Omeopate, ginecologhe, lifecoach, agronome… sono molte le professioni attualmente in voga che nel Quattrocento avrebbero portato una donna sul rogo. Roberto Borin, autore del libro Viaggio nei borghi delle streghe ricorda quella strage silenziosa tutta al femminile. Tratto da Repubblica del 20 aprile 2011.
Rasate, affamate, torturate e arse vive. La colpa? Una sola: essere streghe. Una vera e propria “pulizia etnica” tra il Quattrocento e il Seicento, costrinse all’estinzione le detentrici di un sapere tutto femminile [la giornalista usa il termine “pulizia etnica” in modo non scientifico, per segnalare che venne colpito il “gruppo” delle donne che possedevano un sapere incompatibile con quelli ufficiali, NOTA DELLA PROF]. I numeri parlano di una cifra non inferiore alle 100mila donne uccise, ma ci sono anche teorie che parlano di dati superiori al milione [in realtà, si ritiene che complessivamente i roghi dell’Inquisizione abbiano ucciso circa un milione di persone, NOTA DELLA PROF]. Il motivo era semplice: quelle che venivano considerate streghe erano donne che si erano tramandate di madre in figlia una conoscenza approfondita delle erbe e dei cicli della natura, del corpo umano e, non da ultimo dei riti pagani pre-cristiani di Iside e Diana. La colpa di queste donne è che non si riconoscevano nell’ufficialità “intoccabile” di scienza e religione e perseguivano vie alternative.
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