Incontri di Fisica
I caffé filosofici 2013/14
Caffé filosofico a Villa Urbani dalle 14,00 alle 15,30.
Sono iniziati il 28 novembre i caffè filosofici organizzati alla Biblioteca di Villa Urbani, rivolti agli studenti, quest’anno nella veste inedita che coniuga filosofia e teatro.
Il calendario prevede una decina di caffé + laboratorio espressivo dal quale gli studenti ricaveranno una sceneggiatura da mettere in scena a maggio.
Date previste: 28 novembre e 12 dicembre 2013; 9 e 23 gennaio; 6 e 20 febbraio; 6 e 20 marzo; 3, 10 e 17 aprile 2014.
Pietro Bianchi, Lacan. Struttura e scrittura
In occasione della pubblicazione italiana di Altri scritti di Jacques Lacan – uscito due mesi fa per Einaudi – Pietro Bianchi ha dedicato un’interessante riflessione all’«insegnamento orale» di Lacan e al concetto di struttura. Da Le parole e le cose.
Freud l’aveva definita una talking cure, e forse è per questo che la psicoanalisi ha sempre avuto una relazione così difficile con la parola scritta. Questo fatto è ancora più evidente quando si parla di Lacan che infatti scrisse relativamente poco durante la sua vita. Non è un caso che solitamente si identifichi lo psicoanalista francese con un seminario più che con un corpus di opere vere e proprie; o che i suoi articoli siano per lo più sbobinature di conferenze, testi pensati per presentazioni orali, o appunti di interventi; e che persino i suoi allievi ancora oggi si riferiscano alla sua esperienza intellettuale chiamandola insegnamento, sottolineandone l’aspetto orale e di formazione degli allievi. E infatti l’unica vera pubblicazione della sua vita, quella che diede una svolta alla sua fama intellettuale – il volume appunto degli Scritti, pubblicato da Seuil nel 1966 – fu reso possibile dalla volontà e dalla perseveranza di un esterno: François Wahl, che riuscì a convincere Lacan con mille sforzi della bontà del progetto. In particolare Wahl riuscì a persuaderlo del fatto che avrebbe avuto bisogno di un proprio “libro” per potersi elevare alla dignità di intellettuale pubblico. Per essere finalmente legittimato come un grande pensatore del proprio tempo.
Costanzo Preve, Elogio della filosofia
In ricordo di Costanzo Preve, morto oggi a Torino, propongo questo scritto affascinante, uscito su Koinè [X, 1] nel 2003, nel quale l’autore traccia con passione una propedeutica filosofica, una chiarificazione semantica del lessico e un protrettico alla più generosa tra le forme di sapere. Segnalo in particolare la prima parte [§§1-13], che contiene un’illuminante lettura della filosofia greca e una fulminante conclusione sulla sua dissoluzione ellenistico-romana.
Qui l’elogio funebre di Diego Fusaro.
Se il mio tempo mi vuole avversare, lo lascio fare tranquillamente.
Io vengo da altri tempi, e in altri spero di andare.
Franz Grillparzer
§ 1
La filosofia, o più esattamente la pratica filosofica, è una forma di conoscenza della realtà. Considero uno pseudoproblema, e non voglio intenzionalmente occuparmene in modo teoretico, se essa sia superiore o inferiore alla conoscenza scientifica, religiosa o artistica. Chi si mette in questo orizzonte di tipo gerarchico-topologico a mio avviso parte già con il piede sbagliato. Il modo tradizionale positivistico di inquadrare la questione è la nota gerarchizzazione stadiale successiva religione-filosofia-scienza, e questo modo non è cambiato da Auguste Comte a Jurgen Habermas. Per alcuni la modernità si caratterizza proprio dall’abbandono dell’illusione che esista una specifica conoscenza filosofica.
Robert Skidelsky, Quattro argomenti ingannatori della propaganda economica
Traggo dal blog di Mauro Poggi la traduzione di Four Fallacies Of The Second Great Depression in cui l’economista Robert Skidelsky elenca per il Social Europe Journal i più significativi luoghi comuni con cui i politici tentano di rendere plausibili misure di dubbia efficacia e produrre il T.I.N.A. (There Is No Alternative) effect.
Dal 2008 si è prodotta una copiosa messe di fallacie economiche riciclate, la maggior parte delle quali espresse da leader politici. Quelle che seguono sono le mie preferite.
La casalinga sveva [l’equivalente tedesca della massaia di Voghera]
Dopo il collasso della Lehman Brothers nel 2008, la cancelliera Angela Merkel disse:
Si sarebbe potuto semplicemente chiedere alla casalinga sveva. Lei ci avrebbe detto che non si può vivere al di sopra dei propri mezzi.
