Breve storia del denaro

by gabriella
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Nel 2013, Passioni di Radiorai3, ha dedicato dieci puntate alla storia del denaro e all’evoluzione della finanza. Nel post le puntate e qualche approfondimento per un prossimo utilizzo didattico.

Quand balayez-vous tout ça, d’un coup de pied?
À quoi bon? vous vous démolissez bien vous-mêmes.

Quando spazzerete via tutto?
A quale scopo? Vi distruggerete da soli.

Émile Zola, L’argent [frammento del colloquio tra il banchiere Saccard e il rivoluzionario “pantofolaio” Sigismond]

wall streetIl programma è iniziato con una citazione dal romanzo di Émile Zola, Il denaro [L’argent], storia di una grande speculazione nella Parigi di fine 800, che per la sua modernità si presta a spiegare il funzionamento dell’economia e delle sue disfunzioni ieri e oggi.

Sempre nella prima puntata, il film del 76′, Quinto potere di Sidney Lumet racconta il dominio del mondo della finanza sulla politica e sull’economia tradizionale.

Nelle puntate successive sono stati citati altri film, da Wall street a The bank, il nemico pubblico n.1, che già nel 2001 affrontava il tema dei derivati; e romanzi, da Furore di John Steinbek a Libertà di Jonathan Franzen, per raccontare l’economia americana fino nella crisi dei mutui subprime.

Un frammento da L’argent

L'argent

emile-zola

Emile Zola (1840 – 1902)

Il colloquio di Sigismond – rivoluzionario “pantofolaio” convinto dell’inevitabile decorso della storia [qui] vivait plus haut, dans un songe souverain de justice (che viveva in un mondo ideale, in un superiore sogno di giustizia) – con il banchiere Saccard:

Et, peu à peu, il s’anima, il déborda du sujet dont il était plein. Un besoin de prosélytisme le lançait, au moindre mot, dans l’exposition de son système.

Oui, oui, vous travaillez pour nous, sans vous en douter… Vous êtes là quelques usurpateurs, qui expropriez la masse du peuple, et quand vous serez gorgés, nous n’aurons qu’à vous exproprier à notre tour… Tout accaparement, toute centralisation conduit au collectivisme. Vous nous donnez une leçon pratique, de même que les grandes propriétés absorbant les lopins de terre, les grands producteurs dévorant les ouvriers en chambre, les grandes maisons de crédit et les grands magasins tuant toute concurrence, s’engraissant de la ruine des petites banques et des petites boutiques, sont un acheminement lent, mais certain, vers le nouvel état social… Nous attendons que tout craque, que le mode de production actuelle ait abouti au malaise intolérable de ses dernières conséquences. Alors, les bourgeois et les paysans eux-mêmes nous aideront.

[…]

– Mais enfin, expliquez-moi, qu’est-ce que c’est que votre collectivisme ?
Le collectivisme, c’est la transformation des capitaux privés, vivant des luttes de la concurrence, en un capital social unitaire, exploité par le travail de tous… Imaginez une société où les instruments de la production sont la propriété de tous, où tout le monde travaille selon son intelligence et sa vigueur, et où les produits de cette coopération sociale sont distribués à chacun, au prorata de son effort. Rien n’est plus simple, n’est-ce pas? une production commune dans les usines, les chantiers, les ateliers de la nation ; puis, un échange, un payement en nature. S’il y a un surcroît de production, on le met dans des entrepôts publics, d’où il est repris pour combler les déficits qui peuvent se produire. C’est une balance à faire… Et cela, comme d’un coup de hache, abat l’arbre pourri. Plus de concurrence, plus de capital privé, donc plus d’affaires d’aucune sorte, ni commerce, ni marchés, ni Bourses. L’idée de gain n’a plus aucun sens. Les sources de la spéculation, des rentes gagnées sans travail, sont taries.
Oh! oh! interrompit Saccard, ça changerait diablement les habitudes de bien du monde!

