Carlo Galli, Tasse. Scenari, I soliti ignoti

by gabriella

La Parola

Tasse

(di etimo analogo al verbo ‘tassare’: dal latino taxare, derivato a sua volta da tangere [toccare], col significato di ‘valutare toccando’, ‘soppesare’, e anche di ‘biasimare’, ‘tacciare’).
Propriamente la tassa è un importo dovuto dai cittadini allo Stato in cambio di prestazioni (es., la tassa portuale), e si distingue dall’imposta che invece colpisce liberamente il patrimonio o il reddito (imposta diretta) oppure il movimento di ricchezza (imposta indiretta). Tuttavia, nel linguaggio comune, con ‘tasse’ si intende di solito l’insieme dei tributi che lo Stato esige dai cittadini (il potere d’imporre tasse appartiene, di norma, a enti pubblici sovrani, come lo Stato, e a enti territoriali, come le Regioni e i Comuni, che derivano tale potere dallo Stato).

Il rapporto tasse-politica è quindi strettissimo. L’età moderna conosce, a questo riguardo, tre dinamiche fondamentali. La prima è la progressiva conquista, da parte dello Stato, del monopolio della tassazione e dell’imposizione fiscale, per farne un diritto di sovranità (come il legiferare, l’amministrare la giustizia, il battere moneta, il dichiarare guerra) e uno dei segni del proprio controllo del territorio e della popolazione: per tassare, lo Stato deve, infatti, conoscere la quantità e la qualità delle persone, delle loro ricchezze e delle loro attività economiche (la scienza statistica). La seconda è la lotta dei cittadini per determinare autonomamente il livello della tassazione, senza subirlo da parte del potere regio: i Parlamenti, rappresentativi della sovranità popolare, hanno infatti come compito fondamentale l’approvazione del bilancio dello Stato, delle sue uscite (le spese) e delle sue entrate (le tasse). Questo collegamento fra tasse e cittadinanza (che nel mondo anglofono si espresse nello slogan no taxation without representation) significa che il  peso fiscale non deve essere interpretato come un servaggio, come un tributo pagato dai vinti ai dominatori, ma come la consapevole partecipazione dei cittadini al bene comune. La terza dinamica è la progressiva abolizione dei privilegi (i nobili, durante l’Ancien Régime, erano esenti da tasse): poiché la tassazione è collegata alla cittadinanza, tutti i cittadini devono essere uguali davanti al fisco.

Nella realtà contemporanea i problemi politici, di ampio profilo teorico, stanno essenzialmente nel decidere quale tipo di giustizia fiscale stabilire fra i cittadini: se l’aliquota debba essere unica oppure progressiva (come vuole la Costituzione italiana, art. 53), e se si debba privilegiare la tassazione diretta oppure quella indiretta. I problemi pratici, invece, stanno soprattutto nel tentare di ridurre il peso fiscale senza aprire voragini nel bilancio statale, e nel combattere l’evasione che, insieme all’elusione, è la manifestazione del fatto che la tassazione è non solo partecipazione al bene comune, ma è anche un dovere, a volte vessatorio, che genera antagonismo fra Stato e cittadini, e frammenta il corpo sociale in mille egoismi.

Questa è anche in relazione con l’aumentare del livello impositivo, che nel corso del XX secolo  –  per ridistribuire la ricchezza e per finanziare i costi dello Stato sociale  –  è salito in Europa a valori medi di oltre il 40% del reddito (fra imposte dirette e indirette); questa crescita ha generato negli anni Settanta quelle ‘rivolte anti-tasse’ che sono state una delle vie di affermazione della destra sullo scenario internazionale. L’evasione configura di fatto la riapparizione di privilegi, non più motivati dalla nascita e dal ceto sociale, ma dal tipo di lavoro svolto: mentre i lavoratori dipendenti non hanno possibilità di evadere il fisco, quelli autonomi possono avere margini molto più ampi.

L’equità fiscale in senso verticale (cioè il non  sottostare a carichi impositivi troppo gravosi) e in senso orizzontale (cioè il ridurre l’area dell’evasione)  occupa oggi buona parte dell’agenda politica, e determina profonde divisioni programmatiche. La soluzione delle questioni legate alla tassazione dipende infatti da diverse idee dello  Stato e dei suoi compiti (e quindi del suo fabbisogno), da diverse le valutazioni del deficit e del pareggio del bilancio statale, da diverse idee di società (coesa o frammentata secondo individualismi egoistici), e da diverse propensioni  a dichiarare davvero guerra  all’evasione con idonee misure strutturali.

http://www.repubblica.it/rubriche/la-parola/2011/08/30/news/tasse-21053445/?ref=HREA-1

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