Archive for 19 Agosto, 2011

19 Agosto, 2011

Zygmunt Bauman, I ragazzi deviati dal consumismo

by gabriella

Dopo aver letto l’opinione di Bauman sui riots e visto il video di RaiNews24 La voce dei saccheggiatori (in coda al testo) i miei dubbi sono aumentati. I ragazzi che parlano non sembrano affatto feticisti delle merci, a me sembrano piuttosto ragazzi disincantati immersi nel bisogno che vogliono ciò a cui pensano di avere diritto (vedi il reportage di Infoaut). Decisamente più stringente l’argomentazione di Žižek. Nell’ultimo video, durissimi scontri con la polizia.

La traduzione dell’articolo di Bauman The London Riots – On Consumerism coming Home to Roost, uscito su Social Europe è stata pubblicata l’11 agosto sul Corriere della Sera.

Queste non sono rivolte del pane o della fame. Queste sono rivolte di consumatori deprivati ed esclusi dal mercato. Le rivoluzioni non sono la conseguenza inevitabile delle ineguaglianze sociali, lo sono invece i terreni minati. ( Nella foto: il saccheggio di un negozio a Birmingham ) I terreni minati sono quelle aree disseminate a caso di ordigni esplosivi: si può star certi che alcuni di essi, a un certo punto, salteranno in aria, ma nessuno è in grado di affermare esattamente quali e quando. Se le rivoluzioni sociali sono invece fenomeni mirati, ecco che è possibile intervenire per identificarle e disinnescarle in tempo. Ma non le esplosioni da terreno minato. Nel caso dei terreni minati per mano di soldati di un esercito, si possono inviare soldati di qualche altro esercito a rintracciare le mine per disarmarle. Un compito rischiosissimo, come dice l’adagio dei militari: «Lo sminatore può sbagliare una sola volta».

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19 Agosto, 2011

Saskia Sassen, Con i riots la storia volta pagina

by gabriella

Parla Saskia Sassen, teorica dei rapporti di potere all’interno della globalizzazione. Causati anche dall’esproprio di ricchezza verso banche e enti sovranazionali, i riots inglesi segnano il limite delle democrazie liberali, qualcosa di simile al passaggio storico dal Medioevo alla modernità: che cosa resterà in piedi?

Non si sottrae alle domande. Precisa più volte il suo pensiero. Anche se vive divisa tra New York e Londra, legge attentamente i giornali per capire cosa sta accadendo nella vecchia Europa, dove ha avuto la sua educazione sentimentale alle scienze sociali, prima di spostarsi in America Latina e successivamente negli Stati Uniti. Saskia Sassen è nota per il suo libro sulle Città globali (Utet), anche se i suoi ultimi libri su Territori, autorità, diritti (Bruno Mondatori) e Sociologia della globalizzazione (Einaudi) ne hanno fatto una delle più acute studiose su come stia cambiando i rapporti tra potere esecutivo, legislativo e giuridico sotto l’incalzare di una globalizzazione economica che sta mettendo in discussione anche la sovranità nazionale. Per Saskia Sassen, il capitalismo non può che essere globale. E per questo ha bisogno di istituzioni politiche e organismi internazionali che garantiscono la libera circolazione dei capitali e le condizioni del suo regime di accumulazione della ricchezza. Per questo ha sempre guardato con sospetto le posizioni di chi considerava finito lo stato-nazione. Come ha più volte sottolineato, lo stato-nazione non scompare, ma cambia le sue forme istituzionali affinché la globalizzazione prosegua, industriata, il suo corso. E allo stesso tempo ha sempre sottolineato come le disuguaglianze sociali siano immanenti al capitalismo contemporaneo.

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19 Agosto, 2011

Malinconia: genio e follia in Occidente (8)

by gabriella

VIII. L’angelo della Storia. Malinconia e tempi moderni

Da quando la cultura si è separata dal culto e s’è fatta culto essa stessa, essa non è più di un rifiuto e, dopo appena 500 anni, il mondo è così stanco e sazio di lei che sembra quasi l’abbiano imboccato con un cucchiaio.

Thomas Mann, Faust, 1947

Lo scacco delle grandi utopie sociali e delle ideologie politiche, l’avanzata dei totalitarismi, la guerra, precipitano l’uomo del XX° secolo in un irrimediabile sentimento d’estranietà verso il mondo. In Munch, De Chirico, Hopper, la malinconia prende così corpo in un quadro quotidiano e procede attraverso uno scarto radicale tra il soggetto e il suo ambiente. In Sironi, Dix, Kiefer, essa testimonia delle rivoluzioni politiche come di quelle tecniche: all’attaccamento al passato che caratterizza l’opera del primo, corrisponde la violenza provocata dall’avvento del regime nazista in Otto Dix, mentre Kiefer si esprime ironicamente nella rappresentazione di un bombardiere tedesco in piombo (questo metallo è associato alla malinconia), indatto dunque a qualunque volo e, in più, coronato dal poliedro dell’incisione di Durer. La malinconia del XX° secolo appare così legata fondamentalmente alla storia.

