Archive for 10 Marzo, 2012

10 Marzo, 2012

Diogene di Sinope

by gabriella

Credo ch’io potrei vivere tra gli animali,
che sono così placidi e pieni di decoro.
Io li ho osservati tante volte e a lungo;
Non s’affannano, non gemono sulle loro condizioni,
Non stanno svegli al buio, per piangere sopra i loro peccati,
Non m’indignano discutendo i loro doveri verso Dio,
Nessuno è insoddisfatto, nessuno ha la mania infausta di possedere cose,
Nessuno si inginocchia innanzi all’altro, né ai suoi simili vissuti migliaia d’anni fa,
Nessuno è rispettabile tra loro, od infelice,
sulla terra intiera.

Walt Whitman

La storia narra che Alessandro Magno, affascinato dalla possibilità di incontrare il filosofo, celebre per il suo autocontrollo e la sua assoluta indipendenza dalle cose e dal potere, gli chiese quale suo desiderio avrebbe potuto esaudire: Diogene gli chiese di spostarsi perchè gli faceva ombra. Alessandro rimase colpito dall’assoluta indifferenza e dalla mancanza di reverenza di un uomo che lo trattava da pari e ne colse, non senza fastidio, la superiorità: «Se non fossi Alessandro – disse – vorrei essere Diogene». Con questo comportamento verso l’autorità, che il filosofo condivide con molti altri, a partire da Socrate e Platone, Diogene si comporta da parresiastes, dice cioè la verità a costo della vita.

Molti aneddoti su Diogene riportano i suoi comportamenti paragonabili a quelli di un cane, e i suoi elogi alle virtù del cane. Non è noto se Diogene sia stato insultato con l’epiteto “cinico (da kynikos, l’aggettivo derivante da kyon, cane) ed abbia scelto di considerarlo un elogio, o se sia stato lui stesso a sceglierlo per sé.

Diogene riteneva, infatti, che gli esseri umani vivessero in modo artificiale e ipocrita e che dovessero studiare gli atteggiamenti del cane. Oltre a praticare in pubblico le fisiologiche funzioni corporee senza sentirsi a disagio, un cane mangerà di tutto e non si preoccuperà di dove dorme. I cani vivono nel presente senza ansietà, e non si occupano di filosofia astratta. Inoltre, sanno istintivamente chi è amico e chi è nemico. Al contrario degli uomini che o ingannano o sono ingannati, i cani riconoscono la verità.

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10 Marzo, 2012

10 marzo 1948, assassinio di Placido Rizzotto

by gabriella

Placido Rizzotto era un giovane contadino che, nell’immediato dopoguerra, dopo aver combattuto la guerra partigiana, scelse la via dell’impegno sindacale nella sua città natale, Corleone.

Una città che in quel periodo vedeva tante famiglie di contadini ridotte alla fame dalla prepotenza dei mafiosi e degli agrari. Ogni mattina, nella piazza centrale, si ripeteva il triste rito della designazione di coloro che sarebbero stati ammessi al lavoro: da un lato i contadini con il cappello in mano, dall’altro i campieri e i gabbeloti che li chiamavano ad uno ad uno, escludendo tutti quelli che avevano avuto il coraggio di chiedere il rispetto dei propri diritti di uomini e lavoratori.

Placido si ribella a questo stato di cose. Inizia a costituire delle cooperative e guida il movimento contadino per  l‘occupazione delle terre incolte, dando una possibilità di riscatto a se stesso e ai suoi compagni. Fu il padrino locale, Luciano Liggio, inquieto per le iniziative sempre più incisive di Placido, a farlo assassinare il 10 marzo 1948 in un’imboscata nelle campagne corleonesi. Aveva 34 anni.

Nel video seguente, la sua storia raccontata da Pippo Fava nell’ultima intervista rilasciata prima di essere, a sua volta, ucciso [la versione integrale qui e qui].

 

Nel 2009 il ritrovamento dei resti in una foiba di Roccabusambra, a Corleone, accanto a una cintura e a una moneta di 10 centesimi coniata negli anni Venti. Ieri (9 marzo 2012), a 64 anni dalla sua scomparsa, la polizia scientifica di Palermo è riuscita ad attribuire il frammento di una tibia al segretario della Camera del lavoro di Corleone, scomparso nel 1948.

Il discorso di Placido Rizzotto: pensare la «città giusta» in termini socratico-platonici

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