012

Leonardo Caffo, I-ACTION ed E-ACTION. Libero arbitrio e neuroscienze

by gabriella

In questo articolo del 2012 uscito su filosofia.it, Caffo discute i risultati di alcune ricerche in neuroscienze, in base alle quali l’azione umana sarebbe interamente prevedibile. Il filosofo sottolinea l’analogia tra linguaggio e azione, richiamando la distinzione chomskyana tra linguaggio interno ed esterno (I-language ed E-language), cioè tra la componente innata, individuale e quella esterna, relazionale, del linguaggio per mostrare che l’azione, come il linguaggio non è predicibile a partire dalla sua base neuronale.

1. Da tempo alcune questioni filosofiche riguardo la libertà sembrano essere inficiate dai progressi della ricerca scientifica in ambito neurologico. Recentemente, il neuroscienziato Eddy Nahmias, intervenendo sulle pagine del The New York Times, ha sollevato la classica domanda riguardo la fine delle questioni filosofiche sul libero arbitrio a causa delle neuroscienze. Già Wittgenstein  difese la tesi dei “linguaggi di vocabolari diversi” per scindere questioni filosofiche da questioni scientifiche in ambiti di discussione complessi come quelli inerenti le libertà individuali. Tuttavia oggi non sembra più sufficiente fare una distinzione ontologica dei linguaggi utilizzati in ambiti diversi; si rende invece indispensabile un’argomentazione che sia in grado di chiarire, una volta per tutte, le differenze tra questioni scientifiche e filosofiche per un argomento come quello della libertà.

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17 Marzo, 2012

Christoph Türcke, La società eccitata

by gabriella

Pubblicato il saggio del filosofo tedesco Christoph Türcke. Gli shock emotivi non producono la crisi, ma le condizioni per la difesa dell’ordine costituito. Un’importante analisi del capitalismo che ne fotografa però solo l’ambivalenza. Recensione di Benedetto Vecchi.

Ci sono dei libri che difficilmente cadono nel dimenticatoio. Possono anche non avere successo di pubblico, né di critica, ma le tesi che esprimono reggono all’usura determinata dall’imperante just in time dell’industria culturale. La società eccitata di Christoph Türcke è uno di questi libri (Bollati Boringhieri, pp. 352, euro 43).

Uscito nel 2002 in Germania, ha dovuto attendere dieci anni prima che fosse pubblicato da Bollati Boringhieri, che ha ritardato la sua uscita per la difficoltà del testo, al punto che il suo traduttore, Tommaso Cavallo, ha voluto spiegare le scelte fatte per termini del tedesco antico, del latino medievale. I problemi non nascono solo dai raffinati e talvolta arcaici lemmi scelti da Türcke, ma perché La società eccitata non nasconde mai l’ambizione di volere essere un’analisi puntale del capitalismo contemporaneo e, al tempo stesso, una resa dei conti con il marxismo tedesco occidentale del secondo dopoguerra, così fortemente condizionato dalla Scuola di Francoforte, dal principio speranza di Ernst Bloch o dalla messianica ricezione tedesca di Walter Benjamin.

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