Archive for Febbraio, 2012

11 Febbraio, 2012

Enrica Rigo, Maurizio Ricciardi, Il diritto d’accesso negato dalla meritocrazia

by gabriella

Tratto da Manifesto dell’11 febbraio 2012.

Bourdieu[…] In Italia, vi sono stati anni (non molti purtroppo) in cui nelle università vi erano, insieme agli altri, i figli degli operai. Vi è stata una generazione (o forse più d’una) per la quale “mobilità sociale” ha significato poter rivendicare con orgoglio di essere la prima o il primo laureato o diplomato in famiglia. Ma questo non ha nulla a che fare con “l’essersi fatti da soli”. È stato fatto dalla scuola pubblica, dall’università pubblica.

Sulla funzione che altrimenti l’istruzione ha anche nei sistemi democratici varrebbe la pena rileggersi le pagine di Pierre Bourdieu che mostrano come la monopolizzazione del capitale culturale è funzionale alla costruzione di gerarchie invalicabili, alla istituzionalizzazione di modi di dominazione che pretendono che i dominati riconoscano come giusta la propria subordinazione. Certo, sembra difficile immaginare di trovare i volumi di Bourdieu nella biblioteca privata di chi accusa gli studenti fuori corso (lavoratori?) di essere degli “sfigati” o i precari che non riescono a pagarsi l’affitto dei “cocchi di mamma”. Sono probabilmente spariti anche dalle biblioteche di molti “progressisti”. Non è raro, infatti, trovare in giornali del centro-sinistra le storie di successo di “giovani ricercatori meritevoli” che sono riusciti ad affermarsi “nonostante tutto”, magari all’estero, sia pure utilizzate per denunciare l’inadeguatezza del sistema italiano nel comprenderne il talento. Merito e talento vengono trattati come qualità “naturali”, legittimando esplicitamente la meritocrazia come capacità del sistema di saper riconoscere e premiare nella giusta misura chi è stato baciato dalla sorte con tali doti.

la scuola di EnricoMa se bisogna riconoscere una ricchezza all’istruzione pubblica italiana, questa è proprio la sua inclusività. Merito e eccellenza non sono doti “naturali”, ma il prodotto di un sistema che consente a Franti e Garrone di avere Derossi come compagno di banco (e si spera che almeno il libro Cuore sia stato letto da Monti a Martone). Nell’alimentare i falsi miti, il governo dei professori sembra voler realizzare la terrificante utopia negativa descritta da Michael Dunlop Young nel suo The Rise of Meritocracy, dove sono i secchioni a governare il mondo, in quanto ultima e più perfetta espressione di un mondo diviso prima in caste e poi in classi. È questo l’unico significato che bisogna tornare ad attribuire al termine meritocrazia. Ed era anche quello che gli attribuiva il vecchio laburista Young, tranne dover poi registrare con rammarico che il New Labour di Tony Blair la considerava un valore positivo.

Vice-ministro del governo Monti

Vice-ministro del governo Monti, nel gennaio 2012 Michel Martone dà dello “sfigato a chi laurea a 28 anni

Le esternazioni di Martone non sono gravi perché urtano la sensibilità di qualcuno. I passaggi politicamente eloquenti, quasi ignorati dalla stampa, sono quelli dove il sottosegretario loda i giovani figli di immigrati che scelgono gli istituti tecnici invece dei licei. Ovvero, che scelgono di “stare al proprio posto”Monti e Cancellieri sono ben consapevoli che il desiderio di un “posto fisso” può, in realtà, celare l’insidiosa aspirazione a uscire dalla subalternità a cui il precariato costringe in quanto condizione di vita. Il “posto fisso” contempla l’insidia del rifiuto e dell’indisponibilità al lavoro a ogni costo […].

Ma forse rimane un ultimo conmalcolmsiglio di lettura da dare ai professori e ai loro portaborse. Vi è un passaggio, nell’autobiografia di Malcom X, nel quale è descritta una conversazione tra il giovane Malcom e un suo professore di liceo. Interrogato su che lavoro vorrà fare, Malcom risponde senza rifletterci che vuole diventare avvocato. Il prof. Ostrowski, sorpreso, paterno e senza cattive intenzioni, lo esorta a essere realista. Gli spiega che “per il fatto di essere un negro” è meglio che pensi di fare il falegname. Certamente è in quel momento che il giovane Malcom diviene consapevole di cosa avrebbe fatto da grande.

10 Febbraio, 2012

Primavera araba

by gabriella

Una madre yemenita consola il figlio ferito negli scontri: è la foto vincitrice del World Press Photo 2011.

