Posts tagged ‘Rancière’

22 Luglio, 2013

Riccardo Antoniucci, Ceci n’est pas un peuple

by gabriella

que'est-ce que un peupleStralcio dall’articolo dedicato dal Rasoio di Occam a Qu’est-ce un peuple?, nuovo testo collettaneo dell’editore canadese La Fabrique, le definizioni di popolo, popolare e populismo offerte da Alain Badiou,  Pierre Bourdieu, Judith Butler e Jacques Rancière e le conclusioni dell’ottimo redattore di Francesismi.

Esistono, per Alain Badiou, quattro sensi in cui intendere il termine “popolo”, due negativi e due positivi. La prima declinazione, negativa, è quella identitaria, razzista, di un popolo tanto “puro”, tanto “originario”, quanto immaginario. La seconda, altrettanto negativa, è quella che

subordina il riconoscimento di un “popolo” a uno Stato che si suppone legittimo e buono, solo perché organizza la crescita, quando può, e quando non può almeno la persistenza della classe media»,

legando quindi indissolubilmente il suo destino a quello dello Stato nazionale.

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17 Dicembre, 2011

Jacques Rancière, La rupture c’est de cesser de vivre dans le monde de l’ennemi (“rottura” è smettere di vivere nel mondo del nemico)

by gabriella

Dialogo con Aistesis, l’ultima pubblicazione di Jacques Rancière (Paris, Galilée, 2011), nella quale il filosofo traccia una contro-storia della modernità individuando la contraddizione politica che ne è al centro.

Interview avec «Aisthesis», le philosophe Jacques Rancière trace une contre-histoire de la modernité et pointe la contradiction politique qui est au cœur de celle-ci.

Par ERIC LORET

Alors que la «fin de l’esthétique» a été proclamée depuis longtemps par la philosophie analytique, vous publiez un essai baptisé Aisthesis.. Mentre è stata proclamata da tempo la “fine dell’estetica, lei pubblica un saggio che si chiama Aisthesis ..

Il y a certes une critique de l’esthétique, depuis un certain nombre d’années, et pas seulement chez les analytiques, mais aussi chez d’autres philosophes, comme Alain Badiou. L’esthétique serait en effet un discours parasite de la philosophie sur les pratiques des arts. Si l’on est philosophe analytique, on prouve toujours que ce parasitage est le fait de gens qui ne connaissent rien à la pratique, rien au langage, rien à rien, et qui par conséquent manquent d’interroger les formes mêmes de production du discours et des œuvres. Mon propos n’est pas de défendre l’esthétique comme discipline, mais de dire que l’esthétique n’est justement pas une discipline qui s’occuperait des œuvres d’art. Elle est un régime de perception, de pensée et, contrairement à ce qu’on répète souvent, il n’y a pas d’art s’il n’y a pas un ensemble de modes de perception, de formes du jugement qui permettent de dire «ceci est de l’art» ou «ceci appartient à tel ou tel art». Fondamentalement, pour moi, même si l’on peut dire qu’il y a une histoire de l’esthétique comme discipline, qui commence à la fin du XVIIIe siècle, cette émergence n’est elle-même qu’un élément d’une configuration qui touche aux modes de perception, aux formes d’intelligibilité. «Esthétique» est donc à penser comme ce que j’ai appelé un «régime d’identification» de l’art. C’è sicuramente una crisi dell’estetica, da un certo numero di anni, e non soltanto tra gli analitici, ma anche presso altri filosofi come Alai Badiou. L’estetica sarebbe, in effetti, un discorso parassita della filosofia sulle pratiche dell’arte. Se si è filosofi analitici, si prova sempre che questo parassistismo è il fatto di gente che non conosce niente della pratica, niente del linguaggio, niente di niente e che di conseguenza manca di interrogare le forme stesse della produzione del discorso e dele opere. Il mio scopo è di difendere l’estetica come disciplina, ma di dire che l’estetica non è, in effetti, una disciplina che si occupa di opere d’arte. E’ invece un regime di percezione, di pensiero, e contrariamente a ciò che si ripete spesso, non c’è arte se manca un insieme di modi di percezione, di forme di giudizio che permettono di dire «questa è arte» o«ciò appartiene a questa o quell’arte». Fondamentalmente, per me, anche s si può dire che c’è una stoira dell’estetica come disciplina, che comincia alla fine del XVIII° secolo, questa emersione stessa non è che un elemento di una configurazione che tocca i modi della percezione, le forme di intelligibilità. L’«estetica» è dunque da pensare come ciò che io chiamo «un regime di indentificazione» dell’arte.

Il n’est donc pas question ici de l’expérience esthétique kantienne… Perciò non è in gioco qui l’esperienza estetica kantiana ..

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