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18 Luglio, 2016

Victor Hugo, La libertà d’insegnamento (La liberté de l’enseignement)

by gabriella
Victor Hugo (1802 - 1885)

Victor Hugo (1802 – 1885)

Nel 1848, alcuni anni dopo essere stato nominato pari di Francia dal re Luigi Filippo d’Orleans, Victor Hugo divenne deputato dell’Assemblea costituente. E’ in questa veste che il 15 gennaio 1850 tenne un Discorso sulla libertà e la laicità d’insegnamento schierandosi contro il partito cattolico, maggioritario nell’Assemblea.

Il partito di maggioranza aveva ottenuto Da Luigi Bonaparte il conferimento della carica di ministro dell’Istruzione al cardinale Frédérique de Falloux. L’assemblea legislativa era stata appena riunita che il Ministro aveva presentato un disegno di legge sull’insegnamento che consegnava l’istruzione pubblica nelle mani del clero. La discussione sui principi generali della legge si aprì il 14 gennaio 1850, occupando tutta la prima seduta e metà della seconda giornata di dibattito. Victor Hugo rispose agli interventi di Barthélemy Saint-Hilaire e di Parisis, vescovo di Langrès, esponenti del partito cattolico, con un intervento memorabile ed emozionante, a tratti spiazzante per l’evocazione di un sentimento religioso tanto forte quanto l’anticlericalismo dell’autore. E’ nel corso di questo intervento che lo scrittore evoca per la prima volta nella storia il droit de l’enfant, i diritti del bambino.

Il tema della libertà e della laicità dell’insegnamento è sviluppato in passi molto belli alle pagine 315 e 316, quello della liberazione dalla miseria e della costruzione di un mondo migliore alle pp. 317-18. Successivamente, Hugo insiste sulla differenza tra l’autentico spirito religioso e il clericalismo e denuncia i secoli di censura e repressione dello spirito e delle arti perpetrato dalla chiesa romana. L‘Italia e la Spagna, da secoli nelle mani del clero, sono in uno stato compassionevole, dunque a questo clericalismo che chiede di guidare l’insegnamento non è possibile concederlo:

intendiamoci sulla libertà che voi reclamate; è la libertà di non insegnare. Ah, voi volete che vi siano dei popoli da istruire. Molto bene. Vediamo i vostri allievi. Vediamo i vostri prodotti. Che avete fatto dell’Italia? Che avete fatto della Spagna? Da secoli voi tenete nelle vostre mani, a vostra discrezione, alla vostra scuola, sotto la vostra bacchetta, queste due grandi nazioni, illustri tra le più illustri, che ne avete fatto? Ve lo dirò. Grazie a voi l’Italia, della quale nessun uomo che pensi può più pronunciare il nome che con un inesprimibile dolore filiale, l’Italia, questa madre di geni e di nazioni che ha riversato sull’universo tutto le più abbaglianti meraviglie della poesia e dell’arte, l’Italia che ha insegnato a leggere al genere umano, l’Italia oggi non sa leggere! [p. 323].

Propongo sotto una mia traduzione del testo, accessibile in versione originale in Victor Hugo, Oeuvres complètes. Actes et paroles (1802-1855), Paris, Société d’éditions littéraires et artistiques, 1926, pp. 315-336 [del file pdf], digitalizzata dalla Bibliothéque Nationale de France.

Che mi sia permesso di dire qui e di dichiarare […] io ci credo profondamente a questo mondo migliore, esso è per me ben più reale di questa miserabile chimera che inghiottiamo e che chiamiamo vita, è sempre davanti ai miei occhi, ci credo con tutta la potenza del mio convincimento, e dopo così tante lotte, così tanti studi e prove è la suprema certezza della mia ragione come la suprema consolazione della mia anima.

Victor Hugo (pp. 317-318)

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