Archive for 29 Aprile, 2018

29 Aprile, 2018

Carlo Scognamiglio, La società della prestazione

by gabriella

Nella recensione di Carlo Scognamiglio a La società della prestazione di Federico Chicchi e Anna Simone [Ediesse, 2017] uscita su Micromega, l’autore esamina l’origine e le conseguenze del dispositivo ideologico dell’emporwement e dell’investire su di sé, con il suo portato di ipercompetizione, eccesso di valutazione e strumentalizzazione utilitaria di ogni competenza e qualità personale che sfocia nel dilagare dell’ansia e della depressione giovanile.

L’ipotesi di un burattinaio occulto capace di costruire l’immaginario collettivo, o di pilotare le dinamiche strangolanti dell’economia mondiale, somiglia molto a un teorema privo di fondamento e credibilità. Le strutture sociali, i progressi tecnologici, i residui di passato e le azioni di singoli o gruppi, si incrociano producendo effetti non sempre prevedibili. Tuttavia, chi li studia a posteriori tende a tracciarne l’evoluzione come se si trattasse di una dinamica univoca e di facile lettura. Siamo noi, con le nostre analisi, a disegnare la linearità dei processi storici. Perché li srotoliamo a partire dal punto d’arrivo.

Tuttavia, questo lavoro archeologico di scavo tra le tracce di un sistema di trasformazioni è necessario e interessante, sebbene non debba cadere nel tranello della presunta intenzionalità (nel senso psicologico del termine), per riconoscere l’impersonalità delle dinamiche sociali. Il che non deresponsabilizza affatto chi quei processi è deputato a governare e controllare, né chi alimenta le crisi più drammatiche per trarne profitti personali.

Un esempio concreto. In un loro recente lavoro, Federico Chicchi e Anna Simone hanno studiato La società della prestazione (Ediesse, 2017). Analizzando in modo sistematico letteratura scientifica e dati empirici, essi rintracciano, come linea di sviluppo sociale degli ultimi decenni, il passaggio dalla società salariale alla società prestazionale. I primi processi di precarizzazione del lavoro hanno universalizzato una condizione (con aggregata retorica) precedentemente propria dei lavoratori autonomi e della dimensione d’impresa. In particolare la piccola impresa. La trasformazione del mercato del lavoro, con annessa sovrastruttura ideologica rapidissimamente capace di penetrare linguaggi e modelli, ha sgretolato tutto, e tale frammentazione sociale si configura come dato talmente evidente, che i nostri contemporanei hanno dimenticato che sia frutto di un passaggio epocale.

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29 Aprile, 2018

Roberto Burchielli, Le frontiere dentro di noi

by gabriella

Ci sono frontiere che non si trovano ai confini tra gli stati: sono nelle nostre città, nelle nostre strade, nei nostri palazzi, dove convivono culture e povertà diverse, dove si mescolano storie di immigrati, di nuovi e vecchi italiani. Ci sono frontiere che sono dentro di noi.

Il racconto della convivenza difficile, ma anche di inaspettate solidarietà e vicinanza nelle inchieste in quattro puntate sulle periferie di Milano e Roma di Roberto Burchielli andate in onda su Sky Tg24. Cliccando sul link al portale televisivo è possibile vedere tutte le puntate, sotto un estratto pubblicato su YouTube.

Siamo a Milano, a pochi passi dal Duomo, nella zona 6. Comprensorio di Via Gola e Navetta; nella zona 4, nel fortino di P.le Corvetto; nella zona 2 a tutti nota per Via Padova e Via Cavezzali e nella zona 1 in Via Lazzaro Palazzi ..

 

29 Aprile, 2018

Pietro Alotto, Povertà logica e povertà linguistica

by gabriella

Poiché insegna filosofia, un collega chiede ad Alotto un manuale per insegnare la logica ai propri studenti: è l’occasione per osservare che competenze linguistiche e competenze logiche sono la stessa competenza osservata da punti di vista diverso. Tratto da La scuola che non c’è .. e altre storie.

Il magistrato si era intanto alzato ad accogliere il suo vecchio professore. «Con quale piacere la rivedo, dopo tanti anni!».
«Tanti: e mi pesano» convenne il professore.
«Ma che ne dice? Lei non è mutato per nulla, nell’aspetto».
«Lei sì» disse il professore con la solita franchezza.
«Questo maledetto lavoro… Ma perché mi dà del lei?».
«Come allora» disse il professore.
«Ma ormai…».
«No».
«Ma si ricorda di me?».
«Certo che mi ricordo».
«Posso permettermi di farle una domanda?… Poi gliene farò altre, di altra natura… Nei componimenti di italiano lei mi assegnava sempre un tre, perché copiavo. Ma una volta mi ha dato un cinque: perché?».
«Perché aveva copiato da un autore più intelligente».
Il magistrato scoppiò a ridere. «L’italiano: ero piuttosto debole in italiano. Ma, come vede, non è poi stato un gran guaio: sono qui, procuratore della Repubblica…».
«L’italiano non è l’italiano: è il ragionare» disse il professore. «Con meno italiano, lei sarebbe forse ancora più in alto».
La battuta era feroce. Il magistrato impallidì. E passò a un duro interrogatorio.

(Leonardo Sciasca, Una storia semplice, Adelphi 1989, pagg. 43–44)


Stamattina, un mio collega d’Italiano mi ha avvicinato e, come presunto esperto di Logica, mi ha chiesto: “Potresti consigliarmi un manualetto di logica, qualcosa di semplice per i miei studenti, che non sanno ragionare e argomentare?” Io gli ho risposto che non esistono manuali di logica che possono insegnare a ragionare ai suoi studenti. Mi ha guardato interdetto, pensando che volessi insultare l’intelligenza dei suoi studenti (di Scienze umane, n.d.r.). Dopodiché, ho spiegato…

Parlare una lingua naturale e ragionare sono dotazioni di base di un essere umano. E le due competenze sono strettamente correlate.

Nella scuola per lo più gli studenti sono impegnati in performance che necessitano di competenze linguistiche di buon livello. Comprendere una spiegazione, così come comprendere un passo di un manuale, un brano letterario o filosofico ecc., presuppone una buona padronanza dell’Italiano che non possiamo dare per scontata.

Ipotizzo che la buona o cattiva padronanza dell’Italiano possa essere un ottimo indice per fare una previsione ragionevolmente accurata degli esiti scolastici. Naturalmente, la competenza linguistica da sola non basta a prefigurare esiti buoni o di eccellenza, in quanto questa deve essere unita ad altri fattori come le buone strategie di studio, la costanza, l’impegno, le attitudini personali, ecc.; tuttavia, ipotizzo che una insoddisfacente o inadeguata competenza linguistica di partenza possa essere un sufficiente indizio di difficoltà o insuccessi scolastici futuri.

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