In Italia, il sistema pensionistico pubblico è strutturato, seppur solo formalmente, secondo il criterio della ripartizione. Ciò significa che i contributi che i lavoratori e le aziende versano agli enti di previdenza vengono utilizzati per pagare le pensioni di coloro che hanno lasciato l’attività lavorativa. Per far fronte al pagamento delle pensioni future, dunque, non è previsto alcun accumulo di riserve.
È evidente che in un sistema così organizzato, il flusso delle entrate (rappresentato dai contributi) deve essere in equilibrio con l’ammontare delle uscite (le pensioni pagate).
In Italia, da un lato, il progressivo aumento della vita media della popolazione (fatto di per sé positivo, a meno che non si voglia ripristinare un “Monte Taigeto” di spartana memoria o una “rupe Tarpea” di latina memoria) ha fatto sì che si debbano pagare le pensioni per un tempo più lungo, dall’altro, il rallentamento della crescita economica ha frenato le entrate contributive.
Con l’evoluzione della «società dello spettacolo» sta maturando il passaggio da una forma di dominio sui corpi a una sulle menti. L’individuo, sotto attacco nella sua sfera intellettiva, rischia di perdere la capacità di agire consapevolmente e di essere soggetto della storia. Tratto da filosofiainmovimento.
Se uno degli ambiti di studio e azione più importanti della filosofia marxista è consistito nell’analisi delle forme di dominio del più forte sul più debole, la grande intuizione di Antonio Gramsci, e quindi uno dei suoi lasciti più fecondi, risiede nell’aver compreso come, con il Novecento, il terreno su cui si svolgevano – e si sarebbero svolte – le nuove forme di dominio non era più dato dal solo contesto strutturale, ma avrebbe interessato la sovrastruttura ideologica2. In forme e con modalità certamente non osservabili (e quindi prevedibili) in tutta la loro potenzialità ai tempi del pensatore sardo, ma che sono sotto gli occhi di tutti nei giorni nostri in piena epoca di trionfo della società dello spettacolo, con i suoi meccanismi tecnologici annessi3.
Un caso di falso virale e di pervertimento dell’open access a danno degli internauti meno informati. Wired Italia commenta il comunicato stampa di Speackdolphin.com e del business della no-profit Global Earth inc..
L’immagine virale che mostrerebbe come vedono i delfini è priva di qualsiasi base scientifica.
Nei giorni scorsi è circolato un comunicato stampa con allegata un’immagine che è rapidamente diventata virale: mostrerebbe infatti un esempio di come ci vedono i delfini.
L’immagine sarebbe il risultato di uno studio nel quale i ricercatori hanno registrato gli impulsi di ecolocalizzazione emessi da un esemplare di delfino e poi, grazie a uno strumento chiamato Cymascope, sarebbe stato possibile ottenere una grezza immagine che, una volta elaborata al computer, mostrerebbe la sagoma di un essere umano che si trovava nella vasca con l’esemplare al momento dell’esperimento.
Non essere prepotente. Non essere così emotiva. Non mangiare così tanto. Chissà che bella donna sarai stata da giovane.
Queste sono solo alcune delle frasi quotidiane ed ambigue, quando non propriamente sessiste, che tutte le donne si sentono rivolgere nella normalità del giorno per giorno. Ma quello che sfugge, a chi queste frasi le pronuncia, è lo spessore del “graffio” morale che comporta ascoltarle ripetutamente. Ed è una cosa che accompagna ogni donna nell’arco di tutte le sue età. Ed è proprio quest’aspetto che vuole sottolineare il video prodotto dall’Hufington Post americano e che raccoglie, dall’infanzia alla maturità, 48 commenti di donne: 80 anni si sessismo racchiusi in due minuti sono un bel riassunto, ma voglio essere soprattutto un bell’esempio (a cura di Nicola Perilli per DVideo, Repubblica).
Il sessismo della società americana nelle immagini pubblicitarie degli anni ’50
Il sito Business Pundit ha raccolto e commentato dieci immagini pubblicitarie degli anni ’50 – esemplificative della visione della donna prima della rivoluzione culturale del decennio successivo – nelle quali si evidenzia come il sessismo non fosse solo tollerato, ma atteso e incoraggiato attivamente.
