Posts tagged ‘mass media’

6 Marzo, 2019

Le comunicazioni di massa 1. I media «alfabetici»

by gabriella

Prima parte della lezione sulla storia sociale dei media dedicata ai media «alfabetici», per capire che una tecnologia di comunicazione definisce e modella la società in cui sorge e, al tempo stesso, ne è espressione.


Indice

1. Le comunicazioni di massa
2. I mass media
3. I media «alfabetici»

3.1 La stampa
3.2 Il giornale

 

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1. Le comunicazioni di massa

Come si è visto, nell’articolo dedicato alla comunicazione interpersonale, la comunicazione tra individui, senza mediazione di strumenti è circolare (va dall’emittente al ricevente e viceversa), mentre la comunicazione mediale, cioè mediata da uno strumento di comunicazione (ad esempio, il telefono), può essere unidirezionale, cioè andare unicamente dall’emittente ai destinatari: è questo il caso della comunicazione dei mass media.

Olimpiadi di Pechino, 2008

Il Royal Wedding, 1981

Nella Communication Research, il filone di studi sulla comunicazione nato negli Stati Uniti dopo la prima guerra mondiale, è stato usato il latino medium per indicare un mezzo attraverso cui è possibile comunicare, il suo plurale media, associato al termine inglese mass (massa) indica quindi i mezzi di comunicazione di massa.

Con strumenti come il giornale, la radio o la TV si può infatti raggiungere un vasto pubblico, potenzialmente coincidente con un’intera società o persino con il pianeta, come è accaduto con gli eventi (planetari, appunto) delle Olimpiadi di Pechino (4 miliardi e 700 milioni di spettatori ne hanno seguito almeno un evento), della finale dei mondiali di calcio 2014 tra Germania e Argentina con un miliardo di spettatori e del matrimonio del principe Carlo d’Inghilterra con 800 milioni di spettatori nel mondo.

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6 Marzo, 2019

Le comunicazioni di massa 2. I media elettrici ed elettronici

by gabriella

Seconda parte della lezione dedicata ai mass media. Qui l’introduzione e la trattazione dei media «alfabetici».

 

Indice

1. Un medium elettrico

1.1 Il cinema

 

2. I media elettronici

2.1 La radio

2.1.1 L’uso della radio del nazismo
2.1.2 L’uso della radio del fascismo
2.1.3 L’uso bellico e civile della radio durante e dopo la guerra

2.3 La televisione

2.3.1 Lettura: Massimo Panarari, Siamo ancora figli della trash TV

 

3. I New Media

3.1 La rete delle reti
3.2
La rivoluzione informazionale
3.2 Web is Us/ing, la rete siamo noi ma ci sta usando
3.3 I social media [in stesura]

 

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1. Un medium elettrico

1.1 Il cinema

Il cinema racconta storie

Narrazione in pietra a Notre Dame

Se la stampa è lo strumento, per eccellenza, dell’informazione e, per questo, il mezzo principale di costruzione dell’opinione pubblica nel XIX secolo, il cinema è la forma più diffusa di racconto ed è dunque veicolo di modelli culturali e luogo di creazione dell’immaginario sociale, con un’influenza ancora più profonda sui suoi pubblici.

Come mostrano le cattedrali gotiche, l’immagine è sempre stata il mezzo di comunicazione diretto al popolo analfabeta. Il suo potere comunicativo e seduttivo è quindi storicamente noto. Il cinema però unisce immagine e movimento, moltiplicando il potere seduttivo di questa forma di narrazione e facendone una forma di spettacolo.

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30 Settembre, 2017

Massimiliano Panarari, Siamo ancora figli della trash tv

by gabriella

Berlusconi con Dudù davanti alle telecamere

L’egemonia sottoculturale della TV degli anni 80 si è sposata con il peggio dei social media. Tratto, con tagli e modifiche, da L’Espresso del 29 settembre 2017.

[….] Con i famosi-famigerati anni Ottanta, a colpi di tv, gossip, veline, tronisti, vip (o aspiranti tali), chirurgia estetica e reality, siamo entrati nell’Italia dell’egemonia sottoculturale.

Il concetto di egemonia è gramsciano

La celebre categoria di Antonio Gramsci, insomma, riverniciata in salsa postmoderna.

Un contrappasso da rigirarsi nella tomba per il grande filosofo marxista novecentesco: non per nulla, a cavallo tra i Settanta e gli Ottanta, il gramscismo ha conosciuto una stagione di rinnovata popolarità a destra, ed è stato perfino tinto pesantemente di nero dalla galassia europea della nouvelle droite e affini.

