Posts tagged ‘John M. Keynes’

2 Giugno, 2013

Joseph Stiglitz, Cuts don’t work, they hurt. Vladimiro Giacché, Gli errori degli economisti 2.0

by gabriella

teorema-stiglitzStiglitz non è certo il primo a sostenerlo [si veda sotto il video denuncia di Unite Squeezed Britain] ma ora, il teorema del premio nobel per l’economia dimostra l’esistenza della correlazione tra l’aumento dell’Indice di Gini (indice di diseguaglianza) e la diminuzione degli investimenti, dunque la stagnazione della crescita economica.

Come bene illustrato nell’articolo di Vladimiro Giacché (in coda) si tratta della terza confutazione consecutiva agli assunti di base dell’economia mainstream, dopo quella della tesi che il taglio del deficit abbia una modesta ricaduta (o,50%) sul PIL e la denuncia dell’errore di Rogoff e Rheingold nei calcoli a sostegno della tesi che l’oltrepassamento della soglia del 90% nel rapporto deficit/PIL inneschi la recessione economica.

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Roberto Petrini, Repubblica del 31 maggio 2013

È la diseguaglianza il vero killer del Pil. Nei paesi dove i ricchi sono sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri il Prodotto interno lordo segna il passo e, a volte precipita. Nelle nazioni dove si estende una grande middle class si affaccia invece la prosperità. Il premio Nobel Joseph Stiglitz rompe gli indugi e formalizza in un vero e proprio teorema, come egli stesso lo definisce, la sintesi degli studi che conduce da anni.

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16 Giugno, 2012

Alberto Bagnai, L’omodossia dei mercati spiegata da Voltaire

by gabriella

In questo delizioso saggio voltairiano di teoria della crisi, Bagnai-Candide spiega la grande recessione. 

L’obscurité n’est pas un défaut quand on parle à des bons jeunes gens avides de savoir, et surtout de paraître savoir.

L’oscurità non è un difetto quando si parla con dei bravi ragazzi
avidi di sapere, e soprattuto di sapere apparente.

Stendhal, Promenades dans Rome, 17 mars 1828.

1. Introduzione

Accolgo con vivo piacere l’invito a contribuire a questo numero dedicato al governo del sistema monetario europeo e internazionale. Se posso permettermi un po’ di leggerezza, mi solleva il fatto che qualcuno sia ancora interessato a raccogliere le opinioni di un economista, in un periodo nel quale la scienza economica è particolarmente discreditata per non aver saputo prevedere lo scoppio della crisi, e per non averne saputo scongiurare le conseguenze. Non credo che questi rilievi siano del tutto corretti: esempi illustri di analisi “profetiche” non mancano. Ammetto però che da qualche tempo gli scambi più proficui su questo tema mi capita di averli con studiosi esterni alla mia professione: storici,  geografi, giuristi. Questo dipende in parte dal mio percorso, che mi rende insofferente verso l’omodossia economica (non chiamerei “ortodossia” il cosiddetto pensiero mainstream, che è certamente unanime – omos – ma, visti i risultati, probabilmente non del tutto corretto – orthos). I benefici di questi scambi interdisciplinari dipendono però soprattutto dal fatto che essi costringono a riorganizzare le proprie categorie, a cercare nuove strade di trasmissione del proprio sapere “tecnico”, a reagire a stimoli imprevisti. Un esercizio utilissimo, da compiere con umiltà e con quel senso di responsabilità che deriva dal costituirsi rappresentante della categoria verso un mondo “esterno”. Il che obbliga a porsi due domande ben precise: in che modo posso aiutare la riflessione dei colleghi che hanno seguito altri percorsi (e farmi aiutare nella mia)? E in che modo posso fornire loro una rappresentazione critica ma non distorta dei risultati e delle aporie della mia disciplina?

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