9 Febbraio, 2012

Vita di Tommaso Campanella

by gabriella

Tommaso Campanella (1568 – 1639)

Io nacqui a debellar tre mali estremi: tirannide, sofismi, ipocrisia;
ond’or m’accorgo con quanta armonia

Possanza, Senno, Amor m’insegnò Temi
Questi principii son veri e sopremi
della scoverta gran filosofia

rimedio contra la trina bugia
sotto cui tu piangendo, o mondo, fremi.
Carestie, guerre, pesti, invidia, inganno,
ingiustizia, lussuria, accidia, sdegno,

tutti a que’ tre gran mali sottostanno che nel cieco amor proprio,
figlio degno d’ignoranza, radice e fomento hanno.

Dunque a diveller l’ignoranza io vegno.

La vita di Tommaso Campanella, il pensiero, la ribellione contro la tirannide, gli atti della tortura a cui fu sottoposto per oltre un anno.

Nella poesia filosofica che Campanella titolò Delle radici de’ gran mali del mondo, le tre primalità, Potenza, Sapienza e Amore che Temi (themis), la giustizia, indica al filosofo, sono il rimedio contro la trina bugia della tirannide (quale falsa possanza), della sofistica (in quanto falsa scienza) e dell’ipocrisia (quale falso amore), dalla quale vengono tutti i mali del mondo e che è a sua volta radicata nell’amore di sé, generato dall’ignoranza.

 

Vita di Fra’ Tommaso

Contro l’ignoranza, platonica origine di ogni carenza umana, era venuto dunque battersi il calabrese Giovan Domenico Campanella (1568-1639), nato in una famiglia poverissima ed entrato ragazzo nell’ordine domenicano dove aveva potuto studiare, acquisendo una profonda sapienza filosofica. Nel contesto periferico ed emarginato della terra d’origine era maturata in Campanella l’idea di una congiura contro l’autorità politica e religiosa che egli sentiva al tramonto, dietro l’incalzare di grandi sconvolgimenti naturali e politici. Nell’attesa di quegli eventi straordinari, il filosofo si prefisse di realizzare subito un nuovo ordine: una repubblica fraterna che abolendo proprietà e gerarchie consuetudinarie, laiche ed ecclesiastiche, riaffermasse l’eguaglianza e la giustizia.

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5 Febbraio, 2012

Riccardo Achilli spiega il paradigma della “nuova macroeconomia classica”, cioè il modello che ci aiuta a diventare poveri

by gabriella

L’accordo intergovernativo di ieri ha delineato la, per così dire, “strategia” che l’Europa pensa di mettere in campo per uscire dalla crisi, illudendosi di salvare un euro che oramai anche i principali think tank liberisti internazionali danno per spacciato. La strategia è imperniata sul fiscal compact (che anche dal punto di vista comunicativo fa pensare più ad una compilation di musica dance che ad un pacchetto di politiche fiscali, ma tant’è) e su non meglio precisate linee-guida per riattivare la crescita economica ed occupazionale nei Paesi dell’Unione.

Non starò a fare una lunga analisi del “fiscal compact” (ci sono ottimi articoli che girano su Internet, ne segnalo uno ai naviganti: “Per un nuovo fiscal compact”, di Renato Costanzo Gatti). Mi limiterò ad enucleare alcuni aspetti di fondo:

l’obbligo di rientrare di un ventesimo dell’extra debito (cioè del debito pubblico superiore al 60% del PIL) all’anno comporta di fatto manovre finanziarie pari a 42 Meuro per il primo anno, 40 Meuro per il secondo, 38 Meuro nel terzo, e così via. Tale regola costringe l’economia italiana a rinunciare ad uscire dalla recessione per lustri. Di fronte alla durezza del sacrificio finanziario imposto, le cosiddette “circostanze attenuanti” che Monti sarebbe riuscito a strappare sono ben poca cosa. In realtà, ad essere precisi, non ha strappato niente, poiché ha solo ottenuto che si riportasse nel fiscal compact quanto già previsto nel “six pack” varato qualche mese fa: in sostanza, l’ammontare dell’extra-debito pubblico viene corretto per i passivi impliciti legati all’indebitamento del settore privato (significativamente più basso in Italia rispetto alla media Ue), e per una combinazione fra il costo aggiuntivo legato all’invecchiamento della popolazione, corretto per i risparmi conseguibili da riforme previdenziali. Anche a voler considerare lo scenario più ottimistico, ovvero portando a deduzione dell’extra debito pubblico l’intero ammontare di risparmio lordo privato (gli effetti finanziari più rilevanti della riforma previdenziale si faranno sentire dopo il 2014, quindi riportati al presente attualizzati, risultano di entità non molto significativa) avremmo comunque manovre finanziarie pesantissime, incompatibili con ipotesi di ripresa economica, pari a 35 Meuro nel primo anno, 33 Meuro nel secondo, 31 nel terzo, e così via;

