Posts tagged ‘aisthesis’

8 Marzo, 2013

Italo Testa, Giustizia poetica

by gabriella

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In questo bellissimo studio pubblicato su Le parole e le cose, Italo Testa spiega il senso di quella giustizia senza nome, dell’utopia che aspira alla perfezione, cioè alla felicità e alla piena individuazione che, seguendo Thomas Rymer, chiama poetic justice.

E’ un ideale consapevolemente individualista, quello di Testa, storicamente più vicino a quello di Robespierre («i popoli non emettono sentenze, scagliano la folgore») che a quello di Marx, cioè allo slancio morale del dover essere più che alla prometeica lotta per la costruzione della realtà («un’epoca sorgerà carica di sole» Walter Benjamin).

La vita immaginata

Nella sua Teoria del Romanzo György Lukács ha scritto una volta dei «fini utopistici di tutte le filosofie»[1]. La questione dell’utopia eccede così i limiti, il corsetto spagnolo della politica, abbracciando l’intera impresa del pensiero. Ed è forse nella metafisica, più che altrove, che si installa l’elemento utopico. Non è del tutto casuale che l’utopia politica, che altro non è che una manifestazione particolare dello spirito utopico, abbia trovato la sua formulazione originaria nel centro dell’impresa platonica che per prima ha indagato la possibilità di un sapere metafisico. La topologia metafisica è così illuminata dalla fonte utopica. E il fine utopistico della metafisica potrebbe essere afferrato se fossimo in grado di cogliere il ruolo giocato dall’immaginazione al suo interno.

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17 Dicembre, 2011

Jacques Rancière, La rupture c’est de cesser de vivre dans le monde de l’ennemi (“rottura” è smettere di vivere nel mondo del nemico)

by gabriella

Dialogo con Aistesis, l’ultima pubblicazione di Jacques Rancière (Paris, Galilée, 2011), nella quale il filosofo traccia una contro-storia della modernità individuando la contraddizione politica che ne è al centro.

Interview avec «Aisthesis», le philosophe Jacques Rancière trace une contre-histoire de la modernité et pointe la contradiction politique qui est au cœur de celle-ci.

Par ERIC LORET

Alors que la «fin de l’esthétique» a été proclamée depuis longtemps par la philosophie analytique, vous publiez un essai baptisé Aisthesis.. Mentre è stata proclamata da tempo la “fine dell’estetica, lei pubblica un saggio che si chiama Aisthesis ..

Il y a certes une critique de l’esthétique, depuis un certain nombre d’années, et pas seulement chez les analytiques, mais aussi chez d’autres philosophes, comme Alain Badiou. L’esthétique serait en effet un discours parasite de la philosophie sur les pratiques des arts. Si l’on est philosophe analytique, on prouve toujours que ce parasitage est le fait de gens qui ne connaissent rien à la pratique, rien au langage, rien à rien, et qui par conséquent manquent d’interroger les formes mêmes de production du discours et des œuvres. Mon propos n’est pas de défendre l’esthétique comme discipline, mais de dire que l’esthétique n’est justement pas une discipline qui s’occuperait des œuvres d’art. Elle est un régime de perception, de pensée et, contrairement à ce qu’on répète souvent, il n’y a pas d’art s’il n’y a pas un ensemble de modes de perception, de formes du jugement qui permettent de dire «ceci est de l’art» ou «ceci appartient à tel ou tel art». Fondamentalement, pour moi, même si l’on peut dire qu’il y a une histoire de l’esthétique comme discipline, qui commence à la fin du XVIIIe siècle, cette émergence n’est elle-même qu’un élément d’une configuration qui touche aux modes de perception, aux formes d’intelligibilité. «Esthétique» est donc à penser comme ce que j’ai appelé un «régime d’identification» de l’art. C’è sicuramente una crisi dell’estetica, da un certo numero di anni, e non soltanto tra gli analitici, ma anche presso altri filosofi come Alai Badiou. L’estetica sarebbe, in effetti, un discorso parassita della filosofia sulle pratiche dell’arte. Se si è filosofi analitici, si prova sempre che questo parassistismo è il fatto di gente che non conosce niente della pratica, niente del linguaggio, niente di niente e che di conseguenza manca di interrogare le forme stesse della produzione del discorso e dele opere. Il mio scopo è di difendere l’estetica come disciplina, ma di dire che l’estetica non è, in effetti, una disciplina che si occupa di opere d’arte. E’ invece un regime di percezione, di pensiero, e contrariamente a ciò che si ripete spesso, non c’è arte se manca un insieme di modi di percezione, di forme di giudizio che permettono di dire «questa è arte» o«ciò appartiene a questa o quell’arte». Fondamentalmente, per me, anche s si può dire che c’è una stoira dell’estetica come disciplina, che comincia alla fine del XVIII° secolo, questa emersione stessa non è che un elemento di una configurazione che tocca i modi della percezione, le forme di intelligibilità. L’«estetica» è dunque da pensare come ciò che io chiamo «un regime di indentificazione» dell’arte.

Il n’est donc pas question ici de l’expérience esthétique kantienne… Perciò non è in gioco qui l’esperienza estetica kantiana ..

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