Quando dormo sogno senza la punteggiatura e vedo gli occhi di Giuseppe senza la paura.
Il murales dedicato da Zerocalcare a un partigiano delle Brigate Garibaldi che a Montanaro, comune torinese, ha suscitato le rimostranze del sindaco. Il writer lo ha dipinto sul muro della scuola Sandro Pertini per ricordare, nel settantennale della liberazione, il più giovane partigiano del paese, fucilato l’8 marzo 1944. Il 16 agosto 2015 è stato imbrattato dagli stessi che fin dall’inizio hanno mal sopportato l’omaggio antifascista del giovane grafico.
I proletari della capitale, in mezzo alle disfatte, all’incapacità e ai tradimenti delle classi che governano, hanno compreso che era arrivata l’ora di salvare la situazione prendendo in mano la direzione dei pubblici affari.
18 marzo 1871, Comune insurrezionale di Parigi
Visto che non ce la farete mai a procurarci un salario decente ci mettiamo noi a dirigere le fabbriche visto che, fatti fuori voi, sarà sufficiente.
Visto che allora ci minaccerete coi fucile e coi cannoni abbiamo deciso che una vita infame la temeremo d’ora in poi più della morte [Bertold Brecht, Resolution, 1945-50]
Parigi operaia, con la sua Comune, sarà celebrata in eterno, come l’araldo glorioso di una nuova società. I suoi martiri hanno per urna il grande cuore della classe operaia. I suoi sterminatori, la storia li ha già inchiodati a quella gogna eterna dalla quale non riusciranno a riscattarli tutte le preghiere dei loro preti [Karl Marx, La guerra civile in Francia, 1871]
1.1871-2011, La ricostruzione dell’insurrezione della municipalità parigina nel centoquarantennale
Federati e comunardi difendono Parigi
[Traduzione mia]
Dopo la proclamazione della 3° Repubblica e la firma di un armistizio con l’esercito prussiano furono indette le elezioni per formare una delle due camere del Parlamento.
Da queste elezioni, che si tengono l’8 febbraio 1871, esce un’assemblea fortemente conservatrice e favorevole alla pace con la Prussia. Riunito a Bordeaux, il Parlamento permette di formare, il 19 febbraio 1871, un primo governo diretto da Alphonse Thiers.
Il 1 marzo le truppe prussiane sfilarono a Parigi. L’esasperazione della capitale era al colmo. I parigini, armati nella guardia nazionale, forte di 200.000 uomini, avevano nascosto più di 200 cannoni, a Montmartre e Belleville.
Barricata Charonne, 18 marzo 1871
Il 3 marzo, la Guardia passava sotto il controllo di un Comitato centrale eletto. Il 15, si costituiva in Federazione repubblicana.
L’orazione funebre pronunciata da Pericle per i caduti della guerra del Peloponneso, come ci è stata tramandata da Tucidide e nell’interpretazione di Lucrezia Lante della Rovere.
Pericle (494 – 429 a.C.)
agora
Qui il nostro governo favorisce i molti invece dei pochi: e per questo viene chiamato democrazia. Le leggi qui assicurano una giustizia eguale per tutti nelle loro dispute private, ma noi non ignoriamo i meriti dell’eccellenza. Quando un cittadino si distingue, allora esso sarà, a preferenza di altri, chiamato a servire lo Stato, non come un atto di privilegio, ma come una ricompensa al merito e la povertà non costituisce impedimento.
Un bellissimo montaggio di testimonianze, recitazione, filmati d’epoca, reading, per ricostruire l’inizio della resistenza antifascista nelle fabbriche, gli scioperi e la repressione sullo sfondo della condizione operaia del 1943.
E come potevamo noi cantare
con il piede straniero sopra il cuore
tra i morti abbandonati nelle piazze
sull’erba dura di ghiaccio
Al lamento d’agnello dei fanciulli
all’urlo nero della madre
che andava incontro al figlio
crocifisso sul palo del telegrafo
Alle fronde dei salici, per voto
anche le nostre cetre erano appese
oscillavano lievi al triste vento
Il 10 agosto 1944, Piazzale Loreto assisteva alla fucilazione di quindici antifascisti e partigiani da parte di miliziani della R.S.I. che, dopo l’eccidio, infierirono sulle salme per tutto il giorno. E’ questo l’episodio che i partigiani avevano in mente quando decisero di esporre a P.le Loreto i cadaveri di Mussolini e Claretta Petacci. Tratto da Infoaut.
Ai quindici di Piazzale Loreto
Esposito, Fiorani, Fogagnolo,
Casiraghi, chi siete? Voi nomi, ombre?
