Archive for 8 Marzo, 2013

8 Marzo, 2013

Luciano Barra Caracciolo, Sindacato costituzionale sulla normativa in materia economica

by gabriella

costituzione1Orizzonte 48, blog di alta scuola giuridico-economica, ha ripubblicato questo saggio dedicato alla compatibilità costituzionale delle manovre di bilancio. La riflessione del giurista parte dal possibile sindacato di adeguatezza e ragionevolezza su politiche che peggiorano i parametri economici che intendono migliorare e degradano, così facendo, le condizioni di vita del popolo sovrano.

Si tratta di una ricognizione completa delle ragioni per cui gli anticorpi istituzionali avrebbero già da tempo – si vedano ad esempio, gi studi di Lorenzo Dorato sull’incostituzionalità delle liberalizzazioni degli anni ’90 e di Gaetano Bucci su quella del pareggio di bilancio – dovuto sterilizzare la minaccia portata da organismi estranei al benessere della società italiana (ed è per questo utile), anche se confesso che proprio tanta accuratezza davanti a una non casuale inerzia mi appare sempre più naïf.

Nel video sottostante, Caracciolo sembra quasi rispondere a simili obiezioni esaltando il valore della critica e citando Giuliano l’apostata e Spinoza, esegeti del corpus giuridico medievale e del Talmud, le “scritture del nemico” o comunque di “ciò che opprimeva un’intera comunità”.

I- PREMESSA

La situazione economica attuale impone di considerare un problema di natura logica e costituzionale di enorme portata.
Se, obiettivamente, la politica legislativa seguita dai governi (e dal Parlamento), per i risultati “misurati” sugli stessi parametri e indicatori che tale politica afferma di voler ”migliorare”  (vedremo poi in che senso), produce l’effetto di peggiorare la situazione economica medesima, – ampliando, per durata e misura, la più lunga recessione del 2° dopoguerra,  è possibile arrivare a un sindacato di ragionevolezza della Corte costituzionale che salvaguardi la Costituzione stessa (in tutti i suoi principi fondamentali) e, con essa, il suo sub-strato sociale, in cui risiede la Sovranità secondo l’art.1 Cost.?
La domanda parrebbe enfaticamente retorica, dovendosi ritenere scontata la risposta positiva, se non fosse contraddetta dalla realtà, che ci mostra una sostanziale “inerzia istituzionale” nell’accettare politiche economico-finanziarie, che non possono, viceversa, ritenersi scientificamente attendibili, prima ancora che conformi allo “Spirito” complessivo della Costituzione.
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8 Marzo, 2013

Italo Testa, Giustizia poetica

by gabriella

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In questo bellissimo studio pubblicato su Le parole e le cose, Italo Testa spiega il senso di quella giustizia senza nome, dell’utopia che aspira alla perfezione, cioè alla felicità e alla piena individuazione che, seguendo Thomas Rymer, chiama poetic justice.

E’ un ideale consapevolemente individualista, quello di Testa, storicamente più vicino a quello di Robespierre («i popoli non emettono sentenze, scagliano la folgore») che a quello di Marx, cioè allo slancio morale del dover essere più che alla prometeica lotta per la costruzione della realtà («un’epoca sorgerà carica di sole» Walter Benjamin).

La vita immaginata

Nella sua Teoria del Romanzo György Lukács ha scritto una volta dei «fini utopistici di tutte le filosofie»[1]. La questione dell’utopia eccede così i limiti, il corsetto spagnolo della politica, abbracciando l’intera impresa del pensiero. Ed è forse nella metafisica, più che altrove, che si installa l’elemento utopico. Non è del tutto casuale che l’utopia politica, che altro non è che una manifestazione particolare dello spirito utopico, abbia trovato la sua formulazione originaria nel centro dell’impresa platonica che per prima ha indagato la possibilità di un sapere metafisico. La topologia metafisica è così illuminata dalla fonte utopica. E il fine utopistico della metafisica potrebbe essere afferrato se fossimo in grado di cogliere il ruolo giocato dall’immaginazione al suo interno.

