C’è pure chi educa,
senza nascondere
l’assurdo ch’è nel mondo, aperto ad ogni
sviluppo ma cercando
d’essere franco all’altro
come a sé,
sognando gli altri come ora non sono […].
Il drammatico racconto di un vecchio marinaio delle condizioni in cui versa la più grande distesa d’acqua marina della terra.
L’oceano Pacifico è morto, è svuotato di ogni vita. Ci sono solo rifiuti e barche per la pesca industriale intente a saccheggiare accuratamente quel poco che è ancora rimasto.
Sta facendo il giro del mondo, sui media di lingua inglese, il racconto struggente, tragico e a suo modo poetico di un marinaio, Ivan Macfadyen (foto), che ha ripetuto la traversata del Pacifico effettuata dieci anni fa. Allora fra l’Australia e il Giappone bastava buttare la lenza per procurare pranzo e cena succulenti. Stavolta in tutto due sole prede. Dal Giappone alla California, poi, l’oceano è diventato un deserto assoluto formato da acqua e rottami.
Nessun animale. Non un solo richiamo di uccelli marini. Solo il rumore del vento, delle onde e dei grossi detriti che sbattono contro la chiglia. Il racconto di Ivan Macfadyen, vecchio marinaio col cuore spezzato dopo 28 giorni di desolata navigazione nel Pacifico, è stato raccolto dall’australiano The Newcastle Herald ed è stato variamente ripreso da decine e decine di testate, tutte in inglese.
Originariamente pubblicato da Le Monde e tradotto da Repubblica il 4 dicembre 2015.
I cambiamenti climatici globali sono una delle forze che condizioneranno maggiormente la vita di tutti gli esseri umani che vivranno nei prossimi decenni. Quasi tutti ne hanno sentito parlare, ma è una materia così complicata e ricca di paradossi che poche persone, al di fuori degli addetti ai lavori, la capiscono davvero. Cercherò di spiegarla nel modo più chiaro possibile, con l’aiuto di un diagramma di flusso della catena di causa/effetto, che può essere usato per seguire la mia spiegazione.
Il punto di partenza è la popolazione mondiale di esseri umani e l’impatto medio di ciascun essere umano (cioè la quantità media di risorse consumate e scarti prodotti per persona e per anno). Tutte queste quantità stanno aumentando, anno dopo anno, e di conseguenza sta aumentando l’impatto umano complessivo sul pianeta: l’impatto pro capite, moltiplicato per il numero di persone che ci sono al mondo, dà come risultato l’impatto complessivo.
Un bellissimo articolo dedicato agli sconvolgimenti globali causati dall’azione dell’uomo in un’epoca, non a caso, definita Antropocene, e alla Sesta estinzione di massa, in corso. Tratto da La Mela di Newton.
Folletto. Oh sei tu qua, figliuolo di Sabazio? Dove si va?
Gnomo. Mio padre m’ha spedito a raccapezzare che diamine si vadano macchinando questi furfanti degli uomini; perché ne sta con gran sospetto, a causa che da un pezzo in qua non ci danno briga, e in tutto il suo regno non se ne vede uno. […]
Folletto. Voi gli aspettate invan: son tutti morti […].
Gnomo. Che vuoi tu inferire?
Folletto. Voglio inferire che gli uomini sono tutti morti, e la razza è perduta.
Gnomo. Oh cotesto è caso da gazzette. Ma pure fin qui non s’è veduto che ne ragionino.
Folletto. Sciocco, non pensi che, morti gli uomini, non si stampano più gazzette?
Un articolo dell’Espresso dedicato alla crisi idrica – attualmente 800 milioni di persone non hanno accesso all’acqua potabile, nel 2025 un uomo su quattro non avrà acqua – e al consumo insostenibile d’acqua legato ai biocarburanti e all‘alimentazione carnivora.
