Zarathustra, l’annuncio del superuomo

by gabriella

NietzscheUna nuova umanità che si lasci alle spalle la meschina affermazione di sé [il prologo dello Zarathustra è tra le pagine classiche della critica all’individualismo borghese o “filisteo”] ed affermi onestamente le ragioni della vita [cioè di quell’esistenza piena che ogni uomo ha il dovere di conquistare e il diritto di affermare]. Questo è il lieto annuncio del superuomo, il passo del grande negatore, dunque dell’affermatore di ogni giustizia, del grande immoralista, perciò dell’unica morale che valga la pena di abbracciare.

Io amo i grandi spregiatori perchè sono i grandi adoratori, frecce del desiderio verso l’opposta riva.
Amo coloro che non cercano, oltre le stelle, una ragione per offrirsi in sacrificio o perire;
amo coloro che si sacrificano alla terra, perchè la terra appartenga un giorno al superuomo.

Quando Zarathustra giunse alla vicina città che è presso le foreste, trovò gran popolo raccolto sul mercato: poichè era corsa voce che vi si sarebbe veduto un funambolo. E Zarathustra così parlò al popolo:

«Io vi annunzio il Superuomo. L’uomo è cosa che deve essere superata. Che avete fatto voi per superarlo? Tutti gli esseri crearono finora qualche cosa che sorpassa loro stessi: e voi volete essere il riflusso di questa grande marea, e tornare piuttosto al bruto anzichè superare l’uomo?

Che cosa è la scimmia per l’uomo? Una derisione o una dolorosa vergogna. E questo appunto dev’essere l’uomo per il Superuomo: una derisione o una dolorosa vergogna.

Voi avete percorso la strada che porta dal verme all’uomo, ma molto c’è ancora in voi del verme. Una volta eravate scimmie, e ancor adesso l’uomo è più scimmia di tutte le scimmie. Ma anche il più saggio, fra di voi, non è che una cosa sconnessa, un essere ibrido tra pianta e fantasma. Ma vi dico forse di divenir piante o fantasmi?
Ecco, io vi insegno il superuomo!

Il superuomo è il senso della terra. Dica la vostra volontà: il superuomo sia il senso della terra!
Vi scongiuro, fratelli miei, restate fedeli alla terra, e non credete a coloro che vi parlano di speranze soprannaturali. Sono avvelenatori, lo sappiano o no.
Sono spregiatori della vita, moribondi, avvelenatori di sé medesimi; la terra ne è stanca: se ne vadano dunque.L’oltraggio a Dio era una volta il maggior delitto: ma Dio è morto e morirono con lui anche questi bestemmiatori. Oltraggiar la terra è quanto vi sia di più terribile, e stimare le viscere dell’imperscrutabile più che il senso della terra è una colpa spaventosa.
Una volta l’anima guardava con disprezzo il corpo: e quel disprezzo era una volta il più alto ideale – lo voleva magro, odioso, affamato. Pensava, in tal modo, di sfuggire a lui e alla terra. Oh, quest’anima era anch’essa magra, odiosa, affamata: e la crudeltà sua gioia suprema.

Ma voi pure, fratelli miei, ditemi: che cosa vi rivela il vostro corpo intorno all’anima vostra? Essa non è forse miseria e sozzura, e compassionevole contentezza di sè medesima?
In verità l’uomo è fangosa corrente. Bisogna addirittura essere un mare per poter ricevere in sè un torbido fiume senza divenire impuro.

Ecco, io vi insegno il superuomo: egli è questo mare, e in esso può inabissarsi il vostro grande disprezzo. Che di più sublime potete voi sperimentare? Ecco l’ora del maggior disprezzo, l’ora nella quale vi verrà a noia non solo la vostra felicità, ma anche la vostra ragione e la vostra virtù.

L’ora in cui dite: «Che importa la mia felicità? Essa è povertà e sozzura e miserabile contentezza. Ma la mia felicità dovrebbe giustificare la vostra stessa vita!».

L’ora in cui dite: «Che importa della mia ragione? Brama essa la scienza come il leone il nutrimento? Essa è povertà e sozzura e una miserabile contentezza!».

L’ora in cui dite: «Che importa della mia virtù? Non mi ha ancor reso furibondo. Come sono stanco del mio bene e del mio male! Tutto ciò è miseria e sozzura e miserabile contentezza!».

L’ora in cui dite: «Che importa della mia giustizia? Non vedo che io sia fiamma e carbone. Ma il giusto è fiamma e carbone!».

L’ora in cui dite: «Che importa della mia pietà? La pietà non è forse la croce su cui inchiodano colui che ama gli uomini? Ma la mia pietà non è crocifissione».

Avete già parlato così? Avete già gridato così? Ah se vi avessi già udito gridare così!
Non il vostro peccato – la vostra moderazione grida contro il cielo, la vostra avarizia nello stesso peccato!
Dov’è il fulmine che vi lambisca con la lingua? Dov’è la follia con la quale potete esaltarvi?
Ecco, io v’insegno il superuomo: egli è questo fulmine, egli è questa follia!».

Allorchè Zarathustra ebbe parlato così, uno del popolo gridò: «Abbiamo ora udito abbastanza del funambolo; fate che adesso lo vediamo!». E tutto il popolo rise di Zarathustra. Ma il funambolo che credette la parola rivolta a lui, si accinse all’opera sua.

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