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27 Ottobre, 2012

Antonio Gargano, La Fenomenologia dello spirito

by gabriella
13 ottobre 1807, Hegel assiste all'ingresso di Napoleone a Jena

13 ottobre 1806, Hegel assiste all’ingresso di Napoleone a Jena

La lezione dedicata da Antonio Gargano alla Fenomenologia dello spirito.

[…] l’imperatore – quest’anima del mondo – l’ho visto uscire a cavallo dalla città, in ricognizione; è davvero una sensazione singolare vedere un tale individuo che qui, concentrato in un punto, seduto su un cavallo, spazia sul mondo e lo domina […].

Hegel, Lettera a Friedrich Niethammer

La Fenomenologia dello spirito era stata concepita da Hegel come un’introduzione al suo sistema filosofico, poi essa crebbe nel corso della stesura e assunse una dimensione del tutto autonoma.

Prima di parlarne è necessario riprendere brevemente le tappe del discorso che portano a quel culmine dell’idealismo che è il pensiero di Hegel. Proprio nella Prefazione alla Fenomenologia dello spirito, Hegel afferma in maniera lapidaria, categorica: «Il vero è l’intero». Se applichiamo questa affermazione alla verità filosofica, Hegel vuol dire anche che il suo sistema filosofico costituisce un passo successivo, un completamento rispetto ai precedenti: la verità della filosofia non emerge semplicemente dal sistema hegeliano, ma da tutto l’insieme della storia della filosofia; secondo Hegel, il suo stesso pensiero è vero soltanto nell’interezza, nella completezza dello sviluppo del pensiero occidentale e in particolare dell’idealismo.

Per seguire il suggerimento implicito di Hegel dobbiamo riprendere il discorso sull’interezza dell’idealismo tedesco. L’idealismo aveva superato il criticismo kantiano, che era debole dal punto di vista teoretico per il fatto di essere un sistema dualista, in quanto scindeva il fenomeno dal noumeno, e soprattutto, per la mentalità idealistico-romantica, Kant aveva il difetto di aspirare semplicemente alla conoscenza del finito, del fenomeno, senza lo slancio, tipico della cultura romantica, a cogliere l’infinito, l’assoluto.

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27 Ottobre, 2012

Antonio Gargano, Schelling

by gabriella

SchellingLa seconda lezione di Antonio Gargano dedicata alla nascita dell’idealismo tedesco e alla filosofia da Kant ad Hegel: il Romanticismo e Schelling.

Il Romanticismo

Nel raccogliere le idee per questo incontro e i testi che vorrei leggere insieme con voi, mi sono reso conto che mi ero dato un compito molto ambizioso, ma lo ridimensiono subito: parlare del Romanticismo in generale sarebbe troppo complesso, perché il Romanticismo non è semplicemente una corrente letteraria o filosofica, bensí è un fenomeno di civiltà complessiva, anzi questo è proprio uno degli elementi che ispireranno le poche cose che vi dirò. Il Romanticismo è un momento di civiltà paragonabile al Rinascimento italiano, che trova espressione nei campi più svariati dell’arte, dalla pittura alla musica, oltre che nella letteratura, nella filosofia (ma sono molto importanti anche la scienza romantica e la medicina romantica, con Hahnemann, il fondatore dell’omeopatia moderna). Si tratta di un embrione di civiltà. Dico embrione di civiltà perché questi fermenti che possiamo racchiudere sotto il nome di Romanticismo si sono manifestati dagli ultimi anni del ’700, con una preparazione un po’ precedente, fino al primo trentennio, grosso modo, dell’800, e avrebbero potuto dare luogo a un assetto diverso dei rapporti umani, poi c’è stata la chiusura di una serie di prospettive storiche, per cui del Romanticismo è sopravvissuto soltanto l’elemento letterario; voglio invece sottolineare un’interpretazione del Romanticismo come civiltà complessiva, all’interno della quale vanno iscritti anche i tre grandi idealisti: Fichte, Schelling, Hegel. Per fare questo sono costretto a compiere un passo indietro, cioè a mettere in rilievo quali sono i caratteri e i limiti dell’Illuminismo, che il Romanticismo supera.

