“Cultura, non è possedere un magazzino ben fornito di notizie, ma è la capacità che la nostra mente ha di comprendere la vita, il posto che vi teniamo, i nostri rapporti con gli altri uomini. Ha cultura chi ha coscienza di sé e del tutto, chi sente la relazione con tutti gli altri esseri (…).
Cultura è la stessa cosa che la filosofia… ciascuno di noi è un poco filosofo: lo è tanto più quanto più è uomo… Cultura, filosofia, umanità sono termini che si riducono l’uno nell’altro (…). Cosicché essere colto, essere filosofo lo può chiunque lo voglia. Basta vivere da uomini, cioè cercare di spiegare a se stessi il perché delle azioni proprie e altrui, tenere gli occhi aperti, curiosi su tutto e tutti, sforzarsi di capire; ogni giorno di più l’organismo di cui siamo parte, penetrare la vita con tutte le nostre forze di consapevolezza, di passione, dì volontà; non addormentarsi, non impigrire mai; dare alla vita il suo giusto valore in modo da essere pronti, secondo le necessità, a difenderla o a sacrificarla.
La cultura non ha altro significato” [Antonio Gramsci, Quaderni del Carcere].
Antonio Gramsci, Cultura e filosofia
La riforma costituzionale
Due interventi sulla riforma costituzionale di Salvatore Settis e Gustavo Zagrebelsky.
Settis ha scritto Costituzione. Perché attuarla è meglio che cambiarla (2016) in cui analizza articolo per articolo la portata della trasformazione voluta dall’esecutivo. L’esito del referendum, ha scritto,
«riguarda il nostro futuro, la possibilità che ci si possa battere ancora, sperando di vincere, perché l’orizzonte dei diritti profilato dalla nostra Costituzione possa essere attuato, oppure, viceversa, che ci si debba rassegnare al fatto che la distanza tra governi e cittadini, politiche e diritti, aumenti ancora inesorabilmente. Possiamo immaginare quel che commenterebbe Brecht: “Non aspettarti nessuna risposta oltre la tua”».
Zagrebelsky ha invece steso in quattordici punti una sorta di manuale di decostruzione delle retoriche del SI che diventa una vera e propria guida per comprendere la democrazia e l’autoritarismo e i motivi per cui la libertà deve essere difesa dagli attacchi interessati dei più forti.
Si, perché
«le questioni costituzionali non sono mai solo tecniche» – osserva nelle conclusioni – «a ogni modifica della collocazione delle competenze e delle procedure corrisponde una diversa allocazione del potere».
Qui, per l’appunto, un articolo di Micromega che ci ricorda come la riforma della Costituzione sia stata ritenuta necessaria alla prosecuzione del saccheggio da parte di JP Morgan e dell’alta finanza.
A Catania uno studente universitario mette in difficoltà il ministro Boschi sulla riforma costituzionale.Tutte le news ► http://www.tecnicadellascuola.it/
Publié par La Tecnica della Scuola sur jeudi 19 mai 2016
Salvatore Settis, Attuarla è meglio che cambiarla
Salvatore Settis e la riforma costituzionale di Renzi
Il Prof. Salvatore Settis, intervistato da Floris ci spiega perchè è necessario impedire la riforma costituzionale così come la vuole Renzi. Ascoltate molto attentamente.
Publié par Daniela Aiuto sur mardi 3 mai 2016
L’appendice al volume di Salvatore Settis, Costituzione. Perché attuarla è meglio che cambiarla, Torino, Einaudi, 2016.
Gustavo Zagrebelsky, Cambiare la Costituzione significa cambiare i rapporti di potere tra componenti dello stato
1. Diranno che “gli italiani” aspettano queste riforme da vent’anni (o trenta, o anche settanta, secondo l’estro)
Noi diciamo che da quando è stata approvata la Costituzione – democrazia e lavoro – c’è chi non l’ha mai accettata e, non avendola accettata, ha cercato in ogni modo, lecito e illecito, di cambiarla per imporre una qualche forma di regime autoritario. Chi ha un poco di memoria, ricorda i nomi Randolfo Pacciardi, Edgardo Sogno, Luigi Cavallo, Giovanni Di Lorenzo, Junio Valerio Borghese, Licio Gelli, per non parlare di quella corrente antidemocratica nascosta che di tanto in tanto fa sentire la sua presenza nella politica italiana. A costoro devono affiancarsi, senza confonderli, coloro che negli anni hanno cercato di modificare la Costituzione spostandone il baricentro a favore del governo o del leader: commissioni bicamerali varie, “saggi” di Lorenzago, “saggi” del presidente, eccetera. È vero: vi sono tanti che da tanti anni aspettano e pensano che questa sia finalmente “la volta buona”. Ma questi non sono certo “gli italiani”, i quali del resto, nella maggioranza che si è espressa nel referendum di dieci anni fa, hanno respinto col referendum un analogo tentativo, il tentativo che, più di tutti gli altri sembrava vicino al raggiungimento dello scopo. A coloro che vogliono parlare “per gli italiani”, diciamo: parlate per voi.
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