Non avere acqua a sufficienza per bere, coltivare i campi, allevare animali. Oppure averla, ma di una qualità talmente scarsa da causare malattie. È il futuro che attende 1,8 miliardi di persone, praticamente un quarto della popolazione mondiale. Un futuro nemmeno troppo lontano viste le stime dell’Unep: il Programma Ambiente delle Nazioni Unite prevede che tutto questo succederà nel 2025. Colpa in sostanza dell’aumento demografico, con la popolazione globale prevista in aumento dagli attuali sette miliardi di persone a dieci miliardi nel 2050. È quanto fotografa il rapporto “The Global Water Crisis”, pubblicato dall’Università delle Nazioni Unite ed è quello a cui è dedicata la settimana mondiale dell’acqua, la World Water Week, come ogni anno in programma a Stoccolma, dall’1 al 6 settembre.
In occasione della giornata mondiale contro la violenza sulle donne, La Repubblica pubblica l’intervista ad un ex maschio violento che ha voluto capire e fermare la propria tendenza a (ri)produrre violenza contro le donne della sua famiglia, sua moglie e sua figlia. Lo ha fatto insieme al Centro di Ascolto per uomini Maltrattanti (CAM), per non perdere le persone che dice di amare di più.
Propongo la sua storia ai miei studenti di Scienze umane perché vi trovino l’esperienza di un uomo che ha saputo trovare nella propria umanità le risorse per fermare il mostro che è in noi [per approfondire vedi La psicologia sociale].
In coda all’intervista, il video Dear Daddy: fa’ in modo che nascere femmina non si il più grande pericolo per me. Qui, la puntata di Fahrenheit, Se questo è un uomo del 18 gennaio 2017.
FIRENZE. “Ricordo ancora quella sera: avevo il coltello in mano e gridavo a mia moglie “ora ti ammazzo”. La bambina era lì che ci guardava. Eravamo in cucina, e il terrore nei suoi occhi e in quelli di suo fratello non posso dimenticarlo. Poi la loro paura, quando venivano a dormire da me, dopo la separazione, perché la mia violenza poteva esplodere in ogni momento, ed erano botte, urla, piatti rotti”.
Questo poetico racconto di Jean Giono, insiste sul legame che unisce le cose di cui gli alberi e la curadel bene comune del vecchio Elzeard sono, rispettivamente, metafora e profonda comprensione. Sapienza e saggezza, conoscenza e dono, suggerisce l’autore, sono aspetti dello stesso modo di essere e di guardare alla vita. Con le parole di Nicolas Gomez Dávila:
«La vera sapienza, come il vero amore, sono uno stato, una maniera di essere, un atteggiamento, una situazione dell’anima, non sono né idee, né principi, né sistema» [Notas].
Di seguito il testo del racconto nella versione italiana, suddiviso in cinque letture, con percorso facilitato per immagini, che sto usando in un laboratorio di italiano L2. Qui l’originale francese: L’homme qui plantait des arbres.
Prima lettura (2.300 battute)
Una quaranti
na circa di anni fa, stavo facendo una lunga camminata, tra cime assolutamente sconosciute ai turisti, in quella antica regione delle Alpi che penetra in Provenza.
Questa regione è delimitata a sudest e a sud dal corso medio della Durance, tra Sisteron e Mirabeau; a nord dal corso superiore della Drôme, dalla sorgente sino a Die; a ovest dalle pianure del Comtat Venaissin e i contrafforti del Monte Ventoux. Essa comprende tutta la parte settentrionale del dipartimento delle Basse Alpi, il sud della Drôme e una piccola enclave della Valchiusa.
l’unica vegetazione che vi cresceva era la lavanda selvatica
quel deserto, di lande nude e monotone, tra i 1200 e i 1300 mt di altitudine
Si trattava, quando intrapresi la mia lunga passeggiata in quel deserto, di lande nude e monotone, tra i milledue e i milletrecento metri di altitudine. L’unica vegetazione che vi cresceva era la lavanda selvatica.
Realizzato da Gabriella Giudici con cms Wordpress, tema Under the Influence e plugin wordpress.
Ringraziamenti ad Andrea di primotu.it per il generoso help desk. Tutti i materiali contenuti nel blog sono distribuiti con licenza Creative Commons BY-NC 4.0 (Attribuzione - Non commerciale).
Commenti recenti