Posts tagged ‘CIE’

27 Aprile, 2016

Davide Cadeddu, CIE e complicità delle organizzazioni umanitarie

by gabriella

cieDomani, a Perugia, discutiamo con l’autore del saggio sui Centri di Identificazione ed Espulsione e la complicità delle organizzazioni umanitarie, dell’evoluzione delle retoriche che hanno accompagnato la cooptazione delle associazioni che si occupano dell’assistenza ai migranti e richiedenti asilo. Mio il compito di introdurre la discussione.

Il giorno dopo il dibattito con l’autore, posso dire che non scorderò questo incontro.

Noi non ce le abbiamo le risposte alle domande che pongono i politici sugli stranieri, sul crimine, sulla sicurezza. Semplicemente perché sono queste domande ad essere mal poste. Secondo noi, non si tratta di domandarsi cosa lo stato debba fare dei richiedenti asilo, dei senza-documenti, dei “clandestini-criminali”. Bisognerebbe invece domandarsi: lo vogliamo un mondo che rinchiude gli esseri umani dentro a delle frontiere, a delle leggi e alle mura delle prigioni? Lo vogliamo un ordine sociale che consegna gli uomini e le donne a uno sfruttamento senza posa, che li imprigiona per mesi e li deporta perché non hanno i documenti di identità in ordine? La vogliamo una società che controlla, che isola, che aliena, che umilia e che, alla fine, toglie ogni umanità?

Letto sui muri di Torino, novembre 2010

La tesi di CIE e la complicità delle organizzazioni umanitarie è che il sistema dei campi con le sue pratiche di liquidazione e annientamento dell’individuo non è finito con la liberazione di Mathausen del 5 maggio 1945, ma si perpetua nei Centri di Identificazione ed Espulsione, ripetendosi

nella quotidianità di una società totalmente amministrata che, nominalmente antifascista e democratica, ha in realtà ereditato il progetto di esproprio totale dell’individuo [p. 9].

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1 Gennaio, 2014

Emilio Quadrelli, L’esclusione ovunque. Loïc Wacquant, Sull’incarcerazione degli immigrati nell’Unione Europea

by gabriella

In questo bellissimo scritto apparso su Outlet [n. 2, 2002, pp. 33-38], Emilio Quadrelli riflette sul cambiamento del regime di governamentalità delle società contemporanee che si esprime nel passaggio dal far vivere e lasciar morire al lasciar morire e far vivere. Il mondo della prigione, dei CIE, dell’esclusione, sono ancora, come ha insegnato Michel Foucault, gli indicatori più preziosi della condizione e dei mutamenti dell’intero corpo sociale.  

I borghesi hanno ottime ragioni per attribuire al lavoro una soprannaturale forza creativa, poiché proprio dalla natura condizionata del lavoro risulta che l’uomo, possessore soltanto della propria forza – lavoro, deve essere, in tutte le condizioni sociali e culturali, schiavo di altri uomini che si sono resi proprietari delle materiali condizioni di lavoro.

K. Marx, Critica al programma di Gotha

Intorno al carcere, alla sua storia e funzione, sono state scritte intere biblioteche […]. Il carcere non è, come certa letteratura di genere (prendiamo su tutti i romanzi di Edward Bunker) ama mostrare, un mondo a sé con regole e retoriche diverse e distanti dai mondi sociali esterni bensì la sintesi, portata sino alle estreme conseguenze, del mondo che lo circonda. Il carcere è esattamente lo specchio, neppure troppo deformato, del mondo cosiddetto normale. Questo, chiaramente, non significa che tra dentro e fuori non esistano differenze ma, più realisticamente, che le regole e i modelli della prigione sono i medesimi della società circostante. Parlare del carcere, quindi, significa parlare dei modelli sociali nei quali siamo immessi. Ciò è vero sia per quanto riguarda la società ufficiale e legittima, ossia quella che utilizza e gestisce il carcere, sia per quanto riguarda la parte deputata a subirlo e ad abitarlo. Il carcere, non diversamente da qualunque altro ambito sociale, non può che essere l’effetto di una condizione storicamente determinata.

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