Giulio Cavalli, La memoria non si commemora, si esercita

by gabriella

Perché ogni tempo e ogni luogo ha le sue «vite indegne di essere vissute».

Esattamente dove sono le istruzioni per festeggiare una “giornata della memoria” come quella di questo 27 gennaio dell’anno 2019 facendo finta di niente? Ma davvero oggi risulta possibile citare Primo Levi fingendo di non sapere quanto sia tradito nelle chiacchiere da bar, tra i commenti che galleggiano nel web, nei giudizi immorali passati come scherno?

Esattamente oggi cosa insegnerete ai vostri figli voi che non vi siete ancora puliti della bava sputata contro qualcuno? Davvero riuscirete a dirgli che un tempo è successo che un popolo sia stato giudicato per la razza, la provenienza e la cultura e sia stato dichiarato colpevole di esserci, di esistere, di occupare spazio geografico, economico e sociale?

Un sondaggio tra gli studenti Usa del ’38: Dovremmo accogliere i rifugiati ebrei? No 68,8%

Spiegherete ai vostri figli che, coperti dall’indifferenza vigliacca della maggioranza, pochi sono riusciti ad impedire la cancellazione di un intero popolo?

Esattamente, oggi, per questa giornata della memoria che è diventata un traino per la cinematografia e letteratura del settore, chi ci promettiamo di ricordare? Gli ebrei ammazzati perché ebrei, i siriani perseguitati perché infedeli, gli annegati annegati perché non europei, i palestinesi perché palestinesi? Chi tra questi?

Ma che differenze troverete per evitare ai vostri figli l’occasione di un’associazione di idee tra una deportazione su ferro e una deportazione via mare? Chi sono gli aguzzini? Chi sono gli indifferenti? Chi sono i politicamente vigliacchi?

La memoria non si commemora. La memoria si esercita. E ci vuole il fisico per esercitarla: una mente allenata a nuotare controcorrente, un cuore duro abbastanza per essere buono, braccia forti, schiena diritta e un olfatto pronto ad annusare.

“Auschwitz è fuori di noi, ma è intorno a noi, è nell’aria” scriveva Primo Levi. Leggendolo davvero vi sentite assolti?

La demolizione di un uomo è un cantiere sempre aperto che ripropone gli stessi errori in tutte le epoche in cui ritorna: la ghettizzazione di un popolo su basi razziali; l’insensibilità se non il fastidio per il lamento di qualcuno, raccontandolo come lagna inutile perché senza soluzioni a disposizione; la ferocia condonata in nome dell’autopreservazione; una calcolata sciatteria nel dare le informazioni; il convincimento generale di attraversare un periodo critico che richieda soluzioni estreme e che blandisca gli egoismi; la costruzione quotidiana di un fastidio, una sgradevolezza da non celare verso qualcuno, tutti i giorni, tutto il giorno, sempre lui; un’iperbolica apprensione per le disgrazie della nostra razza per sembrarci e sembrare comunque abili alla solidarietà; l’accettazione di una scala di priorità basata non sui bisogni ma su chi ne ha bisogno; una generalizzata convergenza nel ritenere prioritari i più vicini, primo germe di un familismo spacciato per federalismo oppure lo sdoganamento della formula “erano altri tempi” per tragedie che sono umane, mica temporali.

Ognuno è ebreo di qualcuno. Oggi il camino, addirittura, sono riusciti a farlo sotto il mare.

Buona giornata della memoria. E buona memoria applicata, se ci riesce.

Di Giulio Cavalli per Left.it.

 

Tutto quello che dirò parla di noi, anche se userò parole straniere

Perché ogni tempo e ogni luogo ha le sue vite indegne di essere vissute.

 Simone Zoppellaro, Faccia a faccia con un genocidio (curdi e yazidi)

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