14 Aprile, 2025

Normalità ed eccezione

by gabriella
Courtesy Museo della Storia della Medicina

Aperta fino al 9 maggio

Che cos’è la normalità? Che cosa intendiamo per anomalia? Se dovessimo porre queste domande a qualche Sapiens contemporaneo dagli schemi mentali particolarmente rigidi, probabilmente risponderebbe che la normalità sono le famiglie tradizionali e l’anomalia quelle arcobaleno, o che la normalità è l’orientamento eterosessuale e l’anomalia è il diverso colore della pelle di alcuni connazionali rispetto alla maggioranza (bianca). Nella categoria dell’anomalo, o dell’“anormale”, farebbero insomma rientrare tutto ciò che non si conforma a un immaginato “ordine naturale” delle cose o a una norma statistica.

Ma se a interrogarsi sul significato di questi concetti fosse, invece, la scienza, la medicina per esempio, i responsi sarebbero, ovviamente, molto diversi. E riserverebbero illuminanti sorprese, a partire dal fatto che l’anomalia e la norma, al contrario di quel che credono i nostri simili di cui sopra, non sono manicheisticamente contrapposte ma unite da un legame profondo e indissolubile.

A darci l’occasione di conoscerle, queste risposte, è una mostra interattiva in corso al Musme, il Museo della Storia della Medicina di Padova: L’anomalia e la norma. La variabilità della vita tra anatomia e biologia, pensata e allestita insieme all’Università degli Studi patavina negli spazi del quattrocentesco ex ospedale di San Francesco, il primo in città a essere destinato alla cura degli ammalati e uno dei primi al mondo a sperimentare l’insegnamento clinico.

 

La fusione tra l’anomalus e il normalis

Charles Darwin (1809 – 1882)

Partendo, appunto, dalle domande «che cosa significa normalità?» e «che cosa rende qualcosa anomalo?», l’esposizione illustra in chiave storica e scientifica l’evoluzione di questi concetti, soffermandosi specialmente sui multiformi aspetti e sulle complessità dell’anomalo.

Dal monstrum degli antichi, quel “fuori dal naturale” che provocava stupore, orrore e rifiuto, al soggetto patologico, emerso grazie all’introduzione da parte di Giovan Battista Morgagni della prospettiva anatomica nello studio delle anomalie e delle malattie, fino alla “fusione” dell’anomalus con il normalis (finalmente intesi come costruzioni socio-culturali) e al riconoscimento del ruolo fondamentale che le “irregolarità” non patologiche hanno nella diversificazione biologica e, perciò, nel processo evolutivo. Per dirla in altro modo, di come e perché l’anomalia, la non conformità, rappresenti un valore per la normalità, non solo una sua deviazione.

Particolarmente interessanti e coinvolgenti sono i reperti esposti nelle varie sezioni, soprattutto nella seconda, dedicata all’anomalo come patologia: si tratta di resti umani di grande valore scientifico provenienti dal Museo Morgagni di Anatomia dell’Università di Padova che testimoniano l’enorme salto in avanti fatto dalla medicina a cavallo tra il Sei e il Settecento quando, grazie a Morgagni, fondatore dell’Anatomia patologica, si è passati dal considerare l’anomalo come creatura mitica, prodigiosa, al riconoscerlo come soggetto patologico, disfunzionale, da curare e catalogare per la ricerca sperimentale attraverso preparazioni a secco e in liquido.

Spesso trattati con il metodo della tannizzazione – inventato da Lodovico Brunetti nell’Ottocento –, sono reperti preziosissimi ai quali è necessario accostarsi con il massimo rispetto: i piccoli gemelli siamesi dai corpicini uniti a livello di torace e addome e l’espressione dolcissima eternizzata nei loro volti, inducono persino a riflessioni profondissime, che coinvolgono la sfera del sacro e scrutano nell’insondabile mistero della carne.

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14 Aprile, 2025

L’Illuminismo e il diritto all’istruzione

by gabriella

 

Nicolas de Condorcet (1743-1794)

Il pensiero pedagogico dell’Illuminismo francese si sviluppa nel quarto di secolo che intercorre tra la cacciata dei Gesuiti da Parigi (1762) e la Rivoluzione (1789).

