Berlino, 10 maggio 1933

by gabriella

 Quando il regime ordinò che in pubblico fossero arsi
i libri di contenuto malefico e per ogni dove
furono i buoi costretti a trascinare
ai roghi carri di libri, un poeta scoprì
– uno di quelli al bando, uno dei meglio – l’elenco
studiando degli inceneriti, sgomento, che i suoi
libri erano stati dimenticati.

Corse al suo scrittoio, alato d’ira
e scrisse ai potenti una lettera.
Bruciatemi!, scrisse di volo, bruciatemi!

Questo torto non fatemelo! Non lasciatemi fuori! Che forse
la verità non l’ho sempre, nei libri miei, dichiarata? E ora voi
mi trattate come fossi un mentitore! Vi comando: bruciatemi!

Bertold Brecht

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La distruzione del passato, dei demoni che dai libri risvegliano la coscienza, è il motivo portante del discorso che Goebbels tenne a Berlino in occasione dell’autodafé del 10 maggio 1933:

Fate bene questa notte ad affidare alle fiamme le profanazioni del passato. E’ questa una forte, grande, simbolica azione che dovrà documentare di fronte al mondo intero la scomparsa dei fondamenti  spirituali della Repubblica di novembre. Da queste rovine si leverà vittoriosa la fenice del nuovo spirito.

La storia comincia adesso, in questo momento, come disse Hanns Johst nel 1932:

Lo stato nazionalsocialista e la cultura coincidono.

Non c’è cultura prima del nazionalsocialismo, ma neppure dopo ne esiste alcuna. E’ la festa del nuovo nell’estinzione del vecchio. L’atto del celebrare, nel quale sono associati la canaglia e il potere, è tipico e specifico del carattere rituale di questo comportamento autoritario. Esso ha sempre e nuovamente bisogno della festa, della celebrazione, del tutto sconosciuta invece all’antichità classica e cinese.

Nel romanzo Fahrenheit 451 che tratta dei roghi dei libri lo scrittore americano di fantascienza Ray Bradbury ha colto il carattere celebrativo della distruzione dei libri. All’inizio Montag, il protagonista, il quale, è vero, finirà poi col cambiare idea, sentiva che

il sangue gli martellava contro le tempie, e le sue mani diventavano le mani di non sai che direttore d’orchestra che suonasse tutte le sinfonie fiameggianti, incendiarie, per far cadere tutti i cenci e le rovine carbonizzate della storia.

Certo alla fine, quando un’esperienza amorosa lo avrà indotto a ravvedersi, Montag capirà che

dietro ad ogni libro c’è un uomo.

Ma il suo capo, questo Ximènes della fantascienza, luogotenente della squadra dei pompieri nella quale presta servizio Montag, la pensa diversamente:

Non stiamo a perderci in chiacchiere sugli uomini la cui fama va eternata nei servizi funebri. Non ci pensiamo nemmeno. Bruciamo tutto, bruciamo ogni cosa! Il fuco è luce e soprattutto è purificazione.

Questo dialogo tra Montag, che diventa un individuo allorché intuisce il carattere dell’individualità dietro ogni libro, e un fascista che ordina l’oblio, potrebbe anch’esso servire da epigrafe al nostro. Leo Lowenthal, I roghi dei libri. Tratto da http://dialoghiconpietroautier.myblog.it/archive/2010/09/01/i-roghi-dei-libri.html

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