Questa logica apparentemente sensata è alla base delle politiche di austerità. Il problema è che essa ignora l’effetto della frugalità della casalinga sulla domanda. Se tutte le casalinghe frenano i loro acquisti, i consumi totali crollano, e altrettanto le offerte di lavoro. Se il marito della casalinga perde il proprio impiego, la casalinga starà peggio di prima. Il caso generale di questa fallacia si chiama “fallacia di composizione”: ciò che è ragionevole a livello individuale, non è detto che lo sia a livello collettivo. Il caso particolare è stato individuato da Keynes come “paradosso della parsimonia”: se ognuno cerca di risparmiare di più durante una recessione, la domanda aggregata cade abbassando il risparmio totale, a causa della diminuzione dei consumi e della crescita.
Jesse Owens e Tommie Smith
Jesse Owens
Originario dell’Alabama, a nove anni Owens si trasferì con la famiglia a Cleveland, nell’Ohio. Come milioni di ragazzi neri, crebbe nella miseria durante la Grande depressione. Il nome Jesse gli venne dato da un’insegnante di Cleveland che non comprendeva il suo slang con un forte accento del sud, quando il piccolo James Cleveland disse di chiamarsi J.C.[1] Studente delle scuole tecniche, dopo la scuola lavorava in un negozio di scarpe e a tempo perso si allenava nella corsa. Nel 1933, ai campionati nazionali studenteschi, catturò improvvisamente l’attenzione di tutto il mondo sportivo con grandi prestazioni nella velocità e nel salto in lungo; questo gli fece ottenere l’ammissione nell’Università statale dell’Ohio, che peraltro formalizzò solo dopo che il padre ebbe ottenuto un posto di lavoro sicuro. Poté allora cominciare a dedicarsi seriamente all’atletica.
Dopo aver conquistato alcuni record mondiali nei 200 metri e nella corsa ad ostacoli, partecipò alle Olimpiadi di Berlino del 1936, dove vinse la medaglia d’oro nei cento e nei duecento metri, nel salto in lungo e nella staffetta 4X100.
Nel pomeriggio del 4 agosto, giorno in cui vinse nel salto in lungo, allo stadio olimpico era presente anche Adolf Hitler che la stampa disse indispettito davanti alla vittoria di Owens contro il tedesco Luz Long. In realtà, scrisse Owens nella sua biografia, Hitler si alzò in piedi e gli fece un cenno con la mano. Fu invece il presidente Roosevelt, in campagna elettorale e preoccupato della reazione degli stati del sud, a cancellare un appuntamento alla Casa Bianca con il campione olimpico.
Tommie Smith
Dopo aver conquistato alcuni record del mondo ai campionati universitari di atletica, nel 1968 Tommie Smith vinse la medaglia d’oro nei 200 metri di Città del Messico, con un tempo che restò insuperato per 11 anni. Durante la cerimonia di premiazione, Smith e Carlos diedero vita alla protesta più famosa storia dei Giochi olimpici: salirono sul podio scalzi e ascoltarono il loro inno nazionale chinando il capo e sollevando un pugno con un guanto nero, simbolo delle Black Panthers, a sostegno del movimento denominato Olympic Project for Human Rights (Progetto olimpico per i diritti umani).
Smith e Carlos furono immediatamente sospesi dalla squadra statunitense ed espulsi dal Villaggio olimpico. Tornati in patria, subirono altre ritorsioni.
La professione di fede del Vicario savoiardo
Questo passo dell’Émile (1762) costò a Rousseau invettive dal pulpito e aggressioni fisiche. Il filosofo lo aveva scritto probabilmente alcuni anni prima, in occasione della sua ri-conversione al calvinismo (1756). [J.-J. Rousseau, Emilio, Bari-Roma, Laterza, 2003, pp. 193-205].
La prima parte della professione è dedicata alla presentazione dei principi su cui si regge la religione naturale, con la quale Rousseau si oppone al radicalismo scettico di molti philosophes. La seconda parte contiene la critica alle religioni rivelate (o positive), considerate come causa di conflitti tra gli uomini.
La professione di fede nella religione naturale:
Il primo frutto che trassi da queste riflessioni fu d’imparare a limitare le mie ricerche a ciò che m’interessava immediatamente, ad accettare con serenità una profonda ignoranza su tutto il resto e a non lasciarmi tormentare dal dubbio, se non per ciò che realmente m’importava sapere.read more »
Il deismo
Traggo dalla voce “deismo” dell’Enciclopedia Treccani e del Dizionario storico della Svizzera questa efficace presentazione della religione naturale e della versione offertane da Rousseau.
