Archive for Dicembre, 2011

5 Dicembre, 2011

Suzanne Opton: Soldier, la guerra in uno sguardo

by gabriella

di Matteo Marini: http://espresso.repubblica.it/multimedia/fotogalleria/31065931

Soldati, veterani, uomini, ragazzi. Avvolti in una coperta pesante come l’eredità che si caricano sulle spalle, di una guerra che per loro non è mai terminata: non importa che sia stato il fronte europeo del secondo conflitto mondiale, le foreste del Vietnam o il deserto iracheno. In ‘Many wars’ lo sguardo della fotografa statunitense Suzanne Opton indugia sulle figure fragili degli ex combattenti, ricoverati alla clinica medica per veterani nel Vermont, affetti da disturbi da stress post-traumatico. Le cicatrici che la guerra ha lasciato su di loro sono evidenti nei loro sguardi. Anche nella postura ostinatamente fiera delle spalle e del busto, oppure accartocciati su loro stessi. Come pupazzi rimasti schiaccati, ora rotti e logori. Le serie di immagini ‘Many Wars’ e ‘Soldier’ sono raccolte in un volume edito da Decode a ottobre 2011. In ‘Soldier‘ Opton coglie la fragilità dell’uomo e del soldato, attraverso i ritratti di giovani militari tornati dal fronte iracheno e afghano. Anche loro ripresi in una posa peculiare: la testa reclinata, appoggiata come su un letto e lo sguardo perso nel vuoto.

In uno sguardo simile si era specchiato anche Steve McCurry fotografando la sedicenne Sharbat Gula in un campo profughi vicino a Peshawar, nel 1984.

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4 Dicembre, 2011

U. Galimberti, La pazzia secondo Foucault

by gabriella

Che rapporto c’è tra la psichiatria e la follia? A sentire Foucault un rapporto perverso, essendo la psichiatria una scienza nata non per curare la follia, ma per mettere la società al riparo dalla follia, segregandola un tempo nei manicomi e oggi nel chiuso dei corpi sedati dalle pillole. Non era questo l’intento di Pinel che nel 1793 inaugurò a Parigi il primo manicomio, liberando i folli dalle prigioni, in base al principio che il folle non può essere equiparato al delinquente. Con questo atto di nascita la psichiatria si presenta come scienza della liberazione dell’ uomo. Ma fu un attimo, perché il folle, liberato dalle prigioni, fu subito rinchiuso in un’altra prigione che si chiamerà manicomio. Da quel giorno incomincerà il calvario del folle e la fortuna della psichiatria. Se infatti passiamo in rassegna la storia della psichiatria vediamo emergere i nomi dei grandi psichiatri, mentre dei folli esistono solo etichette: isteria, astenia, mania, depressione, schizofrenia.

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3 Dicembre, 2011

I caratteri della modernità filosofica

by gabriella
Tra quattrocento e cinquecento, nel percorso che va dalla dissoluzione del mondo antico alla scoperta del soggetto (‘600) [per comprendere l’essenza della modernità filosofica si vedano i paragrafi La svolta cartesiana e la soggettività del mondo], che costituisce il tratto fondamentale del pensiero moderno, ci si imbatte in tre cambiamenti rivoluzionari che determinano i caratteri di fondo della modernità: la scoperta dei popoli altri, la rivoluzione della stampa e la crisi del principio d’autorità.

Le scoperte geografiche che culminano nella scoperta dell’America (1492) e nella conquista, impongono il confronto degli europei con la diversità culturale, preparando il terreno per una riflessione sulla convenzionalità e la relatività degli usi e costumi quale quella di Montaigne (qui l’articolo dedicato a questo tema).
3 Dicembre, 2011

Frank McCourt, Ehi Prof!

by gabriella

Il terzo libro di Frank McCourt, uscito per Adelphi, si inserisce degnamente nella letteratura tragicomica dedicata alla scuola. Segnalo due passaggi che, anche fossero gli unici, meriterebbero la lettura: «Com’è che ci hai messo tanto?» (a pubblicare un libro, ndr) «Insegnavo. Ecco com’è!», «i ragazzi bisogna tenerli occupati, sennò c’è il rischio che si mettano a pensare»: effettivamente, quando li terremo impegnati a prepararsi per i test INVALSI il rischio sarà pienamente scongiurato.

