In polemica con i neoplatonici di Cambrige, in questo brano del Saggio sull’intelletto umano, Locke mostra che quanto si pretende posseduto universalmente dalla nascita, come i principi logici e le idee morali, è invece acquisito dall’esperienza.
Alcuni ritengono, come opinione incontestabile, che nell’intelligenza vi siano certi principi innati, certe nozioni primarie, altrimenti dette nozioni comuni, caratteri, per dir così, impressi nella nostra mente, che l’anima riceve fin dal primo momento della sua esistenza, portandoli con sé nel mondo.
Se i miei lettori fossero liberi da ogni pregiudizio, per convincerli della falsità di questa supposizione non avrei che a mostrar loro […] come gli uomini possano acquistare tutte le conoscenze che hanno mediante il semplice uso delle loro facoltà naturali, senza il soccorso di alcuna nozione innata; e come possano raggiungere la certezza, senza aver bisogno di alcuna di tali nozioni o principi originari.
Poiché, a mio avviso, ognuno converrà facilmente che sarebbe incongruo supporre le idee dei colori innate in una creatura, cui Dio ha dato la vista e il potere di ricevere queste idee mediante gli occhi dagli oggetti esterni. E non sarebbe meno irragionevole attribuire a delle impressioni naturali e a dei caratteri innati la conoscenza che noi abbiamo di molte verità, quando possiamo osservare in noi stessi l’esistenza delle facoltà appropriate a farci conoscere quelle verità con altrettanta facilità e certezza come se impresse nella mente fin dall’origine […].
Commenti recenti