Dopo il 1791, il punto di riferimento obbligato del dibattito politico sull’educazione è l’articolo della Costituzione che impegna la repubblica a creare «un’istruzione pubblica, comune a tutti i cittadini, gratuita nelle parti indispensabili a tutti gli uomini».

La focalizzazione sull’istruzione popolare riflette la generale convinzione che l’istruzione rappresenti il più potente strumento di cambiamento sociale e politico e che ogni cambiamento non accompagnato dall’istruzione popolare sarebbe stato effimero.

Nell’eredità di questo dibattito possono essere rintracciate le origini della modernità politica e della scuola repubblicana.

 

Indice

1. Il dibattito prerivoluzionario e la riflessione illuminista sul sapere e sulla scuola

1.1 Il contributo del sensismo
1.2
Lo scioglimento dell’ordine gesuita e la riforma della scuola nazionale
1.3 De La Chalotais e Rolland d’Erceville: un’istruzione laica, statale e per l’élite
1.4 Hélvetius: l’educazione per il raggiungimento della felicità
1.5 Voltaire: il sapere come esercizio della critica
1.5 Diderot e D’Alembert: la raccolta e la diffusione di un sapere utile all’uomo

2. Rivoluzione ed educazione

2.1 Condorcet: l’istruzione come strumento di realizzazione dell’eguaglianza
2.2 Le proposte sulla scuola della Convenzione


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14 Aprile, 2025

Condorcet, L’educazione come emancipazione popolare

by gabriella

condorcetA Condorcet (Jean-Antoine de Caritat, marchese di Condorcet) si deve la teoria più completa della scuola repubblicana che il filosofo sviluppa in due testi capitali: i Cinq mémoires sur l’instruction publique, pubblicato nel 1791, e il Rapport sur l’instruction publique, del 1792.

Nelle Cinque memorie, per la prima volta l’idea filosofica dell’istituzione scolastica è pensata nella sua complessità e in rapporto con la sovranità popolare, cioè con l’idea che l’istruzione (pubblica statale) sia l’unico strumento capace di rendere effettivo l’esercizio dei diritti di libertà ed eguaglianza.

Proteggere i saperi da ogni potere, vedere in ogni allievo un titolare di diritti, difendere l’istruzione pubblica dagli interessi particolari e dall’utilità immediata, sono gli altri temi cruciali di quest’opera. Condorcet pensa che istruire non significhi né informare,conformare, quanto costruire un’educazione nazionale, cioè creare le condizioni per il progresso e il benessere del popolo francese e di ogni altro popolo libero.

Di seguito la traduzione della Prima memoria condotta da Mauro Poggi e me sulla versione digitale dell’opera curata dall’Università del Québec (Uqac). E’ lasciato in azzurro il testo in lingua originale delle altre quattro memorie e del Rapport sur l’instruction publique.

 

Cinque memorie sull’istruzione pubblica

Prima memoria: Natura e oggetto dell’istruzione pubblica

I. La società deve al popolo un’istruzione pubblica
II. La società deve anche un’istruzione pubblica relativa alle diverse professioni
III. La società deve ancora l’istruzione pubblica come strumento di perfezionamento della specie umana
IV. Motivi per stabilire più livelli nell’istruzione comune
V. L’educazione pubblica deve legarsi all’istruzione
VI. E’ necessario che le donne condividano l’istruzione data agli uomini

Seconda Memoria: Dell’istruzione comune per i bambini

I. Primo grado di istruzione comune
II. Studi del primo anno
III. Dei maestri

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12 Aprile, 2025

Nadia Urbinati, Le origini e il ritorno del sessismo

by gabriella

La violenza sulle donne è il picco criminale di una mentalità sempre meno minoritaria. L’impulso ideologico è parte della nuova destra globale. Per studiarla sarebbe opportuno mettere tra parentesi l’analogia col vecchio fascismo, anche se i disvalori sono gli stessi. Il fatto è che questi disvalori sono precedenti alla nascita del fascismo.

Fanno parte del pensiero reazionario mobilitato da intellettuali e politici contro il lascito della Rivoluzione francese, e soprattutto l’idea di uguaglianza nei diritti, come relazione normativa tra diversi al fine di trattare ciascuno e tutti con uguale dignità.

