Posts tagged ‘linguaggio’

15 Marzo, 2014

Ian Tattersall, La seconda nascita di Homo sapiens

by gabriella
Ian Tattersall all'American Museum of Natural History di New York

Ian Tattersall all’American Museum of Natural History di New York

Il paleoantropologo inglese mostra come la transizione al modo di ragionare simbolico e al pensiero ipotetico che contraddistingue la specie Homo, si sia verificata sorprendentemente tardi nella storia evolutiva umana – i primi Homo, incluso il Neanderthal ne erano privi -, durante il periodo di diffusione della nostra specie. Questo radicale cambiamento deve per forza essere associato a un cambiamento culturale e non biologico, ma i meccanismi che l’hanno reso possibile sono del tutto ordinari e spiegati dalla teoria neodarwiniana. Tratto da Micromega, 1/2014, pp. 55-66.

Noi esseri umani siamo parte integrante del grande albero della vita che unisce tutti i viventi sul pianeta Terra. La nostra specie condivide con un’ampia cerchia di organismi le strutture fondamentali del corpo, gli organi, i tessuti, le cellule e il dna. Nonostante ciò, noi siamo diversi. Non è un segreto che qualcosa ci renda profondamente diversi da tutti gli altri organismi, compresi quelli che ci sono più vicini sul grande albero della vita. Ovviamente possediamo un numero notevole di peculiarità fisiche che ci rendono piuttosto insoliti, la maggior parte delle quali sono legate al nostro modo, davvero curioso, di camminare eretti, su due gambe. La cosa che però ci fa personalmente sentire tanto diversi, anche rispetto agli scimpanzé, i nostri parenti più stretti oggi, è di certo lo strano modo che abbiamo di elaborare l’informazione con il cervello.

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12 Dicembre, 2013

Paul Livingston, La politica della logica

by gabriella

Politics of LogicAlcuni passaggi interessanti sulla politicità della logica e sulla natura del formalismo, dalla recensione di Marco Piasetier a Paul Livingston, The Politics of Logic [London Routledge, 2012] per il Rasoio di Occam.

Il testo si propone di articolare la relazione tra logos e bìos, ovvero di rispondere alla domanda su come il linguaggio – in quanto forma trascendentale – definisca e plasmi la vita umana. Non si tratta di proporre una ‘logic of politics’, una ‘logica della politica’, ovvero di forzare il pensiero politico entro un formalismo logico ad esso estraneo, ma di portare alla luce la dimensione intrinsecamente politica della logica. Scopo di Livingston è la definizione di una ‘politics of logic’, ‘politica della logica’, secondo la quale l’indagine sul logos è ‘simultaneamente sia logica che politica’ (p. 60):

La questione ultima di questa indagine […] è lo sviluppo di una “politica della logica” che tenti di comprendere il logos stesso – ciò che Eraclito ha definito tempo addietro come il ‘comune’ – come ciò che è l’immediata e necessaria forma di ogni esistenza linguistica (p. 8 ).

[…]

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21 Ottobre, 2013

Francesca Borrelli, Massimo De Carolis, Francesco Napolitano, Massimo Recalcati, Nuovi disagi nella civiltà

by gabriella

nuovi disagiIl rapporto tra natura e condizione umana, dopo il dibattito di Eindhoven. Tratto da Le parole e le cose.

Francesca Borrelli Più o meno tutte le diverse letture dei mutamenti sociali intervenuti negli ultimi anni danno per scontato che sulla scena del mondo contemporaneo si sia affacciato un individuo di tipo nuovo: c’è chi pensa che le novità non siano tali da alterare i fondamenti antropologici dell’uomo, e c’è chi invece ipotizza una mutazione così profonda da investire i suoi requisiti specie-specifici, a cominciare dalla funzione simbolizzatrice, che deriva all’uomo dalla facoltà di linguaggio. Sono passati più di quarant’anni da quando Noam Chomsky e Michel Foucault si incontrarono per la prima e unica volta a Eindhoven, nel tentativo di definire il concetto di natura umana. Avevano alle spalle una lunga tradizione filosofica, secondo la quale la natura umana e la condizione umana non avrebbero granché da spartire, perché in nessun modo il rapporto dell’uomo con il mondo sarebbe riduzionisticamente riconducibile ai suoi requisiti biologici, essendo piuttosto un fattore culturale, storicamente determinato.