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8 Marzo, 2013

Tomaso Montanari, Il Dio di Ratzinger

by gabriella

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Da Le parole e le cose, la spietata analisi di Tomaso Montanari delle dimissioni di Benedetto XVI: agli occhi del cristiano, il gesto di Ratzinger appare il segno di quell’interiorizzazione del relativismo, del dichiarato ateismo e del materialismo affaristico che il papato, in teoria, combatte. Il fedele, insomma, si scandalizza, opponendo alle dimissioni del papa – e al potere temporale della chiesa romana – il sovvertimento divino, mentre il laico Agamben coglie nel gesto di Benedetto XVI l’occasione per una riflessione tutta terrena sulla tensione tra legalità e legittimità.

In quale Dio crede Joseph Ratzinger?

Se da almeno mille e settecento anni l’esercizio del potere da parte della Curia romana tradisce un ateismo pratico, il discorso con il quale, l’11 febbraio scorso, Benedetto XVI ha annunciato l’inaudita decisione di lasciare il pontificato sembra presupporre un ateismo anche teorico:

«Dopo aver ripetutamente esaminato la mia coscienza davanti a Dio, sono pervenuto alla certezza che le mie forze, per l’età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero petrino. Sono ben consapevole che questo ministero, per la sua essenza spirituale, deve essere compiuto non solo con le opere e con le parole, ma non meno soffrendo e pregando. Tuttavia, nel mondo di oggi, soggetto a rapidi mutamenti e agitato da questioni di grande rilevanza per la vita della fede, per governare la barca di san Pietro e annunciare il Vangelo, è necessario anche il vigore sia del corpo, sia dell’animo, vigore che, negli ultimi mesi, in me è diminuito in modo tale da dover riconoscere la mia incapacità di amministrare bene il ministero a me affidato».

In altre parole: mi dimetto perché non sono forte, non sono adatto (in latino, ha scelto la parola «aptus»: capace). E per vincere, nel mondo d’oggi («in mundo nostri temporis»), ci vuole la forza: «vigor». Per un cristiano (come me) queste sono affermazioni sconvolgenti perché negano radicalmente l’idea di Dio che la Chiesa stessa mi ha insegnato, seguendo la Scrittura e la Tradizione. Il Dio della Bibbia è il Dio che ribalta sistematicamente la logica, umana, della forza:

«Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà» (Luca, 9, 24).

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8 Marzo, 2013

Rapporto sullo stato dell’istruzione e dei diritti delle bambine nel mondo

by gabriella

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bambine afganeIl rapporto 2013 sullo stato dell’istruzione e dei diritti delle bambine del mondo: lo scandalo delle spose bambine e della disparità nella frequentazione scolastica.
Solo il 50% delle bambine nei Paesi poveri conclude la scuola primaria, a una bambina su 5 è negato il diritto di frequentare la secondaria e il 90% delle ragazzine tra i 12 e i 17 deve rinunciare all’istruzione per aiutare la famiglia. Inoltre una bambina su 7 è costretta a sposarsi prima dei 15 anni, alcune addirittura a 5 anni. Sono alcuni dati che emergono dal rapporto «The State of the World’s Girls 2012: Learning for Life» presentato oggi, a Roma, da Plan Italia, nell’ambito della campagna internazionale “Because I am a Girl”, a favore delle bambine private dei loro diritti e di un’istruzione di qualità. .

La ricerca ha evidenziato che, rispetto ai maschi, le bambine hanno maggiori possibilità di non essere iscritte a scuola o di abbandonare gli studi per diverse ragioni. Per molte di loro il punto di non ritorno è rappresentato dal raggiungimento della pubertà che le conduce, spesso inevitabilmente, a matrimoni e gravidanze precoci, violenze e abusi sessuali. Inoltre i matrimoni precoci le espongono al rischio di contrarre malattie come l’HIV e di avere gravidanze precoci, principale causa di morte per le ragazzine tra i 15 e i 19 anni (ogni 60 secondi una ragazza muore partorendo). Una su 4 ha subito violenze psicologiche e sessuali prima dei 18 anni, anche a scuola. 

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