Certo, voi lavorate per noi, senza rendervene conto… Siete usurpatori che espropriano le masse popolari e quando vi sarete ingozzati fino in fondo, non dovremo che espropriarvi a nostra volta… Ogni accaparramento, ogni concentrazione, porta al collettivismo. Voi ci date una lezione pratica: così come i grandi latifondisti inglobano i piccoli fondi, i grandi industriali divorano gli operai di fabbrica, le grandi banche e i grandi empori commerciali sopprimono tutta la la concorrenza, ingrassandosi della rovina delle piccole banche e dei piccoli negozi, sono un avviamento lento ma inesorabile verso il nuovo ordine sociale … Noi aspettiamo che tutto crolli, che il modo di produzione attuale giunga al disagio intollerabile implicato nelle sue conseguenze. Quel giorno persino i borghesi e i contadini ci aiuteranno. 

[…]

– Ma allora, mi spieghi, che cos’è questo vostro collettivismo?
 Il collettivismo è la trasformazione dei capitali privati, che vivono della competizione della concorrenza, in un capitale sociale unitario, emerso dal lavoro di tutti … Immagini una società in cui gli strumenti di produzione sono proprietà di tutti, in cui tutti lavorano secondo la loro intelligenza e capacità, in cui il prodotto di questa cooperazione sia distribuito a ognuno, in proporzione al proprio impegno. Non c’è niente di più semplice, vero? Una produzione comune nelle fabbriche, nei cantieri, nei laboratori della nazione; poi uno scambio e un pagamento in natura. Se c’è un surplus di produzione lo si stocca in magazzini pubblici da cui può essere prelevato per colmare i deficit che possono prodursi. C’è un equilibrio da realizzare… E questo, come un colpo d’ascia, abbatte l’albero marcio. Niente più concorrenza, né capitale privato, dunque niente più affari di alcun tipo, né commercio, né mercato, né borsa. L’idea di profitto non ha più alcun senso. Le fonti della speculazione, delle rendite guadagnate senza lavoro, sono prosciugate.
Oh! oh! interruppe Saccard, ciò cambierebbe dannatamente le abitudini di parecchia gente!

Prima puntata. Capitalismo, il liberismo e il protezionismo

E sul calcolo della ricchezza di un popolo che sia più giusto e meno riduttivo del Pil, il Prodotto interno lordo.

Nel romanzo «Tempi difficili» (1854) di Charles Dickens, ambientato in un’immaginaria città industriale, Cocketown, le parole dell’ingenua Sissy mettono in dubbio l’utilità delle statistiche. Lo spunto per spiegare cosa siano il Pil (Prodotto interno lordo) e soprattutto i nuovi parametri introdotti per valutare il livello economico di un Paese, come l’indice di sviluppo umano e la felicità interna lorda, l'”invenzione” del Bhutan.
Il romanzo «Il fiume dell’oppio» (2011) dell’indiano Amitav Ghosh racconta la storia di un mercante d’oppio, l’indiano Bahram, e le sue disavventure a Canton. Nello scontro fra commercianti inglesi, intermediari indiani e il misto di corruzione e di ragion di Stato cinese il libro, ambientato nell’Ottocento, racconta il capitalismo nelle sue varie sfaccettature, le aspirazioni liberistiche, le tentazioni del protezionismo all’insegna di una maggiore moralità nel business. E tutto sembra cosi’ attuale.

 

Seconda puntata. La finanza spiegata ai ragazzi

Una puntata su come tutelarsi contro i problemi delle banche e contro quelli relativi alla finanza creativa. E sui progetti a livello europeo per un futuro migliore, come l’unione bancaria. Il tutto grazie alla classica letteratura per ragazzi.

Innanzitutto «Mary Poppins» (1934) dell’inglese Pamela Lyndon Travers (ma non manca anche un passaggio della trasposizione disneyana dul grande schermo). A un certo momento i due piccoli e la mitica baby-sitter si ritrovano nella banca del padre dei due bambini. Per un malinteso il ragazzo grida «rivoglio il mio denaro» e cosi’ si scatena una corsa agli sportelli dei risparmiatori. Da li’ è possibile spiegare una serie di concetti bancari particolarmente importanti di questi tempi: la crisi di liquidità, il Fondo interbancario di tutela dei depositi, creato in Italia, e il progetto a livello europeo, legato all’attualità, di Garanzia unica per i depositi bancari.

«Le avventure di Pinocchio» (1883) offre nell’episodio dell’albero degli zecchini un esempio di smaterializzazione del denaro, di speculazione e di desiderio eccessivo di moltiplicazione del denaro: è l’occasione di parlare di finanza creativa, di derivati e di effetto leva.