Nel corso di quel colloquio tra Chomsky e Foucault il tentativo di tenere legate biologia e storia, invariante specie-specifica e variante socio-politica, subì un ennesimo scacco. Per un verso, Foucault respingeva l’idea stessa di natura umana come scientificamente inconsistente, sottolineando come essa fosse, invece, una costruzione dipendente da fattori e da prospettive storico-sociali. D’altra parte, Chomsky insisteva sul carattere innato della facoltà di linguaggio, ma da un lato trascurava ogni relazione con la storia e dall’altro pretendeva di dedurre dalla linguisticità dell’uomo il modello di una società giusta.

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8 Settembre, 2013

I neuroni specchio

by gabriella

macaco imitaL’intervista realizzata nel 2005 da Felice Cimatti a Vittorio Gallese, uno dei ricercatori dell’Università di Parma che negli anni ’90 scoprirono i neuroni specchio. Quando osserviamo un nostro simile compiere una certa azione si attivano, nel nostro cervello, le stesse cellule che entrano in funzione quando siamo noi stessi a compiere quel gesto.

Credo che questo contributo delle neuroscienze – dice Gallese – possa essere importante nel suscitare nuove riflessioni in ambito etico, politico ed economico. Perché ha messo in luce come la reciprocità che ci lega all’altro sia una nostra condizione naturale, pre-verbale e prerazionale.

Vittorio Gallese

L’animale umano è un animale sociale, che per crescere e vivere ha, per sua natura, bisogno della relazione – da quella fisica a quella comunicativa – con i propri simili. Uno dei meccanismi fondamentali dell’interazione sociale è l’imitazione. Cosa c’è di più semplice della capacità di imitare una azione altrui? In realtà, come spesso ci capita, riusciamo a imitare certi gesti, ma non abbiamo idea di come sia possibile farlo, di cosa si debba sapere per imitare. Una tra le scoperte neurologiche più importanti di questi ultimi anni è quella dei cosiddetti neuroni specchio, dovuta al gruppo di neuroscienziati – di cui fa parte Vittorio Gallese – che lavora nel dipartimento di neuroscienze dell’università di Parma.

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20 Agosto, 2013

Girolamo De Michele, Stronzate. Un saggio filosofico

by gabriella

L’illuminante distinzione tra verità e menzogna e tra menzogna e stronzata è il filo conduttore di questo vecchio e sempre gustoso articolo di Girolamo, ripubblicato da Carmilla.

merda d'artistaIn un breve saggio (On Bullshit, tradotto da M. Birattari: Stronzate. Un saggio filosofico, Milano, Rizzoli, 2005, pp. 61,. € 6.00; ma il manoscritto è in realtà del 1986), il filosofo Harry G. Frankfurt si è domandato quali sono le proprietà che definiscono questo particolare tipo di enunciato. Che cos’è una “stronzata”? Perché sentiamo il bisogno di differenziarla da altri enunciati, come ad esempio la “menzogna”? E che cosa rende chi dice una “stronzata” diverso dal mentitore consumato? Dato per acquisito il fatto che lo studio della mente umana deve necessariamente comprendere un’analisi dei prodotti della mente — tra i quali sono (non necessariamente in posizione predominante) gli enunciati linguistici —, dal momento la “mente” è un oggetto che sfugge ai sensi, non sembra utile rinunciare allo studio di atti linguistici apparentemente secondari: anche perché questi atti forse secondari non sono affatto.

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18 Marzo, 2012

Leonardo Caffo, I-ACTION ed E-ACTION. Libero arbitrio e neuroscienze

by gabriella

In questo articolo del 2012 uscito su filosofia.it, Caffo discute i risultati di alcune ricerche in neuroscienze, in base alle quali l’azione umana sarebbe interamente prevedibile. Il filosofo sottolinea l’analogia tra linguaggio e azione, richiamando la distinzione chomskyana tra linguaggio interno ed esterno (I-language ed E-language), cioè tra la componente innata, individuale e quella esterna, relazionale, del linguaggio per mostrare che l’azione, come il linguaggio non è predicibile a partire dalla sua base neuronale.

1. Da tempo alcune questioni filosofiche riguardo la libertà sembrano essere inficiate dai progressi della ricerca scientifica in ambito neurologico. Recentemente, il neuroscienziato Eddy Nahmias, intervenendo sulle pagine del The New York Times, ha sollevato la classica domanda riguardo la fine delle questioni filosofiche sul libero arbitrio a causa delle neuroscienze. Già Wittgenstein  difese la tesi dei “linguaggi di vocabolari diversi” per scindere questioni filosofiche da questioni scientifiche in ambiti di discussione complessi come quelli inerenti le libertà individuali. Tuttavia oggi non sembra più sufficiente fare una distinzione ontologica dei linguaggi utilizzati in ambiti diversi; si rende invece indispensabile un’argomentazione che sia in grado di chiarire, una volta per tutte, le differenze tra questioni scientifiche e filosofiche per un argomento come quello della libertà.