Viene chiamata deismo, in senso stretto, quella corrente di pensiero fiorita tra il Sei e il Settecento in Inghilterra, iniziata con E. Herbert of Cherbury (1581-1648), detto “il padre del deismo”, e sviluppatasi con F. Toland (1670-1722), A. Collins (1676-1727), M. Tindal (1656-1733), T. Chubb (1679-1747), H. Bolingbroke (1698-1751) e altri.
I precedenti storici di questo movimento vanno indubbiamente ricercati nella filosofia religiosa del Rinascimento italiano, specie del Campanella, alla cui dottrina si riannoda per più rispetti quella herbertiana, mentre d’altra parte, mutati molti altri termini, un certo deismo si trova nella filosofia religiosa di Hume, di Voltaire, di Rousseau, di Lessing e Leibniz, e, in fondo, dello stesso Kant.
Caratteristica del deismo in senso stretto è la contrapposizione alle religioni positive di una religione “naturale”, fondata cioè su quel conato verso l’infinito che attraversa tutta la natura, come semplice oscura tendenza alla conservazione nell’essere, e che nell’uomo diventa luminosa consapevole aspirazione alla divinità (Campanella e Herbert).
Pino Cabras, L’alluvione sarda e i fantocci impiccati
Traggo da Megachip questo articolo di Pino Cabras sul disastro sardo.
Quei morti non ci perdoneranno mai. Dovevamo sapere e lo dovevamo dire.
Marcello Fois
Gli hanno dato molti nomi: ciclone, Cleopatra, uragano, bomba d’acqua. La mia terra gli ha dato un tributo di vite umane. Il presidente della regione Ugo Cappellacci, pronto ad aggiornare l’elenco di piaghe descritte nel Libro dell’Esodo, gli ha dato la definizione di “piena millenaria”. La tempesta che ha rovesciato sui suoli sardi sei mesi d’acqua in appena mezza giornata ha saputo guadagnarsi così il primo posto nella borsa mediatica delle catastrofi, in Italia e nel mondo, prima di essere inevitabilmente sostituita da altre notizie.
I lutti e i danni, tuttavia, non sono tutti dovuti al meteo cinico e baro. Questa devastazione deriva da un equivoco di fondo che la Sardegna di oggi e l’Italia sin dai tempi del Vajont si portano dietro: avere un suolo prevalentemente montagnoso e collinare, ma percepirsi come un paese di pianura, dove la pianura ha dimenticato per sempre tutta quella inutile materia fangosa e “prevalente” che sta a monte.
Claude Lévy-Strauss, Razza e storia
L’introduzione di Ugo Fabietti a Razza e storia, elaborato da Claude Lévy-Strauss per la Conferenza generale Unesco contro i pregiudizi razziali. Seguono le prime pagine del testo [cioè i paragrafi Razza e cultura, Diversità delle culture, L’etnocentrismo, Culture arcaiche e culture primitive] con mie annotazioni, segnalate in verde.
Non inclusi i paragrafi L’idea di progresso, p. 113, Storia stazionaria e storia cumulativa, p. 117, Il posto della civiltà occidentale, p. 123, Caso e civiltà, p. 126, La collaborazione delle culture, p. 134, Il doppio senso del progresso, p. 140]. Claude Lévi-Strauss, Razza e storia e altri studi di antropologia, Torino, Einaudi, 1967, pp. 99-144.
Un manifesto antirazzista
Razza e storia nasce a seguito di una iniziativa dell’Unesco, organizzazione sorta nel 1945 all’interno delle Nazione unite con l’obiettivo principale di promuovere la collaborazione fra le nazioni nell’ambito dell’educazione, della scienza e della cultura. Nel 1949 l’Unesco prepara una Conferenza generale basata su tre risoluzioni relative alla lotta contro i pregiudizi razziali: 1) «Ricercare e riunire i dati scientifici riguardanti i problemi razziali»; 2) «Dare ampia diffusione ai dati scientifici così raccolti»; 3) «Predisporre una campagna di educazione fondata su tali dati». All’iniziativa dell’Unesco vengono invitati rappresentanti di discipline diverse: dalle scienze umane e sociali alla genetica alla biologia.
Razza e storia costituisce il contributo di Lévi- Straus alle riunioni convocate dall’Unesco. Il saggio, pubblicato per la prima volta nel 1952 in una collana promossa dalla organizzazione stessa, ha avuto poi varie edizioni e un’ampia circolazione. A distanza di anni rimane un manifesto antirazzista attuale, importante, inoltre, per lo spirito divulgativo con cui l’autore tocca aspetti cruciali della ricerca antropologica. Lévi-Strauss precisa nozioni come “civiltà”, “cultura”, “società”e considera in modo critico quelle di “differenza razziale“, “etnocentrismo”, “progresso”.
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