E’ la scuola ad abbattere lo spread

by gabriella

spreadQuesta è la lettera che gli insegnanti della scuola in cui lavoro hanno inviato ai genitori dei propri studenti per invitarli a sostenere la battaglia della scuola in difesa dell’istruzione pubblica.

Caro genitore,

il motivo per cui abbiamo deciso di metterci in agitazione è che vogliamo lottare contro lo spread. Anzi contro gli spread. Lo spread più famoso in Italia è la differenza tra il rendimento dei titoli di stato italiani e quelli tedeschi, cioè quelli più virtuosi d’Europa, ed è espresso in punti base (ogni punto percentuale vale cento punti base). Quello che a 450 punti cadono i governi.

Ecco gli spread contro i quali noi vorremmo combattere (mentre il governo sembra non volerlo fare).

Primo spread: la dispersione scolastica (cioè quanti tra i 24 e i 64 anni hanno come massimo titolo di studio la licenza media). 3720 punti. Questa è la differenza tra il paese più virtuoso d’Europa, la Lituania, e l’Italia. In Italia il 45,2% delle persone tra 24 e 64 anni ha soltanto la terza media, in Lituania l’8%. Ovviamente “bassi livelli di istruzione espongono le persone adulte a una minore inclusione nel mercato del lavoro e riducono le probabilità di accesso ai programmi di formazione continua nel corso della vita”, come dice il rapporto ISTAT del 2012. Cioè in parole povere fanno guadagnare di meno nel corso della vita.

Problema

Per contrastare la dispersione scolastica è meglio assegnare più classi agli insegnanti (e farli lavorare di meno per ogni singolo studente), oppure meno classi (e farli lavorare di più per ogni singolo studente, in particolare, per esempio, per quelli a rischio dispersione)?

Secondo spread: gli insegnanti giovani. 630 punti. Il paese più virtuoso d’Europa è la Spagna con il 6,8% di insegnanti che hanno meno di 30 anni. In Italia quelli sotto ai 30 anni sono lo 0,5%.

Domanda

È meglio avere un po’ di insegnanti giovani o no?

Problema

Per avere insegnanti giovani è più logico aumentare il numero di classi assegnate ai singoli insegnanti o no? (Se si passa da 5 a 8 classi di media, circa un terzo dei giovani che aspirano a diventare insegnanti devono rimanere a casa)

Terzo spread: stipendio degli insegnanti. 6.107 punti (differenza tra Lussemburgo e Italia – no comment).

Quarto spread: rapporto tra PIL e spesa per l’istruzione. 320 punti (e l’azione del governo Berlusconi, delineata nel Documento Economico Finanziario 2011-2014 e confermata dall’amministrazione attuale, punta non a ridurre questo spread, ma a portarlo a 480 nel 2030). Il paese più virtuoso, la Danimarca, investe l’8% del suo PIL, mentre l’Italia ne investe attualmente il 4,8 e programma una riduzione progressiva, fino al 3,2%, nei venti anni a venire.

Problema

Perché l’OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) segnala come “elemento di preoccupazione l’infimo livello di spesa dello Stato italiano per l’istruzione”?

Quinto spread: incremento dell’investimento in istruzione durante la crisi economica. 2900 punti (almeno). Questa è la distanza abissale tra l’incremento medio europeo di investimento nell’istruzione, 33%, e quello italiano, 4%.

Domanda

È un buon risparmio in tempi di crisi quello di spendere meno per la formazione delle giovani generazioni?

Problema

Se la crisi italiana è soprattutto nel differenziale fra la crescita del Bel paese e quella media europea, si esce più facilmente dalla crisi risparmiando i soldi sulla formazione dei giovani o investendoci?

Caro genitore, chiediamo dunque  il tuo appoggio per rafforzare le nostre richieste all’amministrazione.

Non chiediamo di lavorare di meno, ma di lavorare meglio.

Non più ore di cattedra, ma più ore di lavoro di équipe (magari riconosciute) per adeguare l’insegnamento ai bisogni speciali di ogni studente, più lavoro di community per mettere in rete locale e globale le esperienze di didattica e formazione, più lavoro di approfondimento per aggiornare e rendere interessante la proposta culturale da fornire agli studenti.

Per fare una scuola più forte e importante. Proprio perché siamo in tempi di crisi.

Gli insegnanti del Liceo “A. Pieralli” di Perugia

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