La sola uguaglianza accettata dalla destra antica e moderna è relativa a caratteri intrinseci. È l’uguaglianza degli uguali. A questa idea si ispira anche la mentalità della nuova destra e di un trend sempre più popolare che va sotto il nome di manosphere, manosfera.

 

Manosfera

La parola, ci dice Wikipedia, è comparsa su Blogspot nel 2009 come un gioco di parole che rimanda alla biosfera. Indica i siti web, blog e forum online che promuovono «la mascolinità, la misoginia e l’opposizione al femminismo».

Le motivazioni si avvalgono di due argomenti reiterati che Caitlin Dewey ha così sintetizzato:

1) la corruzione della società moderna ha tra le sue cause il femminismo, in violazione delle differenze sessuali intrinseche e del sovvertimento dei ruoli sociali; e

2) l’idea che solo gli uomini possono salvare la società dalla decadenza, indotta dalla cultura dei diritti, esprimendo al meglio le implicazioni, lavorative e riproduttive, della loro potenza sessuale.

Per sconfiggere le donne che occupano i ruoli “naturalmente” maschili occorre affermare l’iper-maschio e costringere le donne a sottomettersi. Visitare questi siti produce angoscia.

 

Il progetto trumpiano

La manosfera è una componente dell’ideologia che sta intorno al progetto trumpiano, rappresentata dai “secchioni” che per genio e duro lavoro sono diventati stramiliardari e fanno barriera contro le donne. Gli oligarchi sono solo maschi.

Come quelli che sedevano alla destra di Donald Trump il giorno dell’inaugurazione della sua presidenza, accompagnati da mogli e fidanzate. Altrettanto maschilista, e questa volta nelle forme note alla destra tradizionale, è quella parte di Maga che sogna il ritorno a un’America dei valori originari (famiglia e lavoro) e che sta alimentando una campagna d’opinione per convincere le donne a darsi solo alla maternità e servire la nazione ripopolando di bianchi un paese troppo multietnico. 

Questa destra globale è parte di una mentalità che osteggia, insieme al diritto alla diversità nella scelte sessuali e all’aborto, le eguali opportunità delle donne nel mercato del lavoro (una delle ragioni per cui Elon Musk attacca l’Unione europea).

È anche parte di un dibattito, dai toni spesso melliflui, sulla mascolinità tradita, che ha tutta l’aria di aizzare gli uomini contro le donne. E ha un risvolto psicologico perché, dicono gli studiosi, l’insistenza a voler definire esattamente l’identità del maschio, e poi del “brav’uomo” e di una “sana mascolinità” rivela un alterità opposizionale di riferimento che rischia di associare l’orgoglio maschio al disprezzo delle donne.

 

Formare una mentalità

Nel nome dei diritti dei “dimenticati” si mostra insofferenza verso un pubblico che parla degli uomini solo quando li critica, li condanna, li accusa. I diritti umani hanno dunque attivisti tra chi sostiene i “diritti per gli uomini” e una miriade di gruppi di lamento per un’identità vilipesa, ignorata e disprezzata.

Le vittime costruiscono il loro linguaggio, i loro riti, le loro associazioni: quella dei “celibi involontari”, quella degli “uomini che vanno per la loro strada”, quella per “i diritti dei padri” e poi la miriade di siti di conversazione globale dove si discute di misoginia con grande tranquillità e ci si trastulla con scene di violenza sulle donne.

La reiterazione è un’arma per la formazione della mentalità. Il rapporto State of American Men del 2023 parla di due terzi di giovani di età compresa tra i 18 e i 23 anni che riconoscono di avere un’incapacità di “relazioni affettive” con le ragazze.

L’autismo emotivo e sentimentale è abilmente usato e alimentato dai social che, scrive Jonathan Haidt in The Anxious Generation, sono terreno fertile per promuovere una mascolinità tossica.

7 Aprile, 2025

Nietzsche

by gabriella
Nietzsche

Friedrich Nietzsche (1844 – 1900)

Vissuto interamente nell’800, il genio di Nietzsche ha condizionato potentemente il 900, con la sua lettura dell’Occidente e i grandi temi della morte di Dio, dell’Übermensch (il superuomo, nel senso dell’oltrepassamento di sé), della volontà di potenza e dell’eterno ritorno dell’uguale.

