L’Illuminismo e il diritto all’istruzione

by gabriella

Nicolas de Condorcet (1743-1794)

Il pensiero pedagogico dell’Illuminismo francese si sviluppa nel quarto di secolo che intercorre tra la cacciata dei Gesuiti da Parigi (1762) e la Rivoluzione (1789).

Dopo il 1791, il punto di riferimento obbligato del dibattito politico sull’educazione è l’articolo della Costituzione che impegna la repubblica a creare «un’istruzione pubblica, comune a tutti i cittadini, gratuita nelle parti indispensabili a tutti gli uomini».

La focalizzazione sull’istruzione popolare riflette la generale convinzione che l’istruzione rappresenti il più potente strumento di cambiamento sociale e politico e che ogni cambiamento non accompagnato dall’istruzione popolare sarebbe stato effimero.

Nell’eredità di questo dibattito possono essere rintracciate le origini della modernità politica e della scuola repubblicana.

 

Indice

1. Il dibattito prerivoluzionario e la riflessione illuminista sul sapere e sulla scuola

1.1 Il contributo del sensismo
1.2
Lo scioglimento dell’ordine gesuita e la riforma della scuola nazionale
1.3 De La Chalotais e Rolland d’Erceville: un’istruzione laica, statale e per l’élite
1.4 Hélvetius: l’educazione per il raggiungimento della felicità
1.5 Voltaire: il sapere come esercizio della critica
1.5 Diderot e D’Alembert: la raccolta e la diffusione di un sapere utile all’uomo

2. Rivoluzione ed educazione

2.1 Condorcet: l’istruzione come strumento di realizzazione dell’eguaglianza
2.2 Le proposte sulla scuola della Convenzione


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1. Il dibattito prerivoluzionario e la riflessione illuminista sul sapere e sulla scuola

1.1 Il contributo del sensismo

Condillac (1715 – 1780)

Il dibattito sull’educazione si fa strada negli anni ’60 del XVIII secolo a partire dalle premesse filosofico-culturali dei sensisti.

Rigettando le tesi del peccato originale e delle idee innate, Condillac, Helvétius ed altri rifiutavano l’idea dell’immutabilità della personalità, concependo uno stretto rapporto tra ambiente e formazione della persona. Gli individui vengono al mondo come tabulae rasae incise poi dall’esperienza.

Individui e popoli potevano quindi essere reimmaginati e formati, cosa che assegnava una nuova centralità all’istruzione. Allo stesso tempo, i concetti di volontà divina e provvidenza cedevano il posto a quelli di azione e scelta umana nella creazione dell’ordine sociale e del bene comune.

La società e la nazione cominciarono così ad essere viste come prodotti del volere umano, cioè entità attivamente costruite attraverso l’azione politica al cui centro era la scuola e l’attività educativa, in quanto capaci di formare il carattere, i gusti e i costumi del popolo.

In questo modo, le idee educative e di possibile riforma della scuola si legarono alla visione di ciò che lo stato poteva o doveva diventare, in cui la scuola rappresentava il ponte tra il possibile e il reale.

 

1.2 Lo scioglimento dell’ordine gesuita e riforma della scuola nazionale

1762, cacciata dei gesuiti da Parigi

Nei due secoli dalla sua fondazione, la Compagnia di Gesù si era dedicata specificamente alla formazione delle élite e ad una intensa attività missionaria conquistando grande influenza e potere economico.

A metà del ‘700, i conflitti tra potere monarchico e papato li videro protagonisti dal Portogallo alla Francia all’Austria che li espulsero progressivamente dopo scandali economici o accuse politiche. In Francia, nel 1762, l’accusa di bancarotta fraudolenta al gesuita Antoine La Vallette si trasformò in una più generale riprovazione dell’educazione impartita ai giovani considerata moralmente discutibile da giansenisti e gallicani e gli appartenenti all’Ordine furono allontanati da Parigi.

Il 1762 è però anche l’anno della pubblicazione dell’Émile di Rousseau, coincidenza che coglie significativamente il passaggio da una riflessione pedagogica prevalentemente teorica alla necessità di calarla in concrete proposte di riforma del sistema educativo francese, già presidiato dai religiosi.

Dopo l’espulsione dei gesuiti, uomini dell’amministrazione, politici e cittadini comuni diedero quindi vita a un’ampia ricognizione di ciò che la scuola era e ciò che avrebbe dovuto diventare, avviando la riflessione sulla relazione tra educazione ed ordine politico.

