Posts tagged ‘Marx’

8 Marzo, 2014

Leonardo Caffo, Una nuova ontologia dell’azione

by gabriella
Leonardo Caffo

Leonardo Caffo

In questo saggio del 2012, uscito su Sintesi dialettica per l’identità democratica, Leonardo Caffo si oppone alla tesi delle neuroscienze della prevedibilità delle azioni, confutandola sulla base di una ridefinizione del concetto di “azione” che tiene conto del contesto sociale in cui si sviluppa.

Il tema, sempre centrale, diventa ancor più cruciale nel momento in cui cominciano ad essere sperimentati strumenti di crime prediction – cfr. Le società di controllo 1; 2; Zygmunt Bauman, David Lyon, Sesto potere. La sorveglianza nella modernità liquida – basati sulla predicibilità del comportamento umano.

Il tuo coniglio bianco è un’allucinazione? Probabile.
Ma, se per tutto quello che ci è capitato qui, esistesse una ragione?
Se la persona che insegui fosse davvero qui…

John Locke, “Il coniglio bianco”, Lost

Si consideri il seguente argomento in favore del limite delle libertà umane, in relazione ad una definizione di “azione” collassata sul terreno delle neuroscienze:

P1. Se tramite l’area 10 di Brodmann siamo in grado di prevedere un’azione ancor prima che l’agente sappia di farla, allora non ha senso parlare di libertà d’azione;
P2. Siamo in grado di prevedere un’azione ancor prima che l’agente sappia di farla con delle rilevazioni nell’area 10 di Brodmann;
C. Non ha senso parlare di libertà d’azione.

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31 Dicembre, 2013

Controllo delle risorse, produzione, potere

by gabriella

acquaAntropologia economica e antropologia politica

Le questioni di cui si occupa l’antropologia economica che studia come le risorse materiali sono prodotte, distribuite e utilizzate – e quelle di cui si interessa l’antropologia politica – che indaga quali autorità, poteri e relazioni di uguaglianza o diseguaglianza costituiscano la vita sociale – sono, nei fatti, strettamente connesse: la disponibilità di risorse e il loro controllo è infatti inseparabile dall’esercizio del potere.

C’è quindi una stretta relazione tra risorse e potere, perché l’acquisizione e la disponibilità di una risorsa possono incrementare la possibilità che un individuo o un gruppo hanno di imporsi su altri individui o su altri gruppi. Tale relazione è tuttavia diversa a seconda delle circostanze e delle forme d’adattamento delle società. Come si è visto, ci sono differenze notevoli tra l’economia di un gruppo di cacciatori-raccoglitori e quella di una comunità di agricoltori. Si tratta di differenze che non consistono solo nel diverso modo di procacciarsi il cibo e di ridistribuirlo, ma che interessano anche le relazioni tra i componenti delle rispettive società.

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7 Dicembre, 2013

Marco Gatto, Il ritorno della dialettica

by gabriella

david-harveyTraggo da Consecutio temporum, questa analisi comparata delle letture di David Harvey [The Enigma of Capital e Introduzione al Capitale. 12 lezioni sul primo libro, trad. it. 2012] e Fredric Jameson [Representing Capital. A Reading of Volume One] del primo libro del Capitale, nel segno della dialettica, della demistificazione e del metodo.

A tutti piace pensare di avere i propri «valori», e questi ultimi rappresentano un elemento attorno al quale ruota tutto il dibattito sui candidati alla presidenza durante ogni stagione elettorale. Marx sostiene però che alcuni di questi valori sono determinati da un processo che non capiamo e che non è frutto di nostre scelte consapevoli, e che bisogna analizzare il modo in cui tali valori ci sono imposti.

Se volete capire chi siete e in che punto state di questo turbine di valori, dovete innanzitutto capire come viene creato e prodotto il valore della merce, e che conseguenze – sociali, geografiche, politiche – esso porta con sé. Se pensate veramente di risolvere una problematica ambientale gravissima come il riscaldamento globale senza confrontarvi con la questione di chi e come abbia determinato la base della struttura del valore, state solo prendendo in giro voi stessi. Per questo Marx insiste sulla necessità di capire cos’è il valore della merce e quali sono le necessità sociali che lo determinano.