La donna è raffigurata come un “angelo del focolare”, destinato all’unico ruolo di moglie devota, assolto peraltro con limitate capacità. Scorrono così davanti ai nostri occhi immagini di mariti che picchiano la moglie per non aver acquistato la miglior marca di caffé, la calpestano come uno zerbino, la consolano per aver bruciato la cena mostrandole una birra alla quale la sua inettitudine non può attentare, o la chiudono a chiave per «preservare la felicità coniugale».
Regaliamole un robot perché sappia almeno cucinare.
Nel 1076, Anselmo scrive il Monologion nel quale delinea una tesi a posteriori per dimostrare l’esistenza di Dio: l’esistenza delle cose create presuppone l’esistenza di un «sommo principio» di cui il monaco passa successivamente a considerare la natura e le perfezioni.
Riproponendo una concezione marcatamente agostiniana, Anselmo osserva che dal nulla non può venire nulla ed è assolutamente necessario che prima dell’esistenza delle cose esista nella mente del loro artefice un modello o una forma delle cose da farsi. Nella ragione del sommo principio deve insomma essere presente un’idea delle creature che le precede in termini non cronologici, ma ontologici.
Un anno dopo, ispirato dal passo dei Salmi«Lo stolto disse in cuor suo: Dio non esiste», scrive il Proslogion, nel quale espone la celeberrima prova a priori o prova ontologica – il nucleo teologico più commentato della storia della filosofia – con l’obiettivo di
«trovare un unico argomento che dimostrasse da solo, senza bisogno di nessun altro, che Dio esiste veramente e che è il Sommo Bene, che non ha bisogno di nulla e di cui tutto il resto ha bisogno per essere e per avere valore […]»Proslogion, Proemio.
La zuppetta è una delle celebri candid camera di Specchio segreto, la trasmissione di Nanni Loy andata in onda nel novembre 1965 che si ispirava al format americano ma si distingueva dall’originale per la capacità del suo autore di mettere in risalto la psicologia della vittima, andando oltre la comicità fine a se stessa del modello. La trasmissione diventò così una spietata lente di ingrandimento dell’alienazione sociale della civiltà neo industriale propria dell’Italia del boom economico. Furono prodotti venticinque sketch di cui Loy fu spesso protagonista [maggiori dettagli in Wikipedia]: i due, a mio avviso, memorabili sono La zuppetta e (l’ancora introvabile) L’evaso di Regina Coeli. Qui [visualizzarlo con Firefox]: un emigrante a Milano che chiede ospitalità per la cena di Natale.
Ne La zuppetta, Loy testimonia il clima di bonaria accettazione dello “spostato” e l’attitudine alla condivisione della gente comune (operai, pensionati, borghesi) di un bar qualunque del dopoguerra italiano (considerando diversi particolari, sembra un bar della stazione di Bologna). Ne L’evaso di Regina Coeli, Loy dà invece voce alla solidarietà dei passanti verso un sedicente evaso da Regina Coeli al quale, senza domande o moralismi, essi regalano le proprie cinture o i lacci di scarpe che dice di aver lasciato in carcere, perché possa camminare per strada senzavergognarsi e, individuato, non sia riportato in cella.
Negli anni scorsi, La zuppetta è stato uno dei video preferiti dei miei studenti, particolarmente quelli che ho incontrato per una veloce ora di supplenza. Lo stile comunicativo e l’approccio solidale dei clienti del bar bolognese stupisce e rinfranca soprattutto i ragazzi più giovani, abituati ai brutali codici comportamentali delle nostre società urbane. Li aiuta a immaginare ambienti umani più accoglienti e a storicizzare la brutalità che li circonda.
Il necrologio di Marco D’Eramo pubblicato da Micromega.
Il 12 dicembre a 79 anni è morto a Batu nell’isola di Giava Benedict Anderson, uno dei pensatori più originali e profondi, uno degli intellettuali più fini e colti della seconda metà del XX secolo. È stato anche una persona di incredibile umanità e calore umano: l’ho conosciuto nella primavera del 1993 all’Università di Chicago, dove era in visita, e poi abbiamo continuato a scriverci e a discutere.