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19 Agosto, 2011

Malinconia: genio e follia in Occidente (7)

by gabriella

VII. La naturalizzazione della malinconia

La depressione è una malattia cerebrale caratterizzata da delirio parziale cronico, senza febbre, intessuto a una passione triste, debilitante o oppressiva. […] la sensibilità concentrata su un solo oggetto, sembra aver abbandonato tutti gli organi: il corpo è insensibile a ogni impressione, così che lo spirito non si esercita più che su un soggetto unico che assorbe tutta l’attenzione e sospende l’esercizio di tutte le facoltà intellettuali. L’immobilità del corpo, la fissità dei tratti e della faccia, il silenzio ostinato, tradiscono il contenimento doloroso dell’intelligenza e delle emozioni. Non è più un dolore che teme, che grida, che piange, è un dolore che tace, che non ha lacrime, impassibile.

Jean-Etienne-Dominique Esquirol, Les passions considérées comme causes, symptomes et moyens curatifs de l’aliénation mentale, 1805

Se la teoria umorale è stata rimessa in causa per la prima volta nel XVII° secolo, con la scoperta della circolazione sanguigna, essa continua nondimeno a governare la percezione della malattia malinconica. Bisogna attendere gli inizi del XIX° secolo e i lavori di Esquirol perchè la malinconia non sia più inclusa nella malattia umorale.

Esquirol e Pinel ne fanno un problema dell’intelligenza, caratterizzato da delirio parziale. Ma, dalla fine del secolo, questa definizione è rigettata: “Non si sarebbe folli a metà o per tre quarti”, scrive Ballarger nel 1890. Da allora, due aspetti della malinconia patologica possono essere messi in relazione: l’abbattimento e il furore, che la medicina fino a quel momento teneva distinti con i termini di “malinconia” o ” mania”, mentre progressivamente si impone l’idea della sofferenza dei malati malinconici dei quali si pensava, fino alla metà del XIX° secolo che non provassero niente. Infine, nel 1915, in un articolo intitolato Lutto e malinconia, Freud mette in evidenza il legame tra la malinconia e il pensiero della morte.

Lypemania o malinconia?

Dal primo decennio del XIX° secolo, la malinconia entra nel campo della nascente scienza psichiatrica e diventa un oggetto di studio privilegiato per i medici. Per isolarla o distinguerla dalle altre forme che ha potuto assumere la malinconia nel corso dei secoli, il medico Esquirol propne un nuovo nome della malinconia: la depressione. “Il termine malinconia, consacrato nel linguaggio volgare per esprimere lo stato abituale di tristezza di alcuni individui, deve essere lasciato ai moralisti e ai poeti che, nella loro espressione, non sono obbligati alla stessa severità dei medici”– scrive. Il nuovo termine sembra imporsi per un certo tempo, ma è la continuità che l’ha vinta: oggi, la malinconia indica la forma più grave di depressione, chiamata anche “psicosi maniaco-depressiva” o anche “depressione bipolare”.

Malinconia, genio e follia in Occidente 1 e 23; 4; 56; 78

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19 Agosto, 2011

Malinconia: genio e follia in Occidente (6)

by gabriella

VI. Dio è morto. Il Romanticismo

Allora abbiamo visto nascere questa colpevole malinconia che si genera  nelle passioni, quando queste passioni , senza oggetto, si consumano da sole in un cuore solitario.

Chateaubriand, Genio del cristianesimo, 1804

La morte di Dio proclamata da Nietzsche, la perdita di fede concomitante, suggellano la solitudine e la desolazione dell’individuo. L’uomo del XIX° secolo si ritrova così davanti al proprio desiderio creatore, ma un desiderio disturbante, violento persino, che non sa più su cosa né perché esercitarsi. Da questo punto di vista, il quadro di Delacroix Michelangelo nel suo atelier è sintomatico della malinconia romantica: l’artista, conosciuto come un noto malinconico, è raffigurato seduto, la testa nella mano, vicino alle delle sculture che egli ha tralasciato, sul senso delel quali sembra interrogarsi.

La malinconia si definisce così in uno come l’espressione del desiderio e della sua impossibilità. Di lì l’attrazione esercitata dall’immaginario sugli artisti romantici e l’interesse che essi spesso manifestano per gli incubi e la follia. La malinconia romantica incontra così il mondo fantasmagorico, popolato di demoni, che ossessionava il monaco in preghiera con l’acedia, e la Natura è vissuta come un nuovo deserto.

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