 

Indice

1. La fine, la grandezza, la strumentalizzazione, la rilettura critica
2. La nascita della tragedia

2.1 L’apollineo e il dionisiaco

3. Socrate e la morte della tragedia
4. Il prospettivismo
5. Le Considerazioni inattuali

5.1 La seconda Inattuale: Sull’utilità e il danno della storia per la vita
5.2 Terza e quarta Inattuale: Schopenhauer come educatore, Richard Wagner a Bayreuth

 

6.La filosofia del sospetto.Il Nietzsche illuminista di Umano, troppo umano
7. La filosofia del mattino

 

7.1 La morte di Dio
7.2 La diagnosi del nichilismo dell’Occidente

 

8. Il pensiero meridiano e i temi di Zarathustra

8.1 Il superuomo
8.2 L’eterno ritorno dell’uguale

 

9. La volontà di potenza
10. Filosofare col martello

 

Wikiradio, I biglietti della follia e la biografia filosofica di Nietzsche raccontati da Maurizio Ferraris


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7 Aprile, 2025

Rousseau

by gabriella

Jean-Jacques Rousseau (1712 – 1778)

Critico della politica e della vita associata, Rousseau ha condotto una riflessione globale sui problemi della vita civile, dedicando gli sforzi più significativi alla costruzione degli strumenti politici ed educativi per modificare tale realtà.

 

Indice

1. I temi antiilluministi del Discorso sulle scienze e sulle arti

2. La critica della civiltà del Discorso sull’origine della diseguaglianza

2.1 La diseguaglianza è contraria alla legge di natura
2.2 La contestazione delle visioni dello stato di natura di Locke e Hobbes

2.2.1 Lo stato di natura in Locke
2.2.2 Lo stato di natura in Hobbes
2.2.3 Lo stato pre-civile secondo Rousseau

 

 3. L’Emilio

3.1 Libri I. L’infanzia e l’educazione negativa
3.2 Libro II. La fanciullezza e l’educazione positiva

3.2.1 L’autoregolarsi della libertà: dipendenza dalle cose e dipendenza dagli uomini
3.2.2 Contro Locke: l’illusione del ragionare coi fanciulli
3.2.3 L’esempio del maestro
3.2.4 L’apprendimento della lettura

3.3 Libro III. L’educazione dai dodici ai quindici anni

3.3.1 La nobiltà del lavoro manuale

3.4 Libro IV. L’adolescenza e l’educazione alla socialità
3.5 Libro V. La giovinezza

 

4. Il Contratto sociale

4.1 Il patto originario
4.2 Libertà ed eguaglianza

 

5. La travagliata ricezione dell’Emilio

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4 Aprile, 2025

1. La leggenda fondativa di Perugia

by gabriella

Una introduzione visiva alla storia, all’arte e alle leggende intorno alle origini della città di Perugia.

Si bene prospicicias, mira videre potes
Se osservi attentamente, puoi vedere cose meravigliose

 

Indice
1.
Perugia dall’alto. ≠MiraViderePotes
2. L’origine del nome
3. La leggenda fondativa

3.1 Le origini mitiche attribuite agli Achei, agli Umbri, ai Lidi
3.2 La leggenda del fondatore troiano Euliste
3.3 La leggenda della ricostruzione, dopo Totila, dei re di Persia e Russia
3.4 La revisione fiorentina della leggenda fondativa

 

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1 Aprile, 2025

3. Perugia etrusca

by gabriella

Perugia al crocevia umbro-etrusco

Secondo Marco Porcio Catone, Perugia è stata fondata dalla tribù umbra dei Sarsinati.

Le prime tracce di insediamenti sui Colli Landone e del Sole, dove sarebbe sorta successivamente la città, risalgono all’XI-X secolo a.C., con la presenza di villaggi villanoviani.

Non è chiaro, quindi, se gli etruschi siano subentrati agli umbri nel possesso del territorio. Perugia, infatti, era al crocevia tra le città etrusche (a nord e ad Ovest) e gli insediamenti Umbri (ad Est).