David Harvey

[….] Gatto mostra infatti come, al di là delle differenze [disciplinari: Harvey è un geografo e urbanista, Jameson un teorico della cultura; e dei riferimenti analitici: Harvey prescinde da riferimenti filosofici precisi, Jameson è debitore di Lukàcs e della Scuola di Francoforte, in particolare di Adorno], L'enigma del capitaleLezioni sul capitale[…] Harvey e Jameson condividono un’idea di base, che informa i rispettivi commenti a Marx. Entrambi concepiscono il lavoro di analisi del capitalismo e delle sue ideologie (del suo apparato ideologico, potremmo dire, e difatti i due teorici non mancano di riferirsi a Gramsci, seppure solo in superficie) in termini manifestamente dialettici. Qualsiasi tentativo di leggere l’insegnamento di Marx in un’ottica parziale, analitica o statica è sin da subito osteggiato: sia per Harvey che per Jameson il capitale è movimento, fluidità, dinamismo che ambisce a costituirsi e a presentarsi, nella sua fenomenicità, come totalità in sé chiusa e statica, ma che, adeguatamente smascherata, si rivela come totalizzazione, ossia come tentativo totalizzante di inglobare tutta la realtà in sé […]

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10 Novembre, 2013

Moni Ovadia, Sull’identità ebraica

by gabriella

moni ovadiaNel testo dell’intervista Perché lascio la mia comunità ebraica, rilasciata a Il Manifesto e pubblicata il 9 novembre 2013, Moni Ovadia espone la sua visione dell’ebraismo, quale religione fondativa dell’universalismo e del nucleo originario dell’idea di giustizia sociale. Uno spirito che Israele avrebbe da tempo abbandonato, secondo l’attore, abbracciando un sinistro «ein Folk, ein Reich, ein Land», in virtù del quale persegue il genocidio palestinese.

Lunedì scorso tramite un’intervista chiestami dal Fatto Quotidiano, ho dato notizia della mia decisione definitiva di uscire dalla comunità ebraica di Milano, di cui facevo parte, oramai solo virtualmente, ed esclusivamente per il rispetto dovuto alla memoria dei miei genitori. A seguito di questa intervista il manifesto mi ha invitato a riflettere e ad approfondire le ragioni e il senso del mio gesto, invito che ho accolto con estremo piacere. Premetto che io tengo molto alla mia identità di ebreo pur essendo agnostico.

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12 Agosto, 2013

Alain Badiou, Il capitalismo contemporaneo è il capitalismo classico

by gabriella

risveglio della storiaContro gli autori che individuano nella forma sociale contemporanea una fase nuova, postmoderna, o cognitiva, del rapporto sociale di produzione capitalista, Badiou mostra l’assolutà conformità e assenza di novità del capitalismo contemporaneo: il capitalismo postmoderno è il «classico capitalismo», l’essenza del sistema di mercato restaurato dopo le anomalie degli anni «rossi» 1960-1980. Tratto da Il risveglio della storia. Filosofia delle nuove rivolte mondiali, Firenze, Ponte alle Grazie, 2012.

[….] il capitalismo contemporaneo presenta tutti i tratti del capitalismo classico.

È assolutamente conforme a quanto ci si poteva aspettare da esso, tanto più che la sua logica non è più ostacolata da azioni di classe risolute e localmente vittoriose. Prendiamo per esempio, per quello che riguarda il divenire del Capitale, tutte le karl-marx1categorie predittive di Marx e vedremo che è solo oggi che esse si sono confermate in tutta la loro evidenza. Marx non ha forse parlato di «mercato mondiale»? Ma cos’era il mercato mondiale nel 1860 in rapporto a quello che è oggi, quello che si è voluto inutilmente rinominare «globalizzazione»? Marx non aveva forse pensato il carattere ineluttabile della concentrazione del capitale? Che cos’era questa concentrazione, quali erano le dimensioni delle imprese e delle istituzioni finanziarie all’epoca di questa previsione, in rapporto ai mostri che ogni giorno nuove fusioni fanno sorgere?