 

1.3 De La Chalotais e Rolland d’Erceville: un’istruzione laica, statale e per l’élite

Louis-Réné de Caradeuc de La Chalotais (1701 – 1785)

la rivendicazione di un’istruzione statale contro quella privata e religiosa

Procuratore generale al parlamento di Bretagna, Louis-Réné de Caradeuc de La Chalotais divenne celebre per la sua battaglia contro i gesuiti, alla cui espulsione contribuì con un suo scritto del 1761 in cui accusa i chierici di «servire un fine ultraterreno necessariamente nemico delle nostre leggi» e rivendica il diritto dello stato di istruire i propri membri a vantaggio della nazione. 

Le sue idee in materia d’educazione sono espresse nell’Essai d’éducation nationale  del 1763.

Vicino ai philosophes, nel Saggio sull’educazione nazionale criticò l’arretratezza didattica della scuola francese e l’influenza degli ecclesiastici, rappresentando anche il timore che la diffusione dell’educazione portasse all’abolizione del privilegio e alla sovversione dell’ordine sociale:

il bene della società richiede che le conoscenze del popolo non si estendano oltre le loro attività.

Per il commissario alla riorganizzazione dell’istruzione dopo l’espulsione dei gesuiti Rolland d’Erceville, l’educazione popolare era la chiave di ogni progresso sociale che poteva essere perseguito solo attraverso l’uniformazione del pensiero e dei comportamenti. Sostenne, tuttavia, che l’educazione non dovesse essere fornita a tutti nello stesso modo, perché le distinzioni naturali dovevano essere riconosciute.

Nasce, quindi, proprio con La Chalotais e Rolland d’Erceville, che la temono, un dibattito sulla funzione emancipatrice dell’educazione che coinvolgerà tutti i protagonisti della rivoluzione [si ricordi l’autodifesa di Comenio sulla neutralità sociale dell’educazione dei poveri, che l’Illuminismo fa saltare].

 

1.4 Claude Adrien Helvétius: l’educazione come via per la felicità

Claude Adrien Hélvetius (1715 – 1771)

In Dello Spirito, Helvétius (1715-71) sottolinea il forte rapporto tra ambiente e sviluppo della personalità e chiede perciò una riforma sociale e politica in grado di assicurare un positivo sviluppo della personalità umana.

Scopo dell’educazione è dunque per Helvetius il raggiungimento della felicità. 

Nell’opera, il filosofo indica nel monopolio educativo della Chiesa è un ostacolo al raggiungimento di questo fine, la corruzione generale mostra infatti che la Chiesa non ha saputo assolvere al suo compito. Spetta invece allo stato rendere gratuita e obbligatoria la scuola per tutti, riformando le leggi e migliorando le condizioni dei poveri. E’ la miseria infatti che non permette di essere virtuosi: non si è delinquenti per natura, la miseria è la condizione che inclina al crimine.

 

1.5 Voltaire: il sapere come esercizio della critica

François-Marie Arouet (1694 – 1778)

E’ dimostrato, diceva, che le cose non possano essere altrimenti,
perché essendo tutto volto a un fine, tutto è necessariamente per il meglio.

Voltaire, Candide, I, 45.

Lo scrittore e polemista borghese François-Marie Arouet, detto Voltaire (1694-1778), è uno dei philosophes più influenti e uno dei rappresentanti più eminenti dell’illuminismo francese. Vicino all’idea di La Chalotais di un’educazione riservata alle élite, Voltaire utilizza il saggio breve e il racconto per ironizzare ferocemente sui vizi dell‘ancien régime e su un’educazione avulsa dalla realtà e informata all’ottimismo metafisico di una vuota scolastica leibniziana.

Il terremoto di Lisbona, 1755

Nel romanzo pedagogico Candide (1759), Voltaire narra la storia del giovane Candido, fiducioso allievo del filosofo leibniziano Pangloss (etimologicamente “tutto lingua”) che lo istruisce a una lettura ottimistica del mondo i cui mali sono visti come momenti di un disegno superiore. Contro ogni apparenza contraria, noi dunque viviamo «nel migliore dei mondi possibili».