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4 Febbraio, 2012

Identità culturale e cittadinanza: anche i francesi cadono nell’equivoco dei quiz

by gabriella

La Stampa online di oggi riporta i testi dei quiz di francesità a cui verranno presto sottoposti gli aspiranti cittadini [l’articolo è leggibile subito sotto]. Il riduzionismo dei quiz colpisce così anche la Francia il cui esecutivo si mostra incapace quanto il nostro di cogliere la differenza tra formazione e informazione. Eppure al rozzo inquilino dell’Eliseo basterebbe ascoltare poche battute di uno dei brani rap suonati ad alto volume nelle banlieue della sua città per rendersi conto che persino i beurs nati e istruiti in Francia e in possesso di nozioni ben più sofisticate di cultura francofona si guardano bene dal sentirsi francesi pur sedendosi ogni giorno sul passaporto tricolore.

[youtube=http://www.youtube.com/watch?v=SIn2gyNVCqo&list=UUtnD5ajTm2Fddu7Yk6bM4nw&index=1&feature=plcp]

[cliccare sull’icona CC per attivare i sottotitoli in italiano]

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3 Febbraio, 2012

Violinisti di strada: la poesia conquista la guardia del metro .. con osservazioni del giorno dopo su infosfera e copyright

by gabriella

Il primo ad essere conquistato dal fascino della musica è un ciclista malvestito a cui bastano poche note per empatizzare con il violinista di strada. In realtà, aveva il portafogli in mano prima ancora che il musicista inziasse: solidale a prescindere. Passano tre insensibili, ma interessati, teenagers, una signora che sembra andare di fretta si ferma a ricompensare il violinista, mentre si forma già un piccolo pubblico davanti alla stazione del metro al quale la timida spettatrice si unisce. Arriva un’altra signora che indugia affettuosamente sulla custodia aperta, lascia una moneta e sistema i denaro sotto le copie dei cd; ora è il turno dell’uomo di guardia davanti alla stazione che si avvicina alla custodia e deposita dolcemente la sua banconota. Una signora fuori forma getta uno sguardo distratto e tira dritto, un ragazzo si ferma e annuisce compiaciuto. Il violinista conclude, qualcuno si congratula.

La settimana scorsa, a Washington.

[youtube=http://www.youtube.com/watch?v=HrKHAsnkF8A]

e questo, invece, è ciò che accade ogni giorno nel métro parisien, per esempio, a Châtelet (tremenda nostalgia …).

[youtube=http://www.youtube.com/watch?v=hleB6EuAohI&feature=related]

 

Osservazioni del giorno dopo su infosfera e copyright

Il video Street Electric Violinist è uno dei tanti esempi di viralità dei social network: dalla cittadina vicino Washington nella quale il ventenne Bryson vive, le sue performance musicali hanno fatto il giro del mondo via Twitter per essere riprese dalla stampa generalista (per l’infosfera italofona, repubblica.it) delle diverse nazionalità.

Questo genere di fenomeni – ben studiati ad esempio da Mike Wesch: si veda qui e qui – sollecita osservazioni su molti piani diversi. Su quello culturale, ad esempio, è evidente che la versione classica di una musica pop (Halo, di Beyoncé), così come le versioni pop di musica barocca proposte da Andres (e da molti altri violinisti non elettrici, come Nigel Kennedy, per citare uno dei miei preferiti) realizzano un’efficace azione di promozione e volgarizzazione (o democratizzazione) di elementi di musica colta, inaccessibili senza opportuna traduzione (anche nel noto significato di “tradimento” implicato dal termine) a larghe fasce di pubblico giovanile. Non sfugge, da questo punto di vista, il potenziale educativo su cui la scuola potrebbe inserirsi, rendendo meno volatile l’interesse e l’entusiasmo per una musica di norma esclusa dalla dieta culturale degli studenti.

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1 Febbraio, 2012

Silvia di Fresco, Matteo Vescovi, L’arrestabile ascesa della scuola delle competenze. Alcune riflessioni sui cambiamenti in atto nel sistema scolastico italiano

by gabriella

Un’ottima ricognizione degli antefatti, delle mistificazioni e degli scopi inconfessabili di vent’anni di programmatico declino scolastico italiano. Bello anche il titolo che mi fa venire in mente la brechtiana “resistibile ascesa” di Hitler e la necessità che gli insegnanti italiani escano dal torpore inconsapevole che li ha avvinti e rifiutino di collaborare alla “soluzione finale”.