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7 Luglio, 2013

Pierre Macherey, La materia viva del simbolico. Fabrizio Denunzio, Sociologia e prassi politica

by gabriella

Bourdieu

In questo testo piuttosto denso pubblicato da Il Manifesto, 3 luglio 2013, Macherey ripercorre la critica bourdieuiana alla filosofia e la riflessione del sociologo francese sul rapporto tra teoria e prassi e fra sociologia e filosofia. Denunzio lo conclude opportunamente evidenziando come l’indicazione di Bourdieu di comprendere la pratica allo stato pratico sorta di critica al quadrato nella quale il sospetto verso la genesi materiale del simbolico si lega a quello verso un teoreticismo altrettanto storico – non può che consistere, da un lato, nello svelamento dei meccanismi di potere che arbitrariamente assegnano i significati ai fenomeni e alle scienze e li vogliono unici e irrevocabili – ciò che Marx per primo definì “ideologia” e, dall’altro, nella ricomposizione di sapere e prassi politica, cioè nella presa di posizione delle scienze sociali tra “ciò che le condiziona e ciò che le libera”.

Devant la servitude du travail à la chaîne ou la misère des bidonvilles sans parler de la torture ou de la violence des champs de concentration – osservava Bourdieu inaugurando il corso al Collèg de France del 1982 – le “C’est ainsi” que l’on peut prononcer avec Hegel revêt la valeur d’une complicité criminelle parce que rien n’est moins neutre quand il s’agit du mond social que d’enoncer l’Etre avec autorité, les constats de la science exercent inévitablement une efficacicté politique qui peut n’être pas celle que voudrait excercer le savant.

[“Davanti alla servitù della catena di montaggio o alla miseria delle bidonville, per non parlare della tortura o della violenza dei campi di concentramento, l'”è così” che si può pronunciare con Hegel riveste il valore d’una complicità criminale, perché niente è meno neutro, quando si tratta del mondo sociale, dell’enunciare l’Essere con autorità, le constatazioni della scienza esercitano inevitabilmente un’efficacia politica che può non essere quella che il sapiente vorrebbe esercitare”.]

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12 Giugno, 2013

Gianfranco Bettin, Il conflitto sociale

by gabriella
scontri a Roma 15 ottobre 2011

scontri a Roma 15 ottobre 2011

Il corso monografico che il prof. Bettin (Unifi) ha dedicato al conflitto sociale (a.a 2001-2001).

1. Il conflitto nelle scienze sociali. 2. Il conflitto: una definizione sociologica e problematica. 3. Il conflitto sociale nel pensiero sociologico classico. 4. Ralf Dahrendorf: nuove tendenze del conflitto di classe. 5. Lewis Coser: genesi e forme del conflitto. 6. Dahrendotf e le dimensioni empiriche del conflitto. 7. Randall Collins: conflitto e mutamento istituzionale. 8. Conflitto e comunicazione nella sociologia di Niklas Luhmann. 9 Niklas Luhmann: conflitto e complessità. 10. I nuovi conflitti sociali. 11.Globalizzazione, società multiculturale e conflitti etnici. Bibliografia.

1.Il conflitto nelle scienze sociali

Il concetto di conflitto è senza dubbio un concetto centrale nell’apparato conoscitivo elaborato dalle scienze sociali contemporanee. La sua importanza è ampiamente testimoniata dalla vastissima bibliografia dedicata al tema da alcune discipline non sempre strettamente apparentabili come l’economia, l’antropologia culturale, la psicologia sociale e la sociologia. Non a caso il concetto di conflitto è stato adottato come una delle chiavi di lettura della variegata fenomenologia sociale del nostro tempo ed ha rappresentato il fulcro di una teoria generale dalle molteplici applicazioni da cui si è originata una disciplina distinta: la polemologia. Non è questa la sede più idonea per effettuare una rassegna delle definizioni che del conflitto sono state date anche perché ogni scienza sociale presenta una definizione specifica congruente con il suo punto di vista analitico ed insiste su di un ambito altrettanto specifico di applicazione. E’ comunque opportuno qualche esempio.

