Posts tagged ‘devianza’

21 Novembre, 2018

Parsons e il funzionalismo

by gabriella
Huzhou, Hotel Sheraton (Cina)

L’ispirazione organicista dell’Hotel Sheraton di Huzhou nello Zhejiang (Cina)

Dire che una società funziona è un’ovvia verità,
ma dire che ogni cosa nella società funziona,
è un’assurdità.

Claude Lévi-Strauss, Antropologia strutturale, 1958

 

Indice

1. Il funzionalismo
2. Le origini del funzionalismo
3. Parsons

3.1 Il modello AGIL
3.2 L’interiorizzazione del modello sociale
3.3 La teoria dell’azione sociale razionale

 

1. Il funzionalismo

L’ipotesi di base del funzionalismo è che la società sia un insieme di parti interconnesse tra loro in modo funzionale al mantenimento del sistema. Come in un organismo vivente, nessuna parte vale dunque di per sé, ma assume significato in relazione alla funzione o al compito che svolge per mantenere e riprodurre la struttura sociale.

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1 Settembre, 2018

Salvatore Palidda, Elementi di sociologia della devianza e mutamento sociale

by gabriella

carcereUno stralcio dei materiali di studio di Salvatore Palidda per il corso di Sociologia della devianza di Scienza della comunicazione dell’Università di Genova, a.a. 2015/16.

Indice

1. Che cos’è la devianza
2. Società, devianza, controllo sociale

2.1 L’utilità politica della devianza
2.2 Crimine, criminalità, criminologia

2.3.1 Il positivismo
2.3.2 Il funzionalismo

3. Etichettamento o stigmatizzazione

3.1 Il costruttivismo
3.2 L’anomia
3.3 La Scuola di Chicago
3.4 Le regole del disordine

4. Migrazioni e comportamenti anomici

4.1 Fra passato e presente

Bibliografia

 

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Questa prospettiva di studio si fonda su un’accezione della devianza che comprende non solo la trasgressione o violazione delle regole e delle norme socialmente condivise, ma anche tutto ciò che contribuisce alla produzione e alla riproduzione di essa come fenomeno insito nei mutamenti sociali.

Si propone quindi una prospettiva di interpretazione della devianza attraverso lo studio delle sue molteplici manifestazioni e delle numerose reazioni che queste suscitano in diversi momenti storici, in diversi contesti sociali e politici. Si potrà allora comprendere come ogni mutamento sociale è mutamento dell’ordine della società, ossia cambiamento del controllo sociale e del disciplinamento dei comportamenti collettivi e individuali e quindi cambiamento di ciò che si considera deviante.

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16 Febbraio, 2016

Umberto Eco, Elogio di Franti

by gabriella

L’ironica, antiideologica, lettura del libro Cuore sviluppata nel 1962 in Diario Minimo [Milano, Bompiani, 1992, pp. 81-92] da un Eco non ancora «integrato». Bellissima, in particolare, l’analisi della scena in cui «l’infame sorrise» e del significato di quel riso, «proprio dei pazzi che non si integrano all’ordine (Baudelaire), di gente che ha mangiato dell’albero della conoscenza.

È certo, ove si voglia mettersi dal punto di vista dello spirito ortodosso, che il riso umano è intimamente legato alla disgrazia di una antica caduta, di una degradazione fisica e morale… Tutti i furfanti da melodramma, maledetti, dannati, fatalmente segnati da un sogghigno che arriva loro alle orecchie, rientrano nella ortodossia pura del riso …
Il riso è satanico: è dunque profondamente umano.

Charles Baudelaire

E ha daccanto una faccia tosta e trista, uno che si chiama Franti, che fu già espulso da un’altra sezione.

Così alla pagina di martedì 25 ottobre Enrico introduce ai lettori il personaggio di Franti. Di tutti gli altri è detto qualcosa di più, cosa facesse il padre, in che eccellessero a scuola, come portassero la giacca o si levassero i peluzzi dai panni: ma di Franti niente altro, egli non ha estrazione sociale, caratteristiche fisionomiche o passioni palesi. Tosto e tristo, tale il suo carattere, determinato al principio dell’azione, così che non si debba supporre che gli eventi e le catastrofi lo mutino o lo pongano in relazione dialettica con alcunché. Franti da Franti non esce; e Franti morirà:

ma Franti dicono che non verrà più perché lo metteranno all’ergastolo,

si scrive il lunedì 6 marzo, e da quel punto, che è a metà del volume, non se ne farà più motto.

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11 Agosto, 2014

William I. Thomas, Florian Znaniecki, Il contadino polacco in Europa e in America

by gabriella

operaio immigrato n AmericaLa formazione del carattere, l’anomia, la devianza, nella ricerca di sociologia urbana sugli immigrati polacchi di Chicago condotta negli anni ’10 del novecento attraverso i metodi qualitativi dei case studies e dell’osservazione. [W. I. Thomas, F. Znaniecki, Il contadino polacco in Europa e in America, trad. it. P. Rossi, Edizioni di comunità, Milano, 1968].