La sua fama in tutto il mondo deriva dal libro del 1983 Imagined Communities. Reflections on the Origin and Spread of Nationalism, che è stato tradotto in più di 25 lingue e di cui il sito Worldcat censisce 127 edizioni (oltre a 56 della versione francese): nel 1996 ne ho curato la versione italiana presso la manifestolibri (Comunità immaginate. Origini e diffusione dei nazionalismi).
Ma tra gli oltre 20 volumi che ha scritto, vi sono, tra le altre, perle come The Spectre of Comparision. Nationalism, Southeast Asia and the World (20 edizioni dal 1998) eUnder Three Flags. Anarchism and the Anti-Colonial Imagination (19 edizioni dal 2005).
L’ignoranza ci distruggerà, mi sembra evidente. Ignoranza intesa non come la semplice mancanza di un titolo di studio, ma come ladisconnessione sistematica tra la realtà e la nostra capacità di comprenderla.
Leggendo i suoi racconti d’infanzia si apprende che Valeriu è un meticcio, uno di quegli individui cresciuti a metà tra due identità. Quando queste identità sono in conflitto secolare tra loro, come sono nel suo caso, la rom e la romena, la loro narrazione non può che essere ironica e illuminante. Tratto da Internazionale dell’11 dicembre 2015.
Per i primi sette anni della mia vita ho avuto una sola identità: ero semplicemente un bambino. Poi, quando sono andato a vivere a Craiova, in Romania, sono diventato uno zingaro. E zingaro sono rimasto per molto tempo. Ma mi sono dato da fare e sono stato promosso a zingaro onesto, signor zingaro, signor zingaro rom, e qualche tempo fa ho ricevuto il titolo di romeno perfino da un canale tv: ormai è ufficiale.
In questo testo del 1976, How Real is Real? Communication-Disinformation-Confusion, Watzlawick illustra come la comunicazione (parole, gesti, immagini) modelli ciò che chiamiamo “realtà”: una condizione sempre relativa, storica, costruita.
Propongo i testi:Confusione, Traduttore, traditore, I paradossi, I benefici della confusione.
In coda, un’intervista a Watzlawick sul concetto di causalità e la sua scientificità.
[Dall’introduzione] La realtà della realtà si occupa del modo in cui la comunicazione crea quella che noi chiamiamo realtà. Quest’asserzione può sembrare a prima vista davvero strana: certamente la realtà è quella che è, e la comunicazione è semplicemente un modo di esprimerla o spiegarla.
La realtà (a cui la nostra conoscenza si riferisce) è sia tonda che quadrata (sofisti). La realtà (a cui la nostra conoscenza si riferisce) NON è né tonda né quadrata (Socrate – Platone)
Nient’affatto. Come dimostreremo, le nostre idee tradizionali sulla realtà sono illusioni che andiamo accumulando per la maggior parte della nostra vita quotidiana, anche al rischio notevole di cercar di costringere i fatti ad adattarsi alla nostra definizione della realtà, e non viceversa. Ma l’illusione più pericolosa è che esista soltanto un’unica realtà.
In effetti, esistono molte versioni diverse della realtà, alcune contraddittorie, ma tutte risultanti dalla comunicazione e non riflessi di verità oggettive, eterne.
Lo stretto nesso tra realtà e comunicazione è un’idea relativamente nuova.
Sebbene fisici e ingegneri abbiano già da molto tempo risolto i problemi della trasmissione efficace dell’informazione, sebbene i linguisti siano da secoli dediti all’esplorazione dell’origine e della struttura del linguaggio, e i semantici si siano addentrati nello studio dei significati, dei segni, e dei simboli, la pragmatica della comunicazione, cioè i modi in cui gli uomini possono spingersi a vicenda verso la pazzia, e le concezioni del mondo, diversissime, che possono insorgere a causa della comunicazione, sono diventati un campo di ricerca solo negli ultimi decenni.
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