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29 Agosto, 2017

Giorgio Agamben, Che cos’è il contemporaneo

by gabriella

Giorgio Agamben

Il testo della lezione inaugurale del corso di Filosofia Teoretica dell’a.a. 2006-2007 che Agamben ha tenuto presso la Facoltà di Arti e Design dello IUAV di Venezia.

Contemporaneo è l’inattuale, osserva il filosofo, colui che sa vedere «come un male, un inconveniente, un difetto, qualcosa di cui la sua epoca va giustamente orgogliosa» [F. Nietzsche, Considerazioni inattuali, II, 1874].

Il contemporaneo è una singolare relazione col proprio tempo, che aderisce a esso e, insieme, ne prende le distanze, è un’abilità particolare, che equivale a neutralizzare le luci che provengono dall’epoca per scoprire la sua tenebra, il suo buio speciale. In G. Agamben, Che cos’è il contemporaneo e altri scritti, Roma, Nottetempo, collana I sassi, 2010, pp. 22-33.

1. La domanda, che vorrei iscrivere sulla soglia di questo seminario, è:

Di chi e di che cosa siamo contemporanei? E, innanzitutto, che cosa significa essere contemporanei?”

Nel corso del seminario ci capiterà di leggere testi i cui autori distano da noi molti secoli e altri più recenti o recentissimi: ma, in ogni caso, essenziale è che dovremo riuscire a essere in qualche modo contemporanei di questi testi.

Il “tempo” del  nostro seminario è la contemporaneità, esso esige di essere contemporaneo dei testi e degli autori che esamina. Tanto il suo rango che il suo esito si misureranno dalla sua – dalla nostra – capacità di essere all’altezza di questa esigenza.

Una prima, provvisoria, indicazione per orientare la nostra ricerca di una risposta ci viene da Nietzsche. In un appunto dei suoi corsi al Collège de France, Roland Barthes la compendia in questo modo:

“Il contemporaneo è l’intempestivo”.

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