Lavoriamo per mantenere gli italiani: “Ci sfruttano e poi ci sparano”

by gabriella

Il meccanismo di estrazione di valore dal lavoro dei braccianti non passa per il solo sfruttamento del caporalato, ma da un circuito di creazione del reddito che parte dai fondi comunitari, passa per l’assegno disoccupazione ai lavoratori stranieri e alimenta il welfare ‘ndranghetista. Di Giuliano Foschini per Repubblica del 5 giugno 2018.

San Ferdinando. La “pacchia” evocata dal Ministro dell’Interno Matteo Salvini, la spiega nei particolari Samba, 25 anni, maliano.

«Due ore ad andare e due ore a tornare con questa»,

abbozza il primo sorriso della giornata, indicando una vecchia bicicletta.

«Cinquanta centesimi a cassa, 25 euro al giorno, anche 30. Ho pagato 150 euro perla baracca, sto qui da dieci mesi. Lavoro nove ore al giorno, ho i documenti, aspetto di avere l’asilo».

Soumayla Sacko

Samba è amico di Soumayla Sacko, anzi «fratello», dice battendo forte con la sua mano destra sul cuore, sotto il Municipio di San Ferdinando.

Samba raccoglie cipolle per un signore italiano. E nella piazza di Gioia Tauro lui – come Sambou, Moussa e gli altri ragazzi qui attorno – sono il tesoretto per il reddito di cittadinanza che la’ndrangheta da tempo ha istituito nella zona. 

Funziona così, come spiega un Ufficiale della Guardia di Finanza:

«La ‘ndrangheta individua i terreni e chiede il finanziamento all’Europa. Li incassa. Dopodiché finge di assumere braccianti: non li paga ma versa loro i contributi in modo tale che dopo 50 giornate scatti il diritto ad ottenere la disoccupazione. Il resto delle giornate i finti braccianti le passano in malattia. In questa maniera la ‘ndrangheta incassa i fondi dall’Europa e il consenso sul territorio, stipendiando migliaia di persone senza farle lavorare».

Per rendere l’idea: negli ultimi dodici mesi a Reggio il Comando Provinciale ha scoperto 1.833 falsi braccianti che hanno incassato indebitamente 11 milioni di euro dall’INPS, che a sua volta ha versato indebitamente 9 milioni e mezzo alle aziende. Sono 20 milioni e mezzo di euro in un anno, soltanto i questa provincia, rubati nelle campagne allo Stato. Perché tanto a lavorare ci pensa Samba. Ci pensava Soumayla.

«È morto un fratello, viviamo da schiavi e il problema siamo noi»

ripetevano ieri mattina in corteo. E dunque i lavoratori scioperano e poco importa se per strada gli automobilisti li insultavano:

«Andate a lavorare!»,

urlavano nelle strade di una città che negli ultimi anni ha avuto tre scioglimenti per mafia.

«Chissà se hanno lavorato mai quanto questi ragazzi»,

si chiede il Sindaco di san Ferdinando, Andrea Tripodi, che ha aperto le porte del Municipio per far incontrare gli uomini dello Stato e gli amici di Sacko.

«Siamo qui» dice il Prefetto, Michele Di Bari.

«Nella tendopoli abusiva c’erano duemila persone appena un anno e mezzo fa. Oggi ne sono rimaste cinquecento, le altre sono nella nuova struttura che è provvisoria, per carità, ma è dignitosa: ci sono acqua e bagni, badge per entrare e uscire. È difficile, ma noi vogliamo dirvi che ci siamo».

[…] «Abbiamo paura del razzismo», dicono. Di quelli che, come forse ha pensato l’assassino di Sacko, dicono “i negri non li vogliamo” e sparano. Tu dici che sparava se in mezzo a quelle lamiere ci fosse stato un bianco? Ma abbiamo fiducia nello Stato. Per questo vogliamo sapere chi lo ha ammazzato.

«Lavoriamo con loro da anni»,

Nadia Lucisano è uno di quei fiori che spuntano in mezzo agli sterpi dei caporali. Lei e altri hanno creato una Hospitality School, insegnano italiano a questi ragazzi in prefabbricati realizzati con donazioni arrivate dall’Europa del Nord.

«Non li assumono per lavori che non siano agricoli. Non gli affittano case normali, nemmeno catapecchie perché dicono che puzzano. Eppure hanno tende ulite come fossero tavoli da pranzo, e prima di venire a scuola, dopo il lavoro, devono assolutamente lavarsi».

Qui il mondo è da vedersi tutto a testa in giù, come fanno quelli che raccolgono i pomodori. I luoghi comuni sono fatti per essere ribaltati. Sono irregolari?

«Su 553 persone visitate – dice l’ultimo rapporto di

 Medu (Medici per i Diritti Umani) che qui nella piana hanno un presidio fisso – il 79,4% ha un permesso».

Dunque sono regolari. Rubano i soldi degli italiani?

«Tra i falsi braccianti non abbiamo trovato nemmeno un extracomunitario» dice la Finanza. Hanno un contratto regolare di lavoro?

«L’80%, no».

Spiegano al sindacato dove conservano un vecchio articolo di giornale. Racconta di quattro ragazzi, tre minorenni, che un anno fa, qui vicino, a Rosarno,

«armati di catene, bastoni, coltelli» andavano a caccia di neri.

 

Print Friendly, PDF & Email


Comments are closed.


%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: