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18 Aprile, 2012

Joseph Halevi, La violenza fondatrice. Israele/Palestina. Le radici del conflitto

by gabriella

Fino a due decenni fa non esisteva ancora in Israele una sistematica storiografia sulle origini dello Stato. I libri e i saggi di storia erano scritti in termini partitici e spesso da persone che erano presenti negli organismi più legati alla formazione di Israele. Durante tutto il regno del Mapai (il partito socialdemocratico sionista, che governo’ ininterrottamente dal 1948 al 1977, trasformatosi poi in partito del lavoro, Avodà e infine in ‘Un solo Israele’) tutto cio’ che toccava sia le radici storiche dello Stato sia le analisi correnti dei rapporti con gli ‘arabi’ (i palestinesi venivano considerati inesistenti) era gestito in maniera rigorosamente di modello stalinista. La struttura politica del Mapai – con il suo Comitato centrale, con le sue organizzazioni kibutzistiche, con il suo ferreo controllo sul sindacato-impresa Histadrut , con i suoi istituti di ricerche sociali e casi editrici – prevedeva una stretta direzione politica dell’interpretazione storica.

Gli altri due partiti sionisti fiancheggiatori a sinistra del Mapai, il quasi comunista Mapam e il gruppo estremista Achdut ha Avodà – quest’ultimo fondatore delle clandestine brigate terroristiche Palmach, autrici nel 1947-1948 di molte uccisioni ed espulsioni di palestinesi, da cui provennero Yitzhak Rabin e Ygal Allon – essendo più piccoli e più dichiaratamente marxisti, riproducevano in maniera accentuata la concezione ideologica della storia del paese 1. La pubblicazione – avvenuta prima in ebraico – del lavoro di Yehoshua Porath, The Emergence of the Palestinian-Arab National Movement. 1918-1929 (Cass, London 1974), rappresentò un novità dirompente poiché vi era documentata la nascita di un movimento di lotta in un periodo – gli anni venti – che i sionisti trattavano come assolutamente privo di presenza politica palestinese. Tuttavia la vera svolta ebbe luogo dopo l’avvento al potere della destra di Menachem Begin nel 1977. La destra israeliana non ha mai sviluppato la rete di istituzioni, di case editrici, di giornali, propria del movimento social-sionista, il quale – avendo una gestione del potere del tutto identica a quella della Democrazia cristiana in Italia – sosteneva le sue reti grazie al controllo esercitato sullo Stato. Di conseguenza, l’allontamento dal potere dopo il 1977 comportò una secca perdita dei meccanismi di sottogoverno, che erose rapidamente il controllo intellettuale esercitato dal socialismo sionista sulla vita del paese. I giornali diventarono molto più aperti e oggi i tre organi di stampa del sionismo socialista sono scomparsi 2.

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