Archive for 29 Gennaio, 2013

29 Gennaio, 2013

Amartia Sen, Infelicità delle istituzioni europee

by gabriella

senInvitato al Festival della scienza di Roma, dedicato quest’anno al tema della felicità, Amartia Sen ha parlato del ruolo dell’uguaglianza nel conseguimento di questo fine umano universale. Il suo intevento mi ha fatto tornare in mente quanto questo nesso sia presente alle culture popolari e codificato nella lingua, dal nostro “benestanti”, o “agiati”, ma anche “facoltosi” (di chi può realizzare i propri desideri), fino al francese “heureux”, che letteralmente suona appunto “i felici”.

Il tema “Felicità e disuguaglianze” suggerito dagli organizzatori di questo meraviglioso festival è molto più ampio di queste circostanze specifiche. Provo a fare il mio dovere parlando prima di una questione più ampia: il posto e la rilevanza della felicità non solo per la vita individuale ma anche per quella della società, per la vita sociale insomma. Ci rientreranno le disuguaglianze, perché in effetti parlerò di “Felicità e istituzioni sociali” – o di “Infelicità e istituzioni europee” – e in questo quadro più ampio, la disuguaglianza conta. Dopo un’analisi generale tornerò alla crisi economica europea per illustrare alcuni aspetti collegati al tema che mi era stato assegnato.

«O gente umana, per volar sù nata, perché a poco vento così cadi?» lamenta Dante nel canto XII del Purgatorio. Perché questo contrasto tra la vita limitata della maggior parte delle donne e degli uomini e le grandi imprese che riescono a compiere? La domanda posta all’inizio del Quattrocento è ancora attuale. Le nostre potenzialità di avere una vita buona, di essere appagati, felici, liberi di scegliere il tipo di vita che vogliamo, eccedono di lunga quelle che riusciamo a realizzare.

La vulnerabilità umana deriva da svariate influenze, ma una delle fonti principali del nostro limite – e anche della nostra forza, dipende dalle circostanze – è che la nostra vita individuale dipende dalla natura della società in cui stiamo. La natura del problema è ben illustrata dalla crisi che ha colpito l’Europa negli ultimi anni, dalla sofferenza e dalle privazioni che incidono sulla vita in Italia e in Grecia, in Portogallo e in Gran Bretagna, in Francia e in Germania, in quasi tutta l’Europa. Non solo per l’Europa di oggi ma anche per quella futura, è un disastro dalle cause complesse e dobbiamo sondarne la genesi, l’accentuarsi e la persistenza.
Sarebbe difficile capire la condizione degli esseri umani coinvolti in questa tragedia senza studiare come ci abbia contribuito, in modi diversi, il malfunzionamento delle istituzioni che ne governano la vita: il ruolo dei mercati e delle istituzioni a essi collegati, ma anche delle istituzioni statali e delle autorità regionali.

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29 Gennaio, 2013

Stefano Rodotà, Lessico democratico: le parole escluse dalle agende

by gabriella

Rodotà

La battaglia per le “chiare parole” vede oggi Stefano Rodotà illustrare i concetti di equità (vs eguaglianza), reddito di sussistenza (vs reddito di cittadinanza), dignità, libertà, democrazia, cittadinanza

Bisogna essere capaci di guardare oltre le nebbie delle varie “agende” politiche in circolazione; oltre il continuo degradarsi dei partiti in raggruppamenti personali; oltre quello che giustamente Massimo Giannini ha chiamato il “dissennato referendum sull’Imu”; oltre i vorticosi tour televisivi dei candidati. Bisogna farlo, perché all’indomani delle elezioni ci troveremo di fronte a una folla di problemi oggi ignorati, e che sarà vano pensar di cancellare tirando fuori di tasca un fazzoletto da strofinare su qualche poltrona. E soprattutto perché siamo immersi in mutamenti strutturali che esigono quella forte cultura politica e istituzionale finora mancata.

Le parole, per cominciare. Negli ultimi mesi sono stati in gran voga i riferimenti all’“equità”, presentata come la via regia per riequilibrare le durezze imposte da una attenzione rivolta unicamente all’economia, anzi a un mercato “naturalizzato”, portatore di regole presentate come inviolabili. Ma equità è termine ambiguo, che occulta o vuol rendere impronunciabili proprio le parole che indicano quali siano i principi oggi davvero ineludibili – eguaglianza e dignità. I nostri, infatti, sono i tempi delle diseguaglianze drammatiche e crescenti, che tra l’altro, come è stato più volte sottolineato, sono pure fonte di inefficienza economica. E la dignità ci parla di una persona che esige integrale rispetto, che non può essere abbandonata al turbinio delle merci.

Confrontata con queste altre parole, l’equità finisce con l’apparire meno esigente, accomodante, richiama quel “versare una goccia d’olio sociale” che nell’Ottocento veniva indicato come lo stratagemma per rendere accettabili scelte unilaterali e impopolari. In un contesto così costruito, l’eguaglianza deve farsi “ragionevole”, diviene negoziabile, e la dignità può essere sospesa, evocata solo in casi estremi. Queste non sono speculazioni astratte. Se si dà un’occhiata alla più blasonata tra le agende, quella che porta il nome del presidente del Consiglio, ci si imbatte nel riferimento a “un reddito di sostentamento minimo”, formula anch’essa portatrice di grande ambiguità. Essa, infatti, può riferirsi ad una sorta di reddito di “sopravvivenza”, a un grado zero dell’esistere che considera la persona solo nella dimensione del biologico, tant’è che viene agganciata all’esperienza non proprio felice della social card, dunque alla condizione di povertà. Nessuno, di certo, può trascurare l’importanza di misure contro la povertà in tempi in cui questa aggredisce fasce sempre più larghe della popolazione. Ma, considerata in sé, questa è una strategia che non corrisponde alle indicazioni costituzionali e che elude il tema dell’integrale rispetto della persona in un mondo segnato da mutamenti strutturali profondi.

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