Dai teorici neocon statunitensi ad Alain de Benoist, fino al recentemente dimissionario dalla Casa Bianca Steve Bannon, nei decenni passati si è verificata una vera e propria corsa all’utilizzo (e al saccheggio) delle tesi del pensatore comunista, dotate di una validità universale e trasversale, e che erano invece state sostanzialmente consegnate all’oblio da una larga fetta della sinistra.

Ma la “Specificità italiana” – e, infatti, la citazione di Gramsci era entrata perfino nelle dichiarazioni di figure assai vicine al patron di Fininvest/Mediaset, come Sandro Bondi e Maria Stella Gelmini – ha riguardato l’inesausto lavoro di costruzione di un primato sottoculturale dei prodotti della televisione commerciale che, quando vuole (e serve per ragioni di ascolto), sa essere trash tv in maniera insuperabile.

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28 Giugno, 2013

Antonio Fiscarelli, Comunicazione e trasmissione secondo Danilo Dolci

by gabriella

Danilo Dolci

Il blog di Giuseppe Casarrubea segnala un bel saggio di Antonio Fiscarelli, dottorando a Lyon 2, sul conflitto tra comunicazione e trasmissione nel pensiero educativo di Danilo Dolci.

Nella storia teorica e pratica dell’educazione, la nozione di trasmissione ha sicuramente riscosso maggiore interesse rispetto a quella di comunicazione, quando questa non è stata decisamente confusa con quella. Non sottostimerei quanto abbia storicamente influito nell’affermarsi dell’una in contrasto con l’altra il fatto che per millenni le popolazioni abbiano vissuto sotto governi dittatoriali prima di cominciare l’esperienza della democrazia [Traduzione del testo francese “Danilo Dolci. Le conflit entre transmettre et communiquer et sa résolution maïeutique, presentato alla “Biennale internationale de l’éducation, de la formation et des pratiques professionnelles”, Parigi, 2012].

La trasmissione – di conoscenze, valori, tradizioni, abitudini – a cui fanno principalmente allusione alcune correnti di pensiero e pratiche educative, i modi di organizzare il passaggio generazionale dei patrimoni sociali e culturali, conserva legami molto forti con le forme di governo che anticipano la nascita della democrazia. Un modello educativo –che Danilo Dolci non ha esitato a definire trasmissivo, nel senso peggiore del termine- si è formato durante secoli di tirannie e dispotismi, di cultura oppressiva, autoritaria e violenta. Al contrario, la nozione di comunicazione e tutto l’universo immaginario che essa implica, sono comparsi solo negli ultimi due tre secoli di progressivo sviluppo dei grandi stati democratici. Questi sono fondati su un’idea molto positiva di comunicazione, intesa come partecipazione e apertura agli scambi e alle relazioni reciproche tra individui e gruppi (ciò che faciliterebbe anche gli scambi meramente economici come li possiamo osservare oggi, fondamentali per il tipo di democrazia che gli stati moderni hanno adottato, ciascuno interpretandolo a modo proprio), mentre le dittature puntano a rompere la comunicazione di individui e gruppi verso l’esterno, a ridurla drasticamente all’interno, a strutturare una comunicazione interna inoculante e omologante.

Nel praticare scambi ridotti al poco che basta per conservare il controllo e il dominio di pochi su molti, anche nelle democrazie la comunicazione resta su alcuni piani appunto vincolata ancora al modello trasmissivo (l’esempio più tipico è quello dato dai mass-media e dalla politiche didattiche nelle scuole e nelle università).  Tuttora prevalente nei centri sensibili dell’educazione dei popoli, tale modello è l’esito dell’interiorizzazione dei modelli precedenti, solo parzialmente influenzati dalla moderna cultura democratica, molto limitatamente cresciuti di autentico democratico modo di essere e fare a seconda del paese).

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1 Novembre, 2012

Spin doctor

by gabriella

Molti sono venuti a conoscenza degli spin doctor da quando si parla di Casaleggio come consulente di Grillo e di Giorgio Gori, consulente di Renzi. Ma chi sono gli spin doctor e davvero c’è un pericolo nella loro diffusione?

Lo Spin doctor viene definito dal dizionario della Oxford University Press come una

persona incaricata di presentare le scelte di un partito politico sotto una luce favorevole. Nel corso del novecento, il termine è andato assumendo un significato deteriore. Poiché è venuta a indicare l’autore di raggiri o il manipolatore di parole o notizie. Con esso si indicano in politica sempre più spesso i portavoce e i consiglieri degli uomini politici e, a volte, gli stessi uomini politici.

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