Posts tagged ‘mobilità sociale’

23 Febbraio, 2017

Status e ruolo

by gabriella

Indice

1. Origine e significato del concetto di status
2. Il possesso dello status
3. Il concetto di ruolo

 

1. Origine e significato del concetto di status

Indicatori di status sociale

Indicatori di status

Con il termine latino status si intende la posizione occupata da un individuo nella società.

La posizione sociale è una determinata condizione in un sistema di relazioni, alla quale sono connessi diritti o doveri, e un certo grado di prestigio (onore, rispetto, deferenza) corrispondente a qualche forma di ricchezza o proprietà, di potere o d’in­fluenza. In questa accezione lo status identifica e segnala una posizione sociale, mentre il ruolo ne è la conseguenza sul piano normativo; prescrive, cioè i comportamenti conformi allo status.

Nell’antica Roma, il termine status indicava la condizione giuridica di una persona, ovvero la sua idoneità ad essere il sog­getto di un determinato diritto civile, politico, patri­moniale.

Era detta status libertatis la condizione di una persona che nasceva libera, o lo diventava per concessione del padrone o per affrancamento; status civitatis la condizione di cittadino romano, spettante per na­scita o per riconoscimento legale; status familiae la condizione di membro di una familia o di un casato.

Nel diritto romano era pertanto implicita la distin­zione tra status e posizione, cioè la consapevolezza della natura convenzionale dello status, come mostrano i casi in cui ad uno degli occupanti di un medesimo officium (servizio, posto, carica, corrispondente appunto a posizione) era attribuito per merito uno speciale status, o i casi di acquisto o perdita dello status civitatis, la cittadinanza romana.

Ai romani non sfuggiva nemmeno la natura relazionale e produttrice di diseguaglianza dello status, poiché il filius ne aveva uno meno prestigioso di quello del pater, mentre lo schiavo o lo straniero non ne avevano nessuno.

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27 Agosto, 2012

Marc Augé, La dittatura del presente

by gabriella

 Futuro«La crisi provocata dalla finanza ci ha rubato il futuro. Lo ha letteralmente seppellito sotto le paure del presente. Tocca a noi riprendercelo». A dirlo è Marc Augé, uno dei più celebri antropologi del mondo, nel suo ultimo libro, Futuro, (Bollati Boringhieri). Misura accuratamente le parole l’autore di Non luoghi. Non ha la veemenza né l’irruenza del tribuno, eppure dietro la sua riflessione pacata si avverte il rigore inflessibile dell’illuminista. Che lascia al mondo una speranza: quella di essere salvati dalle donne. Intervista a Marc Augé di Marino NiolaRepubblica, 19 marzo 2012.

Perché per la maggior parte delle persone l’avvenire è diventato un incubo più che una speranza?
Le cause sono molte, ma due mi sembrano decisive. L’accelerazione impressa alle nostre esistenze dalle nuove tecnologie e la crisi della finanza. Una miscela esplosiva che ha cambiato l’esperienza individuale e collettiva del tempo. Facendo dilagare l’incertezza, rendendo epidemico il timore di ciò che ci aspetta.

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11 Febbraio, 2012

Enrica Rigo, Maurizio Ricciardi, Il diritto d’accesso negato dalla meritocrazia

by gabriella

Tratto da Manifesto dell’11 febbraio 2012.

Bourdieu[…] In Italia, vi sono stati anni (non molti purtroppo) in cui nelle università vi erano, insieme agli altri, i figli degli operai. Vi è stata una generazione (o forse più d’una) per la quale “mobilità sociale” ha significato poter rivendicare con orgoglio di essere la prima o il primo laureato o diplomato in famiglia. Ma questo non ha nulla a che fare con “l’essersi fatti da soli”. È stato fatto dalla scuola pubblica, dall’università pubblica.

Sulla funzione che altrimenti l’istruzione ha anche nei sistemi democratici varrebbe la pena rileggersi le pagine di Pierre Bourdieu che mostrano come la monopolizzazione del capitale culturale è funzionale alla costruzione di gerarchie invalicabili, alla istituzionalizzazione di modi di dominazione che pretendono che i dominati riconoscano come giusta la propria subordinazione. Certo, sembra difficile immaginare di trovare i volumi di Bourdieu nella biblioteca privata di chi accusa gli studenti fuori corso (lavoratori?) di essere degli “sfigati” o i precari che non riescono a pagarsi l’affitto dei “cocchi di mamma”. Sono probabilmente spariti anche dalle biblioteche di molti “progressisti”. Non è raro, infatti, trovare in giornali del centro-sinistra le storie di successo di “giovani ricercatori meritevoli” che sono riusciti ad affermarsi “nonostante tutto”, magari all’estero, sia pure utilizzate per denunciare l’inadeguatezza del sistema italiano nel comprenderne il talento. Merito e talento vengono trattati come qualità “naturali”, legittimando esplicitamente la meritocrazia come capacità del sistema di saper riconoscere e premiare nella giusta misura chi è stato baciato dalla sorte con tali doti.

la scuola di EnricoMa se bisogna riconoscere una ricchezza all’istruzione pubblica italiana, questa è proprio la sua inclusività. Merito e eccellenza non sono doti “naturali”, ma il prodotto di un sistema che consente a Franti e Garrone di avere Derossi come compagno di banco (e si spera che almeno il libro Cuore sia stato letto da Monti a Martone). Nell’alimentare i falsi miti, il governo dei professori sembra voler realizzare la terrificante utopia negativa descritta da Michael Dunlop Young nel suo The Rise of Meritocracy, dove sono i secchioni a governare il mondo, in quanto ultima e più perfetta espressione di un mondo diviso prima in caste e poi in classi. È questo l’unico significato che bisogna tornare ad attribuire al termine meritocrazia. Ed era anche quello che gli attribuiva il vecchio laburista Young, tranne dover poi registrare con rammarico che il New Labour di Tony Blair la considerava un valore positivo.

Vice-ministro del governo Monti

Vice-ministro del governo Monti, nel gennaio 2012 Michel Martone dà dello “sfigato a chi laurea a 28 anni

Le esternazioni di Martone non sono gravi perché urtano la sensibilità di qualcuno. I passaggi politicamente eloquenti, quasi ignorati dalla stampa, sono quelli dove il sottosegretario loda i giovani figli di immigrati che scelgono gli istituti tecnici invece dei licei. Ovvero, che scelgono di “stare al proprio posto”Monti e Cancellieri sono ben consapevoli che il desiderio di un “posto fisso” può, in realtà, celare l’insidiosa aspirazione a uscire dalla subalternità a cui il precariato costringe in quanto condizione di vita. Il “posto fisso” contempla l’insidia del rifiuto e dell’indisponibilità al lavoro a ogni costo […].

Ma forse rimane un ultimo conmalcolmsiglio di lettura da dare ai professori e ai loro portaborse. Vi è un passaggio, nell’autobiografia di Malcom X, nel quale è descritta una conversazione tra il giovane Malcom e un suo professore di liceo. Interrogato su che lavoro vorrà fare, Malcom risponde senza rifletterci che vuole diventare avvocato. Il prof. Ostrowski, sorpreso, paterno e senza cattive intenzioni, lo esorta a essere realista. Gli spiega che “per il fatto di essere un negro” è meglio che pensi di fare il falegname. Certamente è in quel momento che il giovane Malcom diviene consapevole di cosa avrebbe fatto da grande.


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