Lo screening per il rilevamento dei DSA nella scuola secondaria superiore. La dislessia nella scuola secondaria di secondo grado

by gabriella

Screening: che cosa è?

Con il termine screening si intende una metodologia di rilevazione che è in grado di predire un disturbo sulla base della presenza di un segno critico selezionato in precedenza (test predittivo). Il test predittivo misura un fattore di rischio per il disturbo ed è basato sull’assunzione che il  risultato del test indica una condizione di rischio che causa una condizione di disturbo.

Lo screening non ha le pretese di evidenziare in modo inequivocabile un disturbo, ma di individuare, con buon livello di attendibilità, i soggetti a rischio di un determinato disturbo. Non si tratta di effettuare una diagnosi, ma piuttosto di indirizzare ad uno studio diagnostico una popolazione che presenta alcuni indici caratterizzanti. Per essere efficace un test di screening deve essere semplice, rapido da somministrare e poco costoso, sia in termini di strumentazione che di impiego di risorse specialistiche.

A.Paoletti, G.Stella, Indici qualitativi di rischio negli screening sui disturbi specifici di apprendimento, “Dislessia “,vol. I, gennaio 2008.

La dislessia nella scuola secondaria di secondo grado

Con il recente innalzamento dell’obbligo scolastico, anche all’interno della Scuola Secondaria Superiore, così come negli altri gradi d’istruzione scolare, gli insegnanti devono confrontarsi sempre più spesso con la presenza di un considerevole numero d’alunni in situazione di disagio scolastico e sociale, rispetto ai quali molto spesso i docenti stessi non riescono a riconoscere le cause, a progettare adeguamenti della didattica, a determinare e adottare i corretti comportamenti educativi.

Così alunni con situazioni di disagio familiare, con difficoltà cognitive, con Disturbi Specifici di Apprendimento (DSA), con scarsa motivazione, tutti con lunghe storie d’insuccesso scolastico, sono spesso accomunati dagli insegnanti, che li definiscono come alunni a rischio, difficili, demotivati, non adeguatamente seguiti o, al contrario, viziati dalle famiglie.

Gli studi sulle cause dell’insuccesso scolastico di ragazzi del primo biennio delle superiori evidenziano inoltre come una serie di fattori, concorrenti con le difficoltà oggettive, acuiscano le problematiche dei ragazzi in questa fase: spesso essi non hanno chiari gli obiettivi da perseguire nel miglioramento del proprio processo d’apprendimento, non percepiscono la scuola come occasione di progresso e il progresso come utilizzo consapevole e attivo delle proprie risorse cognitive, ma solo come qualcosa di non controllabile. Le emozioni in gioco nei processi d’apprendimento sono spesso negative (ansia, disorientamento, confusione) e il ragazzo si percepisce semplicemente come non competente nell’affrontare i compiti (Pellerey, 1996).

La crisi della scuola media superiore è sicuramente riconducibile in gran parte alla complessa fase psicologica in cui si trovano gli studenti di quella fascia di età, e in parte alla crisi di trasformazione sociale della nostra società, ma tutto ciò non può bastare per spiegare le difficoltà di apprendimento che incontrano alcuni ragazzi. Si può ipotizzare che alcuni di questi alunni abbiano delle generali difficoltà d’apprendimento, altri dei Disturbi Specifici di Apprendimento, altri ancora una mancanza di consapevolezza e controllo delle proprie capacità rispetto all’apprendimento.

I Disturbi Specifici di Apprendimento sono stati finora scarsamente riconosciuti, a livello scolastico superiore, come una delle principali cause di insuccesso, dispersione scolastica e disagio/devianza giovanile. Infatti la varietà delle manifestazioni (dislessia, disgrafia, disortografìa…) e il fatto che in questa fase della scolarizzazione i ragazzi compensino o cerchino di nascondere le proprie difficoltà, ostacola gli insegnanti nel riconoscere il comune denominatore, costituito dal Disturbo Specifico di Apprendimento. La scarsa informazione sulla dislessia evolutiva è dovuta sia a mancata conoscenza specifica del problema presso gli insegnanti, sia al fatto che fino a pochi anni fa gli studenti dislessici abbandonavano gli studi alla fine della licenza media. Attualmente proseguono il percorso d’istruzione secondaria e pongono nuovi interrogativi ai docenti, affinché l’offerta scolastica possa loro garantire il successo formativo.

