Posts tagged ‘naturalizzazione di una costruzione culturale’

14 Settembre, 2012

Come l’ideologia naturalizza una costruzione culturale. L’esempio di Locke con il diritto di proprietà

by gabriella

Quello che segue è – nelle intenzioni se non nel risultato – un corsivo, sulla fondazione del diritto di proprietà in John Locke. Si tratta quindi di un testo un po’ strafottente o per lo meno non reverente verso il grande filosofo.

Naturalizzare il diritto di proprietà agganciandolo alla legge di natura (o lex divina) è stata una delle operazioni più brillanti del Locke filosofo politico, anche se altre sue magistrali elaborazioni come quella sul concetto di tolleranza (non estendibile agli intolleranti, cioè ai cattolici) e sul funzionamento dell’istituzione parlamentare godono da sempre di una attenzione maggiore.

Visto che vogliamo discutere di come una costruzione culturale viene fatta passare per legge eterna e inamovibile, potremmo ricordare le osservazioni di Foucault, Barthes e dei francofortesi, laddove viene chiarito che ciò che tra i filosofi passa per il “senso comune,” non è che la sedimentazione di un pensiero attivo, per sua natura sempre critico, che viene fatto decantare perdendo la caratteristica di negazione e trasferendo la nuova positività (e normatività) in un ambito che Barthes definiva “mitico” cioè immediato, evidente, naturale.

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14 Agosto, 2012

Pierluigi Vuillermin, Brecht: “Cinque difficoltà per chi scrive la verità”

by gabriella

Il Brecht parresiaste, analizzato in un brillante saggio di Pierluigi Vuillermin uscito su Kainòs nel 2012.

Chi ai nostri giorni voglia combattere la menzogna e l’ignoranza e scrivere la verità, deve superare almeno cinque difficoltà. Deve avere il coraggio di scrivere la verità, benché essa venga ovunque soffocata; l’accortezza di riconoscerla, benché venga ovunque travisata, l’arte di renderla maneggevole come un’arma; l’avvedutezza di saper scegliere coloro nelle cui mani essa diventa efficace; l’astuzia di divulgarla fra questi ultimi.

Bertold Brecht

In questo saggio1 mi propongo di rileggere, e in un certo senso riattualizzare, un famoso testo brechtiano degli anni Trenta. Si tratta di uno scritto politico-letterario che Brecht pubblica nel 1935, dopo l’avvento di Hitler al potere, in cui il drammaturgo tedesco, ormai in esilio, rivolgendosi agli artisti e agli intellettuali, enuncia le regole programmatiche (quasi un manuale di strategia militare) per dire la verità ai deboli e combattere la menzogna dei potenti.

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