State pur tranquilli
ci saranno sempre
più poveri e più ricchi
ma tutti più imbecilli

G. Gaber, La razza in estinzione

1. Società della conoscenza/società del controllo di Silvia Di Fresco

Sulle pagine della rivista «L’ospite ingrato» dedicata al tema della conoscenza, Sergio Bologna1, dopo aver sottolineato l’inefficacia dell’attuale sistema formativo, concludeva il suo articolo chiedendosi quale possa essere il futuro degli studi umanistici in un contesto in cui il lavoro, e il suo linguaggio, sono altamente dominati dalla tecnologia.

Il problema ovviamente non riguarda solo l’Italia e non coinvolge solo aspetti interni alla didattica, ma riguarda il modello di società che saremo in grado di immaginare per risolvere i giganteschi problemi ecologici e sociali che il pianeta si trova ad affrontare. È quella che recentemente Martha Nussbaum ha definito come «crisi dei saperi socratici» [Internazionale, 870, pp. 36-42], cioè di quei saperi che sviluppano competenze non misurabili come la capacità di confrontarsi e mettersi in discussione, di assumere il punto di vista dell’altro, di produrre soluzioni innovative (e non esecutive) rispetto ai contesti in cui sorgono i nostri problemi.

Saperi che rappresentano le finalità di un’educazione rivolta alla costruzione di una comunità democratica, all’interno della quale l’insegnamento di materie letterarie e scientifiche va salvaguardato rispetto a un’educazione schiacciata sui saperi tecnici e specialistici. Sostiene la Nussbaum che tali insegnamenti hanno persino una finalità economicistica indiretta in quanto

l’innovazione richiede intelligenze flessibili, aperte, creative. La letteratura e le arti stimolano queste facoltà. Quando mancano, la cultura aziendale perde colpi in fretta2.

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1 Febbraio, 2012

Ilvo Diamanti, L’invasione dell’ultracibo

by gabriella

Anche il cibo è stato risucchiato nel vortice mediatico. Manipolato e riprodotto all’infinito, come ogni prodotto di successo. Così tracima dovunque. In ogni forma e in ogni format. Senza limiti, neppure alla decenza. Non è una scoperta particolarmente sorprendente, me ne rendo conto. Ma ne ho preso piena consapevolezza nei giorni scorsi, costretto a casa – e a letto – da una fastidiosa affezione alle vie respiratorie. Tra un libro e l’altro, tra un giornale e l’altro, tra una pausa di riposo e l’altra: ho guardato la tivù, facendo zapping, in modo “febbrile”. E ho “scoperto”, o meglio, ho avuto conferma, che il “cibo” è divenuto un consumo di successo. Un protagonista. Quasi come il – e forse anche più del – pallone. In diretta concorrenza con i delitti domestici e le tragedie quotidiane.

Il cibo: ha invaso ogni rete. A ogni ora del giorno. Dovunque e sempre: tavole imbandite, presidiate da cuochi, cuoche  –  dilettanti e di professione, oltre che “dilettanti di professione”.  E poi: esperti che ci guidano nella spesa, tra mercati e botteghe. La “febbre del cibo” presenta un particolare addensamento intorno all’ora di pranzo. Tanto per accompagnarci  –   e farci compagnia  –  a tavola. Ma “il pranzo è servito” anche alle altre ore del giorno. Sera e notte comprese. D’altronde, sulle piattaforme satellitari, vi sono canali tematici dove si cucina e si assaggia, cioè: si mangia e si fa da mangiare, senza soluzione di continuità. Il cibo e la cucina, peraltro, sono divenuti occasione e motivo di reality, competizioni e “competizioni reality” a ogni livello. C’è il format di MasterChef, dove una ventina di aspiranti cuochi si affrontano e si confrontano per mesi. Valutati, tallonati, vessati da “enogastronomi” di grande successo. Che, più di giudicarli, li azzannano  li insultano, in modo feroce. Mancano solo le punizioni fisiche. Secondo la regola di Highlander: ne resterà solo uno. Il prototipo americano, condotto da Gordon Ramsey, ha diverse varianti. Con una sola costante: il cuoco inquisitore e fustigatore. Che alimenta il sadomasochismo dei concorrenti  –  e degli spettatori. Trattati  – i concorrenti – come pezze da piedi. In modo da solleticare l’istinto feroce degli spettatori. C’è perfino una versione australiana riservata a bambini di 10 anni. Roba da interpellare subito gli Organismi internazionali in difesa dei minori.

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