Realizzate il più possibile i vostri documenti attraverso case studies, fornite, cioè,
esempi concreti più che descrizioni generali, 
Citate le vostre fonti letteralmente, piuttosto che parafrasarle.
Assicuratevi, se possibile, racconti di vita, più che interviste. Citate sempre la fonte delle vostre relazioni e, se già pubblicata, siate precisi nel darne i riferimenti.
Fate e raccogliete fotografie.

William Thomas, 1912

Un aspetto interamente nuovo della questione si presenta quando ci domandiamo non già in qual modo la giovane generazione perde un’organizzazione di vita già acquisita, ma in quale modo essa acquisisce un’organizzazione di vita. Poiché allora risulta che, mentre nelle comunità polacco-americane relativamente organizzate e isolate – particolarmente nelle città di provincia – la parte economicamente più stabile e socialmente più attiva della popolazione può ancora fornire ai giovani un certo minimo di principi normali e vitali di comportamento, esiste una larga proporzione di figli di immigrati – soprat­tutto nelle grandi città – le cui condizioni familiari e di comunità sono tali che il loro comportamento non è mai socialmente regolato, e non viene loro imposta nessuna organizzazione di vita degna di questo nome. La loro condizione non è, a rigore, una condizione di corruzione – in quanto la corruzione pre­suppone la perdita di un sistema morale, ed essi non hanno mai avuto un sistema morale – ma è semplice “amoralità”.

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1 Gennaio, 2014

Emilio Quadrelli, L’esclusione ovunque. Loïc Wacquant, Sull’incarcerazione degli immigrati nell’Unione Europea

by gabriella

In questo bellissimo scritto apparso su Outlet [n. 2, 2002, pp. 33-38], Emilio Quadrelli riflette sul cambiamento del regime di governamentalità delle società contemporanee che si esprime nel passaggio dal far vivere e lasciar morire al lasciar morire e far vivere. Il mondo della prigione, dei CIE, dell’esclusione, sono ancora, come ha insegnato Michel Foucault, gli indicatori più preziosi della condizione e dei mutamenti dell’intero corpo sociale.  

I borghesi hanno ottime ragioni per attribuire al lavoro una soprannaturale forza creativa, poiché proprio dalla natura condizionata del lavoro risulta che l’uomo, possessore soltanto della propria forza – lavoro, deve essere, in tutte le condizioni sociali e culturali, schiavo di altri uomini che si sono resi proprietari delle materiali condizioni di lavoro.

K. Marx, Critica al programma di Gotha

Intorno al carcere, alla sua storia e funzione, sono state scritte intere biblioteche […]. Il carcere non è, come certa letteratura di genere (prendiamo su tutti i romanzi di Edward Bunker) ama mostrare, un mondo a sé con regole e retoriche diverse e distanti dai mondi sociali esterni bensì la sintesi, portata sino alle estreme conseguenze, del mondo che lo circonda. Il carcere è esattamente lo specchio, neppure troppo deformato, del mondo cosiddetto normale. Questo, chiaramente, non significa che tra dentro e fuori non esistano differenze ma, più realisticamente, che le regole e i modelli della prigione sono i medesimi della società circostante. Parlare del carcere, quindi, significa parlare dei modelli sociali nei quali siamo immessi. Ciò è vero sia per quanto riguarda la società ufficiale e legittima, ossia quella che utilizza e gestisce il carcere, sia per quanto riguarda la parte deputata a subirlo e ad abitarlo. Il carcere, non diversamente da qualunque altro ambito sociale, non può che essere l’effetto di una condizione storicamente determinata.

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20 Ottobre, 2013

Dalla sorveglianza moderna alla New Surveillance. Il ruolo delle tecnologie informatiche nei nuovi metodi di controllo sociale

by gabriella

sorveglianzaTratto dal Centro di documentazione su carcere, devianza, marginalità dell’Università degli Studi di Firenze.

1.1. Origini storiche dei processi di sorveglianza

 Il re prende nota di tutte le loro intenzioni,
Con mezzi che nemmeno possono immaginare

William Shakespeare, Enrico V

 

L’espressione società della sorveglianza” è stata spesso ascritta a David Lyon, sociologo canadese che ha studiato, in molte sue opere, gli effetti dei nuovi mezzi di controllo sociale, e delle loro interazioni con le più recenti tecnologie informatiche. In realtà, il primo a parlare di “società della sorveglianza”, è stato Gary T. Marx, in un articolo comparso nel 1985 sulla rivista The Futurist (1). Il sociologo statunitense analizza il forte cambiamento avvenuto nel passaggio dall’era moderna all’era postmoderna, in cui le nuove tecnologie assumono un ruolo principale nel nuovo assetto sociale, ed afferma senza timore che

grazie alla tecnologia informatica sta crollando una delle ultime barriere che ci separano dal controllo totale.

Gary T. Marx definisce questo fenomeno New Surveillance: lo scopo della sua analisi è proprio quello di marcare le differenze tra la sorveglianza sviluppatasi con la nascita degli stati moderni nel XIX secolo, quando la raccolta dati serviva allo stato per amministrare la nazione, e la sorveglianza contemporanea, quella in cui non solo lo stato, ma anche le aziende commerciali, le assicurazioni, agenzie ed organizzazioni dei più svariati settori raccolgono ed elaborano informazioni personali su chiunque, con lo scopo di controllarne e manipolarne le interazioni sociali, le preferenze, le opinioni.

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