 

 Terza puntata. Anni 80: quando tutto il male cominciò

In molti ritengono che il decennio fondamentale (in un senso negativo) nello sviluppo di una finanza eccessiva, dominatrice dell’economia, sia stato proprio quello degli anni Ottanta: lo stesso degli yuppies ma anche dei primi crack in Borsa, delle frodi finanziarie, mentre l’economia reale, almeno negli Usa di Reagan e nel Regno Unito della Thatcher, accusava evidenti segni di decadenza. Ecco una puntata dedicata a quel periodo.

Si comincia con il romanzo «Le mosche del capitale» (1989) di Paolo Volponi, storia di industriali che hanno tradito la fabbrica diventando in realtà uomini di finanza, preoccupati solo dei profitti: in sostanza dimentichi della lezione di Adriano Olivetti, che fu sempre un riferimento per Volponi. Il romanzo consente di parlare della «finanziarizzazione» dell’Italia (e dell’Europa), inziata in quegli anni, oltre che di dividendi e di cedole di una società.

Seconda tappa: fra la Londra e la New York degli anni Ottanta si svolge la storia di «Money» (1984) dell’inglese Martin Amis. Già il titolo è tutto un programma e il libro è pieno di deliri del protagonista, John Self, sul valore dei soldi e sui suoi sprechi in una società sempre più persa e immorale. Lui, rozzo edonista, è un regista, che deve girare un film, ma che si ritroverà vittima di una frode in tutta regola. Scivolerà verso la disoccupazione, parte integrante della crisi attuale. Ed è proprio alla disoccupazione che è consacrata la parte finale di questa puntata.

 

Quarta puntata. Grecia e Spagna: quando l’Europa traballa

Una puntata dedicata ai due Paesi che più si trovano nel mirino della crisi nell’area euro: la Spagna e la Grecia.

Si comincia con il romanzo «Prestiti scaduti» (2011) del greco Petros Markaris. Siamo in pieno nella saga del commissario Charitos, alle prese stavolta con un complicato caso finanziario, nel contesto del tracollo ellenico. Si tratta di una serie di omicidi di personaggi tipo un grande banchiere e il funzionario in trasferta ad Atene di un’agenzia di rating. E’ l’occasione, appunto, per parlare della crisi della Grecia e di termini sempre più utilizzati dai media come Grexit (la possibile uscita del Paese dall’euro), i Pigs (i Paesi a rischio del Sud Europa). Oltre che delle onnipotenti agenzie di rating, ora criticate da ogni fronte.

Passiamo alla Spagna, alle prese con un eccessivo gonfiarsi del settore immobiliare, che oggi ha portato all’esistenza di quartieri interi di case nuove e irrimediabilmente invendute. Le origini del problema sono lontane, agli inizi del boom economico del Paese. In maniera grottesca e ironica il fenomeno è raccontato già nel film «Uova d’oro» (1993) di Bigas Luna, con Javier Bardem. E’ la storia di un semplice manovale, fan di Julio Iglesias, che sogna di costruire il grattacielo più alto di Benidorm, la località turistica «mordi e fuggi» sul Mediterraneo (e ci riuscirà). Lo spunto per parlare di bolla immobiliare e di cartolarizzazione.

Quinta puntata. Vizi e virtù dell’imprenditore italico

Una puntata dedicata alla piccola impresa italiana, gioie e dolori di una struttura intorno alla quale gira il grosso dell’economia del nostro Paese, anche le speranze di una sua ripresa.

Si comincia con il film «Il maestro di Vigevano» (1963) di Elio Petri. E’ la storia di un insegnante elementare che viene convinto dalla moglie a lanciarsi nella produzione di scarpe, a creare una «fabbrichetta». Il protagonista (impersonato da Alberto Sordi) andrà incontro all’insuccesso. Il film, in pieno boom economico, già individua problemi futuri, tipo la scaltrezza di questi imprenditori, che non esitano a evadere tasse e altri obblighi fiscali, o l’assenza di cultura, anzi il loro disprezzo della cultura. C’è già nel film il leghismo che verrà. E’ lo spunto per parlare della tradizione delle piccole e medie imprese italiane (la sigla Pmi) e di come sono cambiate dagli anni 60 a oggi.

