CALAIS  – A meno di due ore da Parigi si nasconde una vergogna per l’Europa. L’accampamento di migranti a Grande-Synthe è un’immensa cloaca in cui galleggiano tende e rifiuti. Il cartello all’ingresso annuncia la costruzione di un nuovo “ecoquartiere”. Immagini di villini a due piani, con viali alberati e parco giochi per bambini, un numero di telefono per comprare le nuove abitazioni. È l’unica traccia di una civiltà che sembra scomparsa, inghiottita nel fango. All’esterno i gendarmi controllano le borse dei profughi curdi, iracheni, siriani ammassati in questa landa desolata a una quarantina di chilometri da Calais. Qualche giorno fa c’è stata una sparatoria nella notte. Soffia un vento gelido misto a pioggia, l’aria è tesa.
“Cosa siete venuti a vedere? Non siamo animali in uno zoo”,
dice un migrante che chiede di spegnere la telecamera. La presenza di giornalisti infastidisce, anche le Ong chiedono discrezione.
Nell’accampamento entrano solo due organizzazioni internazionali, Médecins du Monde e Médecins Sans Frontières.
“Di solito ci occupiamo di missioni in zone di guerra o paesi dove non c’è più uno Stato. Non avremmo mai pensato di dover intervenire in Francia, nel 2016”.
Angélique Muller, sguardo limpido e un viso pieno di lentiggini, è infermiera. Fino a qualche mese fa era in Centrafrica con Msf per organizzare una campagna di vaccinazioni. Ha lavorato in Etiopia, Congo, Liberia, Iraq, ma non ha mai visto niente di simile. Nei cinque ettari di terreno paludoso, a ridosso del mare, cercano di sopravvivere quasi duemila persone. La clinica mobile di Msf propone visite mediche tre volte a settimana dando la priorità ai bambini, che sono circa duecento.

“Ci sono stati casi di rosolia, di scabbia. Le patologie più diffuse sono respiratorie e vivendo in queste condizioni è difficile guarire. La notte la temperatura scende anche a meno sei gradi”.

Una nuova giungla. Calais è diventata famosa per la “Jungle”, così è stata ribattezzata la bidonville di migranti che sognano di andare nel Regno Unito. Con l’esodo di quest’estate e le misure di sicurezza volute dalle autorità inglesi, l’emergenza si è spostata un po’ più a nord sulla costa. Grande-Synthe è vicina a Dunkerque, dove i passeurs, i trafficanti, dicono sia ora più facile attraversare la Manica. Nell’ultimo anno venti migranti sono morti cercando di fare gli ultimi chilometri di un lungo viaggio iniziato nel Sud del mondo. Fino a qualche mese fa il tragitto clandestino avveniva soprattutto con i camion. Adesso i tir devono superare una barriera con sonde per rintracciare Co2 e battito cardiaco. Intorno alla zona portuale gli inglesi hanno sovvenzionato la costruzione di una recinzione di filo spinato alta cinque metri. La frontiera è sigillata. Le ultime morti sono avvenute dentro l’Eurotunnel: uomini che hanno tentato di agganciarsi ai convogli dei treni per Londra. L’accesso al traforo è stato circondato da un fossato pieno d’acqua, come nelle antiche cittadelle fortificate.