A questo proposito vorrei sottolineare una limitazione presente in molti libri di testo e anche nella maniera tradizionale, corrente di presentare il Romanticismo, giustificata dal fatto che il Romanticismo si studia nelle scuole solo sotto l’aspetto letterario: si vede il Romanticismo come espressione del mondo del sentimento, e lo si contrappone all’Illuminismo come espressione del mondo della ragione. Di solito questa è la dicotomia che viene presentata. All’astrattezza della ragione illuministica, che avrebbe  manifestato i suoi limiti con il regresso succeduto alla Rivoluzione francese, fa seguito una specie di rivincita del sentimento, del cuore, e comunque di tutto ciò che in qualche modo è antitetico alla ragione, l’irrazionale. Se si dà questa interpretazione del Romanticismo, di questo pe-riodo della cultura europea, tra l’altro non si capisce la collocazione dei grandi filosofi come Fichte, Schelling ed Hegel, che invece sono pienamente parte del Romanticismo, ma a patto che non si consideri il Romanticismo come caratterizzato dall’antitesi del sentimento contro la ragione illuministica.

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27 Ottobre, 2012

Antonio Gargano, Fichte

by gabriella
Johan Gottlieb Fichte (1762-1814)

Johan Gottlieb Fichte (1762-1814)

La prima lezione di Antonio Gargano sulla nascita dell’idealismo tedesco e la filosofia da Kant ad Hegel: Fichte.

Kant compie una svolta radicale rispetto al pensiero precedente con la sua famosa “rivoluzione copernicana”. Con Fichte ci troviamo di fronte ad una svolta ancora più radicale. Il pensiero, come la storia, procede in certi  periodi con ritmi molto lenti, ma giungono poi epoche intensissime, in cui in venti-trent’anni si produce di più che in molti secoli precedenti. Una di queste età è quella della Rivoluzione francese, la cui enorme creatività intellettuale si spiega con il fermento del passaggio da un’epoca all’altra. Gli intellettuali, gli uomini di cultura della borghesia europea guardano all’evento della Rivoluzione francese come appunto ad un evento epocale, che porta un’enorme possibilità di liberazione dell’uomo. In quel momento, in cui la storia si innalza su un’onda che permette di vedere approdi più lontani, i grandi filosofi, soprattutto tedeschi, da Kant ad Hegel, riescono a scorgere possibilità decisive di liberazione e di progresso dell’umanità. Assistiamo, già a partire da Fichte, a quel fenomeno grandioso che è la nascita nella cultura romantica tedesca, che, già accennata da Kant, e in un crescendo fino ad Hegel, manifesterà una produttività intellettuale eccezionale.[…]

Kant aveva sostenuto che tutta la filosofia precedente a lui era viziata dal dogmatismo. Il dogma, la credenza non dimostrata, in cui la filosofia prekantiana sarebbe caduta, era quello della presupposizione dell’esistenza di un ordine, di leggi, all’interno della natura. Kant invece sostiene che l’io è il legislatore della natura. Con Fichte abbiamo una definizione di dogmatismo ancora più radicale, che fa ricadere nel dogmatismo lo stesso Kant. Fichte cioè sostiene che tutta la filosofia precedente, Kant compreso, è dogmatica, in quanto ha creduto nel dogma dell’esistenza di una cosa in sé, di un mondo, di una realtà di per sé stante, indipendente dal soggetto umano. Tutta la filosofia precedente a Fichte, tutta la filosofia precedente alla fondazione dell’idealismo, ha pensato che venisse prima il mondo, prima la realtà materiale, prima l’oggetto e poi il soggetto. Invece le cose stanno esattamente all’opposto, come Fichte pensa di poter dimostrare. Proprio per questo Fichte è un filosofo difficile da capire, in quanto si pone un problema decisivo, quello della fondazione ultima della realtà e del sapere, un problema che tra l’altro ai giorni nostri è assolutamente fuori moda, in quanto viviamo in un periodo di relativismo, di soggettivismo. Fichte invece, sull’onda di grandi eventi storici che danno fiducia nelle possibilità dell’uomo, è  convinto che si possa arrivare a una fondazione ultima del sapere e della realtà. In questo senso la filosofia è per lui dottrina della scienza.

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