La teodicea di Pangloss, ferocemente irrisa da un Voltaire inorridito dalla distruzione del terremoto di Lisbona (1755), si scontra con le grottesche disavventure di Candido che ne trarrà la morale che Dio è indifferente ai mali del mondo e che all’uomo non resta che migliorare la propria condizione attraverso il superamento dell’ignoranza e l’uso della ragione:

Tutti gli eventi sono intrecciati nel migliore dei mondi possibili: perché in fondo se voi non foste stato cacciato da un bel castello a calcioni nel sedere per amore di madamigella Cunegonda, se non foste stato perseguitato dall’Inquisizione, se non aveste dovuto percorrere l’America a piedi, se non aveste dato un bel colpo di spada al barone, se non aveste perso tutte le vostre pecore del buon paese di Eldorado, voi non mangereste oggi qui canditi e pistacchi. Ben detto, rispose Candido, ma bisogna coltivare il nostro giardino [Candide, XXX, 155].

 

1.6 Denis Diderot, Jean D’Alembert: la raccolta e la diffusione di un sapere utile all’uomo

Denis Diderot (1713-1784) e Jean d’Alembert (1717-1783)

Quel riferimento alla coltivazione con cui Candido conclude la sua storia, allude alla diffusione di un sapere utile all’uomo, frutto dell’esercizio critico della ragione e capace di far trionfare i Lumi sull’oscurantismo religioso. Si tratta del progetto incarnato dall’Encyclopédie, con il quale i suoi autori affermano il primato del sapere scientifico, critico e antimetafisico, contro il pedantismo umanistico.

La grande Enciclopedia francese era stata ispirata dal Dictionnaire des arts et des sciences pubblicato a Londra nel 1728 da Ephraïm Chambers. Nella raccolta e costruzione delle voci, Diderot si occupò delle lettere, mentre D’Alembert delle matematiche.

Diderot e D’Alembert coinvolsero Voltaire, Helvétius, Condillac e d’Holbach per la filosofia, Duclos e Montesquieu per la letteratura, Turgot, Necker, Quesnay e Condorcet per l’economia politica, per la musica Jean-Jacques Rousseau che scrisse anche la voce Economia politica, per la storia naturale, infine, Buffon.

Oltre al suo impegno nell’Enciclopedia, nel 1770 Diderot redasse per la zarina Caterina II di Russia il Piano di un’Università per il governo di Russia che costituisce una delle prime proposte illuministe di riforma del sistema scolastico centrata sull’idea che l’educazione debba promuovere la felicità dell’individuo e bandire verbalismo e classicismo atti a formare solo preti e filosofi. La scuola dovrà impartire invece un sapere utile, strumento di comprensione della realtà e di inserimento sociale.

 

2. Educazione e rivoluzione

2.1 Il diritto all’istruzione

Maximilien Robespierre (1758-1794)

Dopo il 1791, il punto di riferimento obbligato del dibattito politico sull’istruzione è l’articolo della Costituzione che impegna la Repubblica a creare

un’istruzione pubblica, comune a tutti i cittadini, gratuita nelle parti indispensabili a tutti gli uomini.

Diritto del cittadino e dovere per lo stato dal 1789 e dalla Costituzione del 1791, gli uomini, i politici e i teorici che presero la parola negli anni della rivoluzione erano consapevoli che il progetto rivoluzionario poteva realizzarsi solo con la creazione di un sistema di “pubblica istruzione”. 

La focalizzazione sull’istruzione popolare rifletteva la generale convinzione che l’istruzione rappresentasse il più potente strumento di cambiamento sociale e politico e che ogni cambiamento sociale politico non accompagnato dall’istruzione popolare sarebbe stato effimero.

Jean-Jacques Rousseau (1712 – 1778)

Di questa convinzione è portatore Rousseau, sebbene attraverso l’ideale ritorno alla spontaneità dell’homme naturel dell’Emilio. Nella voce “Economia politica” curata per l’Enciclopedia, il ginevrino nota inoltre che

L’educazione pubblica sotto regole prescritte dal governo e magistrati designati dal sovrano è uno degli elementi fondamentali di un governo popolare o legittimo, 

e che, preannunciando il dibattito rivoluzionario,

l’educazione nazionale non appartiene che agli uomini liberi [Considerations sur le gouvernement de la Pologne, 1771].

Il dibattito rivoluzionario sull’istruzione è stato vasto e potente. In questo scenario polifonico che accoglie radicali e futuri regicidi, filomonarchici ed émigrés, anticlericali e devoti, giovani e vecchi, uomini colti e illetterati, la scuola è stata lo sfondo di speranze e inquietudini che hanno definito lo spartiacque tra il prima e il dopo della rivoluzione. Nella sua eredità possono essere trovate le origini della modernità politica e della scuola repubblicana.