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6 Luglio, 2011

Paolo Virno, Antropologia e teoria delle istituzioni

by gabriella

Non vi è indagine sulla natura umana che non porti con sé, come un passeggero clandestino, almeno l’abozzo di una teoria delle istituzioni politiche. L’analisi degli istinti e delle pulsioni della nostra specie contiene sempre un giudizio sulla legittimità del Ministero degli Interni. E viceversa: non vi è teoria delle istituzioni politiche degna di questo nome che non adotti, quale suo celato presupposto, l’una o l’altra rappresentazione dei tratti che distinguono l’Homo sapiens dalle altre specie animali. Per tenersi a un esempio liceale, poco si comprende del Leviatano di Hobbes se si trascura il suo De homine.

Il nesso tra riflessione antropologica e teoria delle istituzioni è stato formulato con grande schiettezza da Carl Schmitt nel settimo capitolo del suo Il concetto del ‘politico’ . Egli scrive:

Si potrebbe analizzare tutte le teorie dello Stato e le idee politiche in base alla loro antropologia, suddividendole a seconda che esse presuppongano, consapevolmente o inconsapevolmente, un uomo “cattivo per una natura” o “buono per natura”. […] Nell’anarchismo dichiarato è immediatamente chiara la stretta connessione esistente tra la fede nella “bontà naturale” e la negazione radicale dello Stato: l’una consegue all’altra ed entrambe si sorreggono a vicenda. […] Il radicalismo ostile allo Stato cresce in misura uguale alla fiducia nella bontà radicale della natura umana. […]

Se l’uomo fosse un animale mite, votato all’intesa e al reciproco riconoscimento, non vi sarebbe necessità alcuna di istituzioni disciplinanti e coercitive. La critica dello Stato, sviluppata da anarchici e comunisti, trae alimento, secondo Schmitt, dall’idea pregiudiziale di una “bontà naturale” della nostra specie. Se però, come tutto lascia credere, l’Homo sapiens è un animale pericoloso, instabile e (auto)distruttivo, sembra inevitabile, per tenerlo a freno, la formazione di un “corpo politico unitario” che eserciti, parole di Schmitt, un incondizionato “monopolio della decisione politica”.

Credo che bisogna confutare alla radice la tesi di Schmitt. A mio giudizio, la rischiosa instabilità dell’animale umano – il cosiddetto male, insomma – non implica affatto la formazione e il mantenimento della sovranità statale. Al contrario. Il “radicalismo ostile allo Stato” e al modo di produzione capitalistico, lungi dal presupporre l’innata mitezza della nostra specie, può trovare il suo autentico piedistallo nel pieno riconoscimento dell’indole “problematica”, cioè indefinita e potenziale (dunque anche pericolosa), dell’animale umano. La critica del “monopolio della decisione politica”, e in genere di istituzioni le cui regole funzionino come una coazione a ripetere, deve poggiare proprio sulla constatazione che l’uomo è “cattivo per natura”.

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28 Maggio, 2011

Girolamo De Michele, Foster Wallace come antidoto al citatismo (l’analfabetismo degli adolescenti, la lingua dei giovani)

by gabriella

Foster Wallace, Considera l'aragostaIl genio di Foster Wallace come lacerazione del velo di Maja su una molteplicità di cose, come l’apprendimento degli adolescenti, l’uso dei dialetti, l’inutilità di certi critici, la libertà, l’alienazione..

La libertà è ciò che facciamo con ciò che ci è stato fatto

Jean Paul Sartre

Mentre sgranocchia biscotti Chips Ahoy! e fissa intensamente un evento dell’Associazione golf professionale alla televisione, ad esempio, l’adolescente che fuma viene colpito dalla spaventosa possibilità che, per es., quello che vede come il colore verde e quello che altre persone chiamano “il colore verde” forse in realtà non sono affatto le stesse esperienze di colore: che tanto lui quanto un’altra persona chiamino verde i prati dei campi da golf e il segnale di via libera di un semaforo sembra garantire solo che c’è una costanza analoga nella loro esperienza del colore dei campi da golf e luci del via libera, ma non che l’autentica qualità soggettiva di quelle esperienze di colore sia la medesima; […] finché l’intero ragionamento diventa così complesso e sfiancante che l’a.f.d.e. finisce per accasciarsi, ricoperto di briciole e paralizzato, sulla poltrona [1].

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