Soncini, Principato, spente epigrafi,
voi, Del Riccio, Temolo, Vertemati,
Gasparini? Foglie d’un albero
di sangue, Galimberti, Ragni, voi,
Bravin, Mastrodomenico, Poletti?
Traggo da Le parole e le coseun paragrafo diTra un’ora la nostra sorte. Le lettere dei condannati a morte e dei deportati della Resistenza (Roma, Carocci, 2013) di Sergio Bozzola, una rilettura formale e tematica delle lettere autografe pubblicate in Ultime lettere dell’INSMLI, Istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia. Il testo della lettera di Luigi Rasario, partigiano ventenne attivo sulle montagne del novarese, è riprodotto secondo l’ortografia, la sintassi e l’impaginato del manoscritto, che si può cercare nel sito INSMLI.
La targa commemorativa prima dell’asportazione – La sottrazione e l’oltraggio
La cascina Raticosa, rifugio e comando della V Brigata Garibaldi, è uno dei luoghi simbolo della lotta partigiana in Umbria.
Si trova tra Ponze e Cupoli, sulla strada di Cancelli e Acqua Santo Stefano, i villaggi di montagna tra Trevi e Foligno (PG) che subirono i rastrellamenti del febbraio 1944. Su quei viottoli, nella notte tra il 2 e il 3 febbraio, ventiquattro giovani partigiani furono catturati dai nazisti e inviati al campo di Mathausen, dal quale la gran parte non fece ritorno.
Nei giorni scorsi, qualcuno si è arrampicato fino alla cascina per tracciare una svastica sul muro del comando partigiano e rimuovere la targa che ne ricorda la storia. Ma, stamattina (3 marzo 2015), Enrico Angelini, uno dei combattenti scampati al massacro, è tornato a riparare l’offesa:
Spero che a oltraggiare questo luogo sia stato qualche giovane esaltato che magari ignora la nostra storia, e che faccia in tempo a ravvedersi.
Al posto della targa portata via dai vandali, adesso c’è il fiore di Angelini. Dell’ignoranza della nostra storia dovremo occuparci noi.
La riflessione di Adriano Prosperi sulla Resistenza e sulla Liberazione. Tratta da Micromega.
La mia liberazione avvenne il 2 settembre del 1944. L’Italia è lunga da risalire. L’esercito alleato, a lungo attestato sul confine della riva sinistra dell’Arno, quel giorno lo superò e arrivò nel nostro paese. Erano attesi da giorni. La notte prima nessuno dei molti abitanti della collina aveva dormito tranquillo. Si trattava di circa due decine di sfollati dalle città vicine, di diversa cultura e condizione sociale, uniti a quel pugno di contadini che ci risiedevano da sempre, condividendo tutto con loro e maturando relazioni anche intense e durevoli di solidarietà umana e politica. Il piccolo nucleo della mia famiglia – una madre, una nonna – dormì non sui letti consueti ma su un giaciglio di coperte stese per terra in cantina, a due passi dal rifugio scavato dietro la casa, dove mio padre faceva la guardia, con le armi a portata di mano.
I militari italiani internati (IMI) nei lager tedeschi furono 700.000.
Di loro, oltre 600.000, davanti alla possibilità di aderire alla Repubblica di Salò ed essere liberati, rifiutarono, preferendo conservare la loro dignità di soldati, rigettare la guerra e respingere il fascismo, ora inquadrato con chiarezza nelle responsabilità condivise con l’alleato nazista. Cinquantamila non tornarono.
Tra i novantamila che giurarono fedeltà alla Repubblica Sociale Italiana, moltissimi rientrarono in patria per disertare e per formare bande partigiane. In Liguria, sul Monte Rosa, interi battaglioni erano composti di soli IMI.
Come racconta Luca Borzani [La guerra di mio padre, Genova, Il Nuovo Melangolo, 2013], si trattò di un fenomeno imponente che coinvolse quasi tre milioni di famiglie [tra le quali quella di mio nonno]; un fenomeno, come osserva, Ercole Ongaro [Storia della Resistenza nonviolenta in Italia, Bologna, I libri di Emil, 2013] non compreso immediatamente dagli storici che, nel dopoguerra si concentrarono sui partigiani di montagna [al fine di difenderne la memoria, precocemente infangata].
Per capire chi erano bisogna leggere i due passi delle lettere ai familiari di Francesco Grasso e Giuseppe de Toni riferite da Ercole Ongaro.
Indice
1.Dall’intervista a Luca Borzani a Fahrenheit 2.Dall’intervista di Ercole Ongaro a Uomini e profeti
2.1La lettera di Francesco Grasso 2.2 La lettera di Giuseppe de Toni
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