Archive for 20 Febbraio, 2013

20 Febbraio, 2013

Giacomo Fronzi, Bellezza e città. Osservazioni sul rapporto tra estetica ed etica negli spazi urbani

by gabriella

periferie

Dal Rasoio di Occam, una riflessione sul rapporto tra estetica ed etica, bellezza-comunità nella struttura della città.

In apertura di una conferenza intitolata La pratica della bellezza, James Hillman lamenta il fatto che generalmente parlare di “bello” e di “bellezza” in filosofia ha significato per troppo tempo, e in maniera piuttosto retorica, riferirsi a una dimensione ideale, elevata, così elevata da rendere la discussione su questi temi «noiosa, ottundente, narcotizzante». Molto più interessante potrebbe essere, quindi, parlare di bellezza come «pratica», soprattutto in un momento storico (eravamo all’inizio degli anni Novanta) in cui – sostiene Hillman – il represso non è ciò che abitualmente si immagina (la violenza, la misoginia, la sessualità, l’infanzia, le emozioni, i sentimenti, lo spirito), ma la bellezza[1]. Questa idea di repressione della bellezza sollecita l’esercizio della ricerca dei luoghi in cui tale repressione sembra essere più vistosa, più profonda, più radicale. Lo spettro è decisamente ampio, ma credo che uno dei contesti in cui la repressione della bellezza ha provocato conseguenze radicali sul piano pratico, della qualità della vita e, in definitiva, etico sia la città. Procedere in questo senso, tuttavia, comporta un ripensamento critico del profilo della città, delle sue modalità di sviluppo, delle sue profondità, della sua anima, partendo dall’idea che essa sia il prodotto visibile (la «parvenza sensibile», si direbbe hegelianamente) di un’idea architettonica e urbanistica. Ciò significa collocare tali due dimensioni tecnico-pratiche lungo la linea di confine tra l’estetica e l’etica, tra pratiche della bellezza e modalità d’esistenza, tra stili espressivi e stili di vita. In questo quadro, componenti estetiche, etiche, politiche, sociali e funzionali si intrecciano, acquistando un senso complessivo del tutto nuovo.

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20 Febbraio, 2013

Giorgio Agamben, Crisi di legittimità e ipertrofia della legalità

by gabriella

AgambenLa decisione di Benedetto XVI deve essere considerata con estrema attenzione da chiunque abbia a cuore le sorti politiche dell’umanità. Compiendo il “gran rifiuto”, egli ha dato prova non di viltà, come Dante scrisse forse ingiustamente di Celestino V, ma di un coraggio, che acquista oggi un senso e un valore esemplari. Deve essere evidente per tutti, infatti, che le ragioni invocate dal pontefice per motivare la sua decisione, certamente in parte veritiere, non possono in alcun modo spiegare un gesto che nella storia della Chiesa ha un significato del tutto particolare. E questo gesto acquista tutto il suo peso, se si ricorda che il 4 luglio 2009, Benedetto XVI aveva deposto proprio sulla tomba di Celestino V a Sulmona il pallio che aveva ricevuto al momento dell’investitura, a prova che la decisione era stata meditata.

Perché questa decisione ci appare oggi esemplare? Perché essa richiama con forza l’attenzione sulla distinzione fra due principi essenziali della nostra tradizione etico-politica, di cui le nostre società sembrano aver perduto ogni consapevolezza: la legittimità e la legalità. Se la crisi che la nostra società sta attraversando è così profonda e grave, è perché essa non mette in questione soltanto la legalità delle istituzioni, ma anche la loro legittimità; non soltanto, come si ripete troppo spesso, le regole e le modalità dell’esercizio del potere, ma il principio stesso che lo fonda e legittima.

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