Si continua con un altro film, «L’industriale» (2011) di Giuliano Montaldo. Ancora una piccola impresa familiare, ma 50 anni dopo. E di quelle che hanno avuto successo. Ma che in questi anni di crisi si ritrovano ad affrontare grossi problemi economici. E’ il figlio del fondatore, la seconda generazione, impersonato da Pierfrancesco Favino, che viene messo alle strette. Conosce tutti in fabbrica: come capita spesso in questi casi la vicenda umana si mescola con quella imprenditoriale. Le banche chiudono i rubinetti del credito. Siamo a Torino, una delle città simbolo del capitalismo al’italiana. Il film è lo spunto per parlare di credit crunch e anche di spread, per il suo riflesso sulla vita delle aziende.

 

Sesta puntata. Alta finanza, fra algoritimo e rischi sistematici

Una puntata dedicata agli ultimi ritrovati della finanza, quella famiglia di prodotti nota come derivati, che è servita anche a truccare i conti della Grecia (e forse anche dell’Italia), quando questi Paesi volevano essere accettati nella grande famiglia dell’euro, e che sono ritornati alla ribalta per l’ennesima volta con lo scandalo Mps.

Si comincia con il romanzo «Il lupo di Wall Street» (2008) dell’americano Jordan Belfort. E’ la storia di un trader, fra vita dissoluta, fatta di droga e di escort, ed esistenza professionale ai limiti, appunto, utilizzando i derivati in maniera spregiudicata. E’ lo spunto per spiegare la deriva di questi strumenti e come funziona il pump and dump, una delle truffe finanziarie più eclatanti, amplificata nell’era di Internet..

E poi il film «Margin call» (2012) di J. C. Chandor, le 24 ore di una banca d’investimento in preda a una crisi acuta proprio a causa dei derivati. E’, in sostanza, il tracollo di Lehman Brothers del 2008 e la corsa per il suo salvataggio. Permette di spiegare come la matematica sia penetrata nella finanza anche attraverso complicati meccanismi come l’high frequency trading. E anche cosa sia quella nebulosa fuori dalle Borse tradizionali, lo shadow banking, la finanza ombra, dove gli scambi avvengono ad alta velocità, senza controlli. Un vero Far West…

 

Settima puntata. Oscillando tra depressione e rinascita

Una puntata sull’economia reale. E in particolare sull’economia che si trasforma e che puo’ cadere in crisi, in forte crisi: oltre la recessione, fino alla depressione.

Innanzitutto lo stupendo racconto «L’ultima volta che vidi Parigi» (1931) di Francis Scott Fitzgerald (e anche un melodrammatico passaggio della versione sul grande schermo, un film con Liz Taylor). E’ la storia di Charlie Wales, uomo di finanza americano, che ritorna a Parigi dopo la crisi del ’29. E si ritrova in una città in preda alla depressione, cosi’ diversa da quella che aveva conosciuto in precedenza. Vengono qui spiegati i concetti di recessione e depressione. E i parallelismi fra il crack del ’29 e la crisi finanziaria del 2008.

Segue il romanzo il «Il concerto dei pesci» (1957) dell’islandese Halldor Laxness. Questo scrittore ottenne il premio Nobel per la letteratura nel 1955. A lungo dimenticato, è stato poi riscoperto, anche fuori dall’Islanda. Era, fra le altre cose, un grande conoscitore dell’Italia, che visito’ a più riprese per lunghi periodi. Questo suo libro raffigura l’Islanda del passato, senza l’assillo dei soldi e che ha fatto fatica a trasformarsi in economia moderna e aperta verso l’esterno. E’ in particolare la storia di un pescatore che non riesce ad adattarsi alle regole del mercato. Il libro è ridiventato di estrema attualità dopo la crisi del 2008 (continuata fino al 2011) in Islanda, dovuta proprio a certe derive finanziarie, a un arricchimento precedente troppo veloce e inconsulto. Nella puntata si ripercorrono le tappe più importanti della crisi islandese, si spiega il concetto di bailout (salvataggio delle banche in difficoltà). E la “rivolta” del Paese, che si è rifiutato di pagare per i buchi lasciati dai suoi colossi del credito presso i clienti stranieri, considerati complici della speculazione.