A partire dall’VIII secolo a.C., furono però, gli Etruschi, a stabilirsi sulla sommità del colle Landone e nella seconda metà del VI sec. a. C., la città etrusca, già prospera, divenne una delle 12 lucumonie della confederazione etrusca.

La sua importanza era legata alla fiorente agricoltura della pianura del Lago Trasimeno e alla sua posizione strategica in relazione al fiume Tevere e alle vie di comunicazione con i territori confinanti che le permetteva di imporre pedaggi.

Urna cineraria, Antiquarium Corciano

La civiltà etrusca, attestata soprattutto dai rinvenimenti e dalle decorazione delle necropoli, era ricca e raffinata.

I ritrovamenti archeologici risalenti al periodo più antico della città, attestano l’esistenza di sfarzose cerimonie e della presenza di un ceto assai ricco, come testimoniano i carri da parata risalenti all’VIII sec. a. C. ritrovati nell’800 in una tomba principesca a San Mariano, oggi conservati al Museo Archeologico di Perugia (MANU) e all’Antiquarium di Corciano.

Antiquarium (Corciano), Urna cineraria con scena di commiato funebre

Le donne avevano un ruolo sociale paritario, continuavano a portare il proprio nome anche da sposate e lo attribuivano ai figli insieme a quello del padre, abitudine che si mantenne a Perugia fino alla prima età imperiale.

Le aristocratiche, ma anche le donne di estrazione meno elevata, sapevano leggere e scrivere e assumevano ruoli di prestigio, economiche, religiose, forse giudiziarie. Diversamente dalle greche e romane, avevano senz’altro libertà di movimento, come attestano i corredi funebri di alcune delle loro tombe, provviste di morsi di cavallo e carri.

Dalla fine del IV sec. a. C. iniziò la decadenza etrusca e dopo la sconfitta subita dai popoli italici nella battaglia di Sentino nel 295 a.C. , Perugia entrò nell’orbita romana, pur mantenendo lingua e usanze etrusche fino all’età del primo impero.

Durante la Seconda Guerra Punica, sostenne Roma e diede assistenza all’esercito sconfitto nella sanguinosa battaglia del Trasimeno (217 a. C.).

Un momento cruciale del rapporto della città con Roma fu lo scontro che oppose Lucio Antonio e Ottaviano, futuro imperatore Augusto. Perugia, infatti, inquieta per le requisizioni condotte da Ottaviano in territorio etrusco a favore dei suoi legionari, diede asilo a Lucio Antonio, subendo un duro assedio e la vendetta di Ottaviano che, sconfitto il rivale, sterminò l’aristocrazia locale e incendiò la città (41-40 a.C.).

L’iscrizione Augusta Perusia risale al 40 a.C. quando la città etrusca fu sconfitta, data alle fiamme, poi ricostruita da Ottaviano Augusto

Dopo il Bellum perusinum, Ottaviano permise la ricostruzione della città e fece incidere l’iscrizione Augusta Perusia sull’Arco Etrusco.

Nel corso del I sec. Perugia divenne un municipium romano, acquisendo le istituzioni e la struttura amministrativa tipiche delle città romane, raggiungendo la posizione di colonia nel III secolo, sotto l’imperatore Gaio Vibio Treboniano Gallo che era di origine perugina. Di qui, l’iscrizione colonia vibia visibile sulle porte etrusche della città.

 

 

3.1 Le mura etrusche

Mura etrusche inglobate nella cinta medievale in V. San Giacomo

La costruzione dell’imponente cinta muraria di circa tre chilometri, risale al VI secolo a.C.. Le mura etrusche sono ben riconoscibili dalle pietre di enormi dimensioni – provenienti dal sito di Santa Sabina, distante alcuni chilometri dalla città – che si elevavano originariamente per circa venti metri.

Avevano inizialmente sette porte, intorno alle quali sorgevano i cinque rioni della città, dedicati ad altrettanti animali: Porta Sole (aquila), Porta San Pietro (leone), Porta Eburnea (elefante), Porta Santa Susanna (orso), Porta Sant’Angelo (cavallo).

Arco etrusco (IV a.C.) è una delle 7 porte delle mura etrusche. L’iscrizione Augusta Perusia risale al 40 a.C. quando la città etrusca fu data alle fiamme, poi ricostruita da Ottaviano Augusto

L’Arco Etrusco è la meglio conservata delle porte etrusche, benché non faccia parte delle mura originarie, più arretrate di circa venti metri.