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1 Giugno, 2013

Giorgio Fazio, Il doppio volto dell’alienazione. La nuova teoria critica di Rahel Jaeggi

by gabriella

Nel primo artkippbilder-3icolo della rubrica Kippbilder. Attualità filosofica dalla Germania, ospitato dal Rasoio di Occam, la nuova teoria dell’alienazione proposta da Rahel Jaeggi in Entfremdung, Zur Aktualität eines sozial-philosophischen Problems.

antonioniIn questo testo del 2005, l’autrice ripensa in senso antiessenzialista  – e in ciò certamente più marxiano del Marx dei Manoscritti un’alienazione intesa non più come lontananza da una presunta autenticità originaria, ma come perdita di controllo da parte dei «soggetti – individuali o collettivi – sulle proprie azioni [e, dall’altra, come] l’impossibilità di questi soggetti d’identificarsi in maniera ricca di senso con ciò che fanno e con coloro con cui lo fanno». Congedandosi da Hegel ed Heidegger, Marcuse e Fromm, l’alienazione di Jaeggi si confronta così con i processi di soggettivazione e con le possibilità di autodeterminazione attivabili nella tarda modernità.

Al pari di altri termini fondamentali della letteratura filosofica del Novecento, anche il concetto di “alienazione” ha subito negli ultimi decenni un processo di progressivo eclissamento dal dibattito teorico e politico, che solo negli ultimi anni sembra, in parte, essersi arrestato. Questo processo di marginalizzazione risulta tanto più evidente quanto più si richiama alla memoria la centralità rivestita da questo concetto nel dibattito filosofico, politico e culturale del XX secolo. La critica dell’alienazione non è stata infatti soltanto uno dei capisaldi teorici del “marxismo occidentale” e della prima teoria critica francofortese, nonché, su un altro versante della filosofia novecentesca, dell’esistenzialismo tedesco e francese. Nella seconda metà del Novecento, questa modalità di critica filosofica delle forme di vita moderne è assurta a vessillo di un’intera stagione politica e culturale. Essa ha costituito la fonte d’ispirazione di opere letterarie, artistiche, cinematografiche ed è divenuta una lente di analisi politica, sociologica e psicologica che è entrata a far parte del linguaggio comune.

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14 Marzo, 2013

Marx e la giustizia

by gabriella

Marx nel 1875Il dibattito sul Rasoio di Occam. Secondo Petrucciani, prima di Marx la critica sociale si reggeva principalmente su un impianto moralistico. Ecco perché Marx ha segnato un progresso enorme nel pensiero cui fanno riferimento le classi subalterne. Ma questo progresso nasconde anche un lato meno positivo: esso occulta il problema della giustificazione, dell’ancoraggio razionale o valoriale della critica e del conflitto. Panissidi spiega come e perché Marx non ne abbia mai avuto bisogno e anzi opponga esplicitamente la prospettiva materialistica a quella etica.

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14 Marzo, 2013

Dalla filosofia alla concezione materialistica della storia

by gabriella

Stralcio alcuni passi da questa introduzione al materialismo storico e alla dialettica di Area globale.

Marx ed EngelsMolto raramente si ricorda che una delle conclusioni teoriche di Marx è quella del superamento della divisione disciplinare della conoscenza (si potrebbe dire, della divisione del lavoro nel campo della conoscenza) e l’adozione di un approccio olistico – diciamo, interdisciplinare – ai problemi che in genere vengono catalogati come “filosofici”, “economici”, “storici”, “sociali”, “psicologici”, ecc…

il marxismo non si lascia collocare in nessuno dei comparti tradizionali del sistema delle scienze borghesi, e anche se si intendesse approntare appositamente per esso… un nuovo comparto chiamato sociologia, esso non vi rimarrebbe tranquillamente, ma continuerebbe a uscirne per infilarsi in tutti gli altri. “Economia”, “filosofia”, “storia”, “teoria del diritto e dello Stato”, nessuno di questi comparti è in grado di contenerlo, ma nessuno di essi sarebbe al sicuro dalle sue incursioni se si intendesse collocarlo in un altro» [K. Korsch, Marxismo e filosofia, Sugar, Milano, 1968, p. 87. Cit. in Nicola Abbagnano, Storia della filosofia, Vol.3, Cap.10 “Marx”].

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