2 Giugno, 2013
by gabriella
Tratto da Psicanalisi e immaginazione radicale del soggetto [intervista rilasciata a Parigi, 7 maggio 1994].
Professor Cornelius Castoriadis, la sua pratica di analista ha anche un’influenza sulla sua concezione filosofica?
C’è un rapporto molto profondo tra la mia concezione della psicoanalisi e la mia concezione della politica. Ambedue infatti mirano all’autonomia dell’essere umano, anche se, ovviamente, attraverso vie diverse. La politica mira a liberare l’essere umano, a permettergli di accedere alla propria autonomia per mezzo di un’azione collettiva la quale ha come oggetto la trasformazione delle istituzioni; vale a dire, la politica mira ad instaurare delle istituzioni di autonomia. L’oggetto della politica non è la felicità, come si voleva nel Settecento e nell’Ottocento, e come intendeva anche Marx. Questa concezione non è solo erronea, ma anche catastrofica. L’oggetto della politica è la libertà. Anche l’idea americana del diritto a ricercare la felicità – contenuta nella Dichiarazione di Indipendenza – implica una nozione di autonomia del soggetto. Quando Lei parla di autonomia, la intende nel senso “americano”? No, non la intendo nel senso americano. In effetti, se lei ricorda, la Dichiarazione Americana dice: “pensiamo che Dio abbia creato gli esseri umani tutti liberi ed eguali, e con eguali diritti a perseguire la felicità”.
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2 Giugno, 2013
by gabriella
Traggo da Micromega questa utile introduzione alla tematica foucaltiana dei processi di veridizione del potere e alla loro originaria ispirazione nietzschena.
Un grande terzetto di fantasiosi studiosi
tedeschi, Nietzsche, Marx e Freud ha distrutto
il XX secolo dal punto di vista morale così come
Einstein, bandendo il moto assoluto, lo ha distrutto
cognitivamente e Joyce, bandendo la narrazione
assoluta, lo ha distrutto esteticamente.
Clifford Geertz
Scrollatevi di dosso le catene come la rugiada
caduta su di voi durante il sonno.
Siete molti, e loro sono pochi!
Percy Bysshe Shelley
Scrive Marco D’Eramo nell’ultimo numero di MicroMega:
«come raccomandava in continuazione ai suoi allievi Pierre Bourdieu, i termini della politica vanno considerati non solo strumenti, ma poste in gioco della lotta politica. Quando nel Settecento Voltaire e Diderot si impossessarono della luce, della chiarezza (si definirono illuministi) e relegarono gli avversari nell’oscurità (“i secoli bui”), avevano già vinto la partita».
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2 Giugno, 2013
by gabriella
Stiglitz non è certo il primo a sostenerlo [si veda sotto il video denuncia di Unite Squeezed Britain] ma ora, il teorema del premio nobel per l’economia dimostra l’esistenza della correlazione tra l’aumento dell’Indice di Gini (indice di diseguaglianza) e la diminuzione degli investimenti, dunque la stagnazione della crescita economica.
Come bene illustrato nell’articolo di Vladimiro Giacché (in coda) si tratta della terza confutazione consecutiva agli assunti di base dell’economia mainstream, dopo quella della tesi che il taglio del deficit abbia una modesta ricaduta (o,50%) sul PIL e la denuncia dell’errore di Rogoff e Rheingold nei calcoli a sostegno della tesi che l’oltrepassamento della soglia del 90% nel rapporto deficit/PIL inneschi la recessione economica.
[youtube=http://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=PqWsKCmofQg#!]
[youtube=http://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=B0xXaU9DE0Y]
Roberto Petrini, Repubblica del 31 maggio 2013
È la diseguaglianza il vero killer del Pil. Nei paesi dove i ricchi sono sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri il Prodotto interno lordo segna il passo e, a volte precipita. Nelle nazioni dove si estende una grande middle class si affaccia invece la prosperità. Il premio Nobel Joseph Stiglitz rompe gli indugi e formalizza in un vero e proprio teorema, come egli stesso lo definisce, la sintesi degli studi che conduce da anni.
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