Charles Maurice de Talleyrand (1754-1838)

Gabriel de Mirabeu

Tra le figure degne di menzione, Gabriel-Honoré de Mirabeu si inserì nel dibattito caldeggiando un’istruzione statale e il diritto del cittadino a riceverla, ma senza obbligatorietà né gratuità.

Nel Rapport sur l’instruction publique del 1791, Talleyrand dichiarò invece che la costituzione e la rivoluzione non avrebbero avuto alcun senso se l’educazione non garantisse l’uguaglianza attraverso il perfezionamento del corpo politico. Difese quindi la gratuità della scuola, ma non la sua obbligatorietà, nel rispetto della libertà individuale.

 

2.2 Condorcet: l’istruzione come strumento di realizzazione dell’eguaglianza

Nicolas de Condorcet (1743-1794)

Condorcet, matematico, filantropo e accademico di Francia, è l’intellettuale che tenta di estendere e dare la più ampia attuazione all’articolo della Costituzione che impegna la Repubblica a creare un’istruzione pubblica comune a tutti i cittadini.

Eletto all’Assemblée nationale, nel 1792 redige per il dibattito legislativo le Cinque Memorie sull’istruzione pubblica e il Rapporto sull’istruzione pubblica che doveva organizzare la riforma dell’educazione, ma che non verrà mai discusso per l’incalzare degli eventi che travolgono lo stesso Condorcet (nel 1794 è arrestato e viene trovato morto in cella).

Quella di Condorcet è la teoria più completa della scuola repubblicana pensata nella sua complessità e in rapporto con la sovranità popolare, cioè con l’idea che l’istruzione pubblica sia l’unico strumento capace di rendere effettivo l’esercizio universale (donne incluse) dei diritti di libertà ed eguaglianza.

Scampia, le Vele

L’istruzione pubblica è un dovere della società verso tutti i cittadini. Vanamente avremmo dichiarato che tutti gli uomini hanno gli stessi diritti, vanamente le leggi sarebbero informate a questo principio cardinale d’eterna giustizia, se la diseguaglianza delle facoltà morali impedisse ai più di godere di questi diritti in tutta la loro estensione.

Lo stato sociale diminuisce necessariamente la diseguaglianza naturale, facendo concorrere le forze comuni al benessere degli individui.

Per Condorcet, nessuna fede e nessun credo devono essere insegnati a scuola, perché:

«nessun potere pubblico deve avere l’autorità di impedire lo sviluppo di verità nuove o l’insegnamento di teorie contrarie alla sua particolare politica» (l’insegnamento deve basarsi sui fatti e non su opinioni politiche o religiose).

 

2.3 Le proposte sulla scuola della Convenzione

Arresto di Robespierre

L’arresto di Robespierre

Louis-Michel_Lepeletier_de_Saint-Fargeau (1760 – 1793)

Il dibattito rivoluzionario svilupperà, come è noto, due blocchi, uno di tendenza liberale e moderata, l’altro di tendenza radicale e giacobina. Il primo pensò a una riforma della scuola che ne migliorasse la qualità attraverso l’istituzione di “scuole normali per la formazione dei maestri e si prefisse la sola gratuità dell’istruzione; il secondo concepì una scuola laica, gratuita e democratica (Costituzione del 1793) e si prefisse di metterla a disposizione di tutti i cittadini.

Per alcuni giacobini, come Michel Lepélétier, l’educazione comune doveva coprire obbligatoriamente tutta l’istruzione primaria, con lo scopo di

incidere profondamente nei cuori i sentimenti della fraternità universale, in contrasto al regime esclusivo ed egoista della famiglia.

Tutti, senza distinzione e senza eccezioni, saranno allevati in comune in collegi, «maison d’éducation», e sotto la sana legge dell’uguaglianza riceveranno gli stessi abiti, lo stesso cibo, la stessa istruzione, le stesse cure».

La tesi di un’educazione comune del sentimento nazionale, pure sostenuta da Robespierre, non prevalse nel dibattito giacobino che puntò invece sull’istruzione popolare e su un’educazione della ragione. La Convenzione diede dunque impulso all’apertura delle scuole primarie.

Il Direttorio e la politica scolastica termidoriana fecero scomparire rapidamente i principi della gratuità, dell’obbligatorietà e della universalità dell’istruzione pubblica. Rifiorì invece l’istruzione privata mentre quella primaria tornava in gran parte in mano alla Chiesa.

mappa

 

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