Posts tagged ‘tirannide’

28 Dicembre, 2013

Il fascino dell’obbedienza

by gabriella
obbedienza

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Le recensioni[alcuni stralci da quella pubblicata su Alfabeta2 e l’intero commento di Kainós] a Il fascino dell’obbedienza. Servitù volontaria e società depressa, in cui Fabio Ciaramelli e Ugo Maria Olivieri si chiedono che cosa rende così diffusa e convinta l’obbedienza al potere e per quale ragione gli uomini cooperino alla propria stessa oppressione.

Gli autori trovano le risposte nel Discorso della servitù volontaria di La Boétie [e nel «disciplinamento» di Sorvegliare e punire] a cui riservo un commento in coda.

O popoli insensati, poveri e infelici, nazioni tenacemente persistenti nel vostro male e incapaci di vedere il vostro bene! […]
Colui che vi domina ha forse un potere su di voi che non sia il vostro? Come oserebbe attaccarvi, se voi stessi non foste d’accordo?

Etienne de La Boétie, Discours de la servitude volontarire

»Eppure solo pochi tra quanti da mezzo millennio si accostano a questo testo brevissimo e straordinario (militanti, eruditi, filosofi, scienziati politici) evitano la tentazione di chiamarsi fuori; brandendo e deviando quel «voi» – di cui dovrebbero farsi carico in prima persona – contro il bersaglio retorico di turno.

Che cosa rende così diffusa e convinta l’obbedienza al potere? Perché gli uomini lottano per la propria servitù come se si trattasse della propria salvezza? Partendo da una rilettura del Discorso sulla servitù volontaria di Étienne de La Boétie, il libro di Ciaramelli e Olivieri ne ricostruisce dapprima il contesto originario (il passaggio dalla tirannia antica alla tirannia moderna, resa possibile da raffinate tecnologie di disciplinamento sociale), per poi mostrarne l’inquietante attualità nella nostra epoca, caratterizzata dal dilagare della depressione tanto socio-economica che psichica. La servitù volontaria, denunciata da La Boétie, non dipende dagli sforzi del tiranno ma dall’attività stessa dei dominati che si rivelano gli artefici del proprio asservimento. Allo stesso modo il diffondersi di demotivazione, disinteresse e sfiducia appare un fenomeno che la società democratica può imputare soltanto a se stessa, ma proprio questa sua “responsabilità” può renderne possibile il superamento.

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14 Aprile, 2013

Ernesto De Cristofaro, Una libertà controversa. Il diritto di possedere e portare armi negli Stati Uniti

by gabriella

founding_fathers_gunsIl Rasoio di Occam approfondisce la questione del diritto alle armi che negli Stati Uniti gode di tutela costituzionale. Il tema, da tempo al centro del dibattito politico e giuridico americano non si lascia infatti ridurre agli interessi economici che solleva e alle pressioni politiche corrisponenti, ma investe le radici ideali della cultura costituzionale americana, a partire dalle quali il diritto ad essere armati mostra di avere pressoché lo stesso rilievo di altri diritti fondamentali  della persona.

Quando un uomo con la pistola incontra un uomo
col fucile, quello con la pistola è un uomo morto.
S. Leone, Per un pugno di dollari (1964)

Le stragi nei luoghi pubblici – scuole, università, residenze studentesche, cinema – rientrano tra i delitti che negli ultimi anni hanno scosso nel modo più intenso l’opinione collettiva degli Stati Uniti (ma i mass media ne hanno amplificato l’impatto su una scala molto più ampia), generando acuti sentimenti di sdegno ed esecrazione. Ogni crimine violento contro una o più persone è egualmente inaccettabile sul piano morale, ma questo tipo di eventi ha – persino se confrontati al terrorismo di matrice politica o religiosa, vulnus primario della memoria americana nell’epoca più recente – specifiche caratteristiche che enfatizzano le reazioni di repulsione e rabbia: il fatto che sovente le vittime siano adolescenti o bambini colpiti nelle scuole, luoghi-simbolo della prima socializzazione; inoltre, il fatto che essendo molto spesso tali aggressioni effetto di azioni solitarie da parte di individui giovani e incensurati, esse siano del tutto imprevedibili quanto alla tempistica, agli obiettivi, alle modalità di esecuzione ed ai possibili esiti. Una duplice angoscia si genera, dunque, considerando la dinamica di questi fatti sia dal versante delle vittime che da quello dei colpevoli.

Nell’ultimo quindicennio, periodo successivo alla strage nella Columbine high school verificatasi il 20 aprile del 1999 a Littleton (Colorado)[1], il dibattito psecond amendementubblico sulla circolazione delle armi, sulla loro accessibilità e sull’assenza (o l’insufficienza) di controlli che garantiscono a questi articoli livelli di diffusione equivalenti a quelli dei più comuni beni di mercato è stato riacceso con frequente cadenza di fronte ai nuovi episodi che hanno riaperto le ferite appena cicatrizzatesi dei precedenti, sino al picco traumatico del 14 dicembre 2012, data dell’uccisione di venti bambini in una scuola elementare a Newtown (Connecticut)[2]. In quasi nessun caso, e nemmeno in quest’ultimo – rispetto al quale il governo aveva deciso di reagire varando restrizioni alla vendita di armi automatiche ad alto potenziale offensivo (le c.d. armi d’assalto)[3] – si è messo radicalmente in discussione il principio di fondo, ossia che pistole e fucili possano essere commercializzati come avviene per altri oggetti di consumo.

Ma contrariamente a una tesi riduzionista, sebbene suggestiva, tale idea non è – o non è solo – la conseguenza del forte potere di pressione della “lobby delle armi”[4], bensì trova il suo fondamento nel secondo emendamento della Carta dei diritti (Bill of rights), che dal 1791 accompagna la Costituzione degli Stati Uniti. Esso recita così:

Essendo una milizia ben organizzata necessaria alla sicurezza di uno Stato libero, il diritto dei cittadini di detenere e portare armi non potrà essere infranto.

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