Il duecentesco Arco dei Gigli poggia sulle antiche mura etrusche

Porta Sole si apriva originariamente nel punto più alto della città e oggi non più esistente. Ne ha ereditato il nome, l’arco dei Gigli, ricostruito nel Medioevo.

Porta Marzia

Porta Marzia

La Porta Marzia, chiamata dai perugini Porta Pulchra per i bellissimi ornamenti che contornano la struttura in travertino.

Giove (Tinia) sotto l’iscrizione Colonia Vibia. Particolare della Porta Marzia

Sopra l’arco, una loggia finemente intarsiata ospita cinque statue in pietra arenaria raffiguranti presumibilmente Giove (in etrusco Tinia) tra i dioscuri e i loro cavalli.

Risale al III sec. a. C., come testimonia l’iscrizione Colonia Vibia, in memoria dell’imperatore Vibio Treboniano Gallo che era di origine perugina.

La Porta Marzia sorgeva sul lato che guarda verso Roma ed era quindi una porta regale.

Fu spostata di quattro metri e inglobata nel muro esterno della Rocca Paolina, la fortificazione militare fatta costruire da Paolo III Farnese nel 1540, secondo il disegno dell’architetto Antonio da Sangallo.

Porta Trasimena

Originariamente etrusca è anche la bellissima Porta Trasimena che conserva dell’impianto originario le imposte etrusche.

Ricostruita nel XIV secolo, presenta l’arco ogivale e non più a tutto sesto e una scultura leonina anch’essa aggiunta nel medioevo.

Porta Eburnea o Arco della Mandorla è così chiamata perchè sorgeva vicino ad un tempio dedicato al dio Vertumno e rivestito in avorio. Recava anch’essa la scritta Colonia Vibia, non più leggibile. Anch’essa è stata modificata nel XIV secolo, assumendo la forma ogivale.

Porta di Sant’Ercolano

Urna cineraria recante le decorazioni originali, Antiquarium

L’Arco di sant’Ercolano, o porta Cornea, faceva parte delle mura etrusche ed è stato rimaneggiato nel Medioevo.

 

 

 

 

 

 

1 Aprile, 2025

Esiodo, l’aretè popolare

by gabriella

Demetra e Persefone

 Considera tutto ciò e porgi ascolto al diritto,
dimentica ogni violenza.
Ché tale è il costume che Zeus ha prescritto agli uomini:
i pesci e le fiere e gli uccelli alati si divoreranno fra loro, poiché non v’è tra loro diritto.
Ma agli uomini diede egli il diritto, sommo tra i beni.

Le opere e i giorni (Erga kài hemérai), vv. 274-278

 

Indice

1. La virtù popolare e il rovesciamento dell’aretè omerica
2. Il protagonismo del demos ionico
3.
Le Opere e i giorni: la virtù del lavoro contro la hybris
4. L’ordine divino e l’intervento degli dèi nelle cose umane
5. La virtù del demos è la virtù dell’umanità


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28 Marzo, 2025

Raffaele Simone, I colonialisti cambiano i nomi: così la lingua diventa un’arma

by gabriella

Questo bell’articolo del linguista Raffaele Simone sull’uso colonialista della parola, uscito su Domani del 23 febbraio 2025, passa in rassegna la preparazione retorica, o glottofagia, delle vecchie e nuove politiche di aggressione coloniale, dalle più note relative al Golfo del Messico e al Canale della Manica, oggetto dei poteri onomastici di Trump, alle meno conosciute, come quella del Monte Denali o dell’Alto Adige.

Prim’ancora di insediarsi, Donald Trump aveva annunciato, tra gli altri suoi propositi sconcertanti, che avrebbe ridenominato Golfo d’America quello che, fin dal Seicento, nelle carte nautiche spagnole si chiamava Golfo del Messico, come tuttora si chiama. E in effetti a questo tema ha dedicato uno dei suoi primissimi ordini esecutivi, anche se è stato osservato che in realtà i suoi “poteri onomastici” non possono andare oltre il confine degli Stati Uniti.


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