 

Ottava puntata. Finanza tossica e trader pentiti

Una puntata dedicata alla figura del trader, di questi personaggi complessi, oscillanti fra determinazione e debolezza psicologica, nelle cui mani si ritrovano spesso i destini economici di grandi aziende, se non di Paesi interi. Negli ultimi anni molti ex trader (forse troppi. si sono messi a scrivere romanzi. Ma in alcuni casi sono venute fuori opere interessanti, comunque in presa diretta da quel mondo.

Il romanzo «Questa città che sanguina» (2010) di Alex Preston racconta il dramma di un trader londinese, che finisce per dimenticare in auto il figlio, troppo preso dal fallimento imminente della società finanziaria per cui lavora. Il romanzo è lo spunto per capire chi è e cosa può fare un trader, cosa è un hedge fund (Alex lavora per uno di questi fondi superspeculativi)  e ricordare le più recenti storie (anche recentissime) di scandali legati a un’attività in grossa parte fuori controllo.

Si continua con il romanzo «Union Atlantic» (2010) di Adam Hasslet (molto sponsorizzato da Jonathan Franzen), la storia di uno spregiudicato banchiere, Doug Fanning, in difficoltà per aver avallato investimenti troppo rischiosi, e che si ritrova anche al centro di un feroce scontro con la vicina, professoressa di storia in pensione, che l’accusa di aver costruito una scintillante e volgare villa su un terreno demaniale. E’ l’occasione per spiegare certi concetti legati ai derivati (in particolare i futures) e l’opposizione tra banca commerciale e banca d’affari (il fatto che si siano sovrapposte è una delle cause della crisi finanziaria attuale).

Nona puntata. Paesi emergenti: sorpasso o illusione?

Questa puntata è dedicata ai Paesi emergenti, i «nuovi ricchi» del mondo, che stanno resistendo alla crisi e rappresentano un prezioso sbocco per tante merci del made in Italy. Resisteranno ancora? E il loro sviluppo è proprio cosi’ coerente?

Si comincia con un romanzo indiano, «La tigre bianca» (2008) di Aravind Adiga. E’ la vera storia (dura, spietata, terribile) del boom economico indiano attraverso la storia di un umile autista che riesce a diventare imprenditore di successo. La narrazione avviene con molto sarcasmo sotto forma di una lettera al Presidente cinese, che arriverà presto in visita in India. Si spiegano così i concetti di Brics (la sigla che indica i maggiori Paesi emergenti) e l’outsourcing (l’attività che fa la fortuna dell’India e di altri Paesi emergenti, descritta nel romanzo).

Si continua con «Il demone della prosperità» del cinese Chan Koonchung. Scritto nel 2009, la storia è in realtà ambientata nel 2013. Descrive la Cina in supercrescita e l’Occidente che affonda. Ma, ancora una volta con molto sarcasmo, è un’aspra critica al modello cinese. Il romanzo è lo spunto per parlare del capitalismo alla cinese e del peso attuale della Cina nell’economia mondiale. E l’occasione per spiegare cosa siano i fondi sovrani.

 

Decima puntata. Moneta, lavoro e un immenso dolore

Per finire una puntata basata su due libri «forti», anche tragici.

Il romanzo «La centrale» (2010) di Elisabeth Filhoul è stato uno dei casi letterari in Francia degli ultimi anni. E’ il primo libro di una donna che vive in provincia vicino a una centrale nucleare. E che ha deciso di raccontare la storia di un gruppo di «nomadi», come vengono chiamati in Francia gli operai del nucleare, che con un contratto a termine dietro l’altro passano nelle diverse regioni della Francia, da una centrale all’altra, spesso relegati alle mansioni più pericolose, ma con stipendi inferiori ai dipendenti con contratti a durata indeterminata dei colossi francesi dell’atomo. L’occasione per parlare di precariato, in Italia e in Europa.

Infine, «Se questo è un uomo» (1947) di Primo Levi. Alcuni passaggi del libro (nel capitolo terzo) spiegano con chiarezza quasi distaccata lo svilupparsi di un mercato all’interno del lager, con le sue monete (un pezzo di pane, altri prodotti di base.). Si costituì perfino una vera e propria Borsa. E’ l’occasione per ritornare sulla storia della Borsa. E a termini chiave del settore finanziario come società quotata e listino. Incredibile: anche in un contesto terribile come quello di un campo di concentramento affiorano inesorabilmente meccanismi e relazioni economiche. E addirittura di tipo finanziario.


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