In Ehi, Prof, McCourt parla della sua vita da professore. Trentamila ore di insegnamento racchiuse in aneddoti, dialoghi, scontri. Un insieme di tanti episodi che riproducono il clima delle aule dove ha lavorato, con il coro di voci, quelle dei suoi dodicimila allievi sempre in sottofondo. Il protagonista è un docente davvero particolare, a tratti bizzarro, sempre indeciso sulla scelta del suo mestiere, allergico alla burocrazia, incapace di ingraziarsi i superiori. La paura di aver sbagliato tutto, di essere, alla fine, solo “un ciarlatano” [quanto ti capisco Frank, ndr.] è sempre dietro l’angolo. Intanto gli anni passano e McCourt continua a lavorare nelle scuole, tra alti e bassi, delusioni e gioie, non smette di cercare un rapporto diverso, diretto con i suoi studenti. Ma la passione che anima questo mick (come venivano chiamati gi irlandesi), anche se non viene mai direttamente dichiarata, appare in controluce quasi in ogni pagina. E, alla fine, sarà proprio uno de suoi ragazzi a dirgli “Ehi professore. Lei dovrebbe scrivere un libro, sa?” Esattamente quello che farà il suo vecchio insegnante.

Walzer dell'ubriaco

Theodor Roethke, Il walzer di mio papà

[tratto dalla recensione del Sole24Ore] Le tragicomiche avventure del prof. vengono scandite dai racconti di piccoli avvenimenti, come se tre decenni fossero dipinti con pennellate veloci, vibranti, dai colori intensi. Sono pagine cariche di ironia, la vera cifra stilistica di questo narratore. Con una prosa concisa, semplice, efficacissima, conduce il lettore nel mondo della scuola americana, dove gli studenti sembrano già parti di una catena di montaggio e dove “i ragazzi bisogna tenerli occupati, sennò c’è il rischio che si mettano a pensare”. E allora, ecco le avventure e le disavventure del professore irlandese, da quando rischia di venire licenziato, al suo primo giorno di lavoro, perché raccoglie da terra il panino di uno studente e se lo mangia, a quando lo troviamo intento a far declamare ai suoi allievi una serie di ricette culinarie di ogni parte del mondo, mentre altri compagni, accompagnano la descrizione di ogni pietanza con gli strumenti musicali più adatti.

Nella quarta di copertina si legge:

«Frank McCourt racconta come si combatte il disastro scolastico – che non è, ahinoi, solo quello del presidente Ike Heisenhower – e come sul mutuo soccorso che c’è tra i due lati della cattedra si possa fondare il senso della vita […]».

Tra i molti episodi toccanti, scelgo la storia di Ken, ragazzo coreano che odiava suo padre. L’antefatto è la lettura in classe della poesia di Theodor Roethke, Il valzer di mio papà, il cui soggetto è il rientro a casa ubriaco di un padre lavoratore che prima di mettere a letto il figlioletto, lo coinvolge in una danza intorno al tavolo di cucina, mentre gli batte il tempo sulla fronte con una mano sporca e ferita. Anni dopo, dalla sua stanza di college, il ragazzo invia una lettera al vecchio prof. per raccontargli cosa gli resta di quella poesia:

Ken era un ragazzo coreano che odiava il padre. Raccontò alla classe che era stato costretto a prendere lezioni di pianoforte anche se a casa il piano non lo avevano. Il padre lo obbligava a esercitarsi sul tavolo di cucina e se gli veniva il sospetto che non facesse le scale a dovere, lo bacchettava sulle dita con una spatola. Stessa cosa per sua sorella di sei anni. Quando ebbero abbastanza soldi per comprarsi un pianoforte vero e la

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