La dislessia nella Scuola Secondaria di secondo grado
Gli studi sullo sviluppo delle capacità di lettura nei soggetti italiani (Tressoldi, 1996) mostrano un continuo sviluppo delle capacità di lettura ad alta voce, sia in termini di rapidità che in termini di accuratezza. La velocità di lettura progredisce in maniera abbastanza omogenea di circa Vi sillaba al secondo per ciascun anno scolastico, fino alla terzo anno della scuola secondaria di primo grado, in cui raggiunge, nella lettura del testo, la velocità di circa 6 sillabe/secondo. Alcune ricerche, non ancora pubblicate condotte da Stella, attestano che, dopo la 3A media, la progressione nella velocità di lettura ad alta voce tende a fermarsi di colpo, probabilmente a causa del “tappo” costituito dalla velocità di articolazione che impedisce di accelerare ulteriormente la lettura ad alta voce senza renderla incomprensibile. I tempi di lettura ad alta voce di uno studente di 3A media sono comparabili con quelli di uno studente universitario. Dunque l’acquisizione della capacità di lettura ad alta voce, intesa come padronanza del processo di decodifica, può considerarsi completata al termine della 3A media. Un lettore di 3A media può a tutti gli effetti essere considerato un adulto e quindi a lui possono essere applicate le categorie applicabili all’adulto.

Come evolve la dislessia evolutiva negli adulti? Stella (2004) riferendosi a ricerche condotte all’estero, riporta la distinzione in tre categorie: dislessici recuperati, compensati e persistenti. I primi non mostrano più alcuna difficoltà di lettura e, anche ai test specialistici, le loro prestazioni non sono distinguibili da quelle dei soggetti normolettori. Di solito recuperano entro il termine della scuola secondaria inferiore e dunque non rappresentano un problema visibile per le scuole superiori.

I dislessici compensati sono la categoria più numerosa, in quanto rappresentano almeno la metà dei dislessici. Costituiscono un gruppo eterogeneo che continua a lamentare difficoltà soggettive nella lettura (affaticamento, difficoltà di comprensione, etc.) e anche ai test, pur mostrando un discreto recupero rispetto alle prestazioni deficitarie dei dislessici persistenti, continuano a presentare risultati inferiori alla media. I dislessici compensati evidenziano una caratteristica particolare e cioè leggono in modo significativamente migliore le parole e il testo, rispetto alle pseudo-parole. In questa prova evidenziano sia lentezza che inaccuratezza. In pratica questa caratteristica qualifica il loro profilo in quanto essi dimostrano di non aver corretto le difficoltà di decodifica, ma si averle solo compensate per via lessicale. Il grado di abilità raggiunto consente loro di leggere e, in teoria di studiare, anche se un consistente ostacolo è rappresentato dalle parole dei lessici speciali, molto frequenti nei testi di studio. Queste parole vengono trattate come pseudo parole, in quanto, non essendo depositate nel lessico, o comunque non comparendo frequentemente, debbono essere decodificate in modo analitico, mettendo alla prova la strategia di lettura che risulta ancora deficitaria anche nei dislessici compensati.

Lo studente della Scuola Secondaria Superiore con dislessia, anche con dislessia compensata, si trova dunque spesso in situazione di difficoltà rispetto alla decodifica di parole nuove (specie se si tratta di lessico specialistico e scientifico), di sigle e formule, rispetto a ragionamenti formali e astratti (come la dimostrazione di teoremi matematici) e di fronte alle lingue straniere in forma scritta. Inoltre lo studente dislessico compensato, a causa dello sforzo che compie per leggere, tende a leggere i testi una sola volta, ad avere difficoltà di comprensione e organizzazione dello studio individuale, nonché ad isolarsi e a sentirsi diverso dagli altri.

I dislessici persistenti mantengono invece consistenti difficoltà di lettura sia nel testo che nelle parole (sia per il parametro velocità che in quello di accuratezza), e dunque non sono in grado di leggere ad una velocità sufficiente per comprendere il testo e quindi per studiare.
In genere i dislessici persistenti a causa delle loro evidenti difficoltà, vengono riconosciuti come soggetti con disabilità di apprendimento dagli insegnanti di scuola media superiore, anche se non sempre appare chiaro il motivo di queste difficoltà, mentre le difficoltà di scolarizzazione dei dislessici compensati sono più difficili da identificare. In considerazione delle difficoltà che possono presentare i soggetti dislessici compensati o i dislessici persistenti i docenti di questo grado di scuola iniziano ad avvertire sempre più l’esigenza di essere informati, formati e supportati rispetto alle caratteristiche, all’entità, alle manifestazioni dei Disturbi Specifici di Apprendimento nella popolazione scolastica del proprio Istituto.

G. Lampugnani, G. Stella, G. Caiazzo, Introduzione a Un’esperienza di screening per l’individuazione di soggetti a rischio DSA ed intervento di formazione dei docenti nella Prima Classe della Scuola Secondaria Superiore, in “Dislessia”, anno 3, n.l, pp. 37-48, 2006.

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