Autostima e autoefficacia
Sul concetto di autostima, c’è ancora tanta confusione. Quante volte facciamo dipendere il nostro valore da quello che otteniamo o da quello che possediamo?
Otteniamo una promozione, o un bel voto a scuola (nel caso degli studenti) ed ecco che ci sentiamo bene, siamo felici, e l’asticella del nostro valore personale sale. Ci sentiamo meritevoli di amore e di attenzione.
Facciamo un errore, veniamo ripresi o si prende un brutto voto a scuola? Ecco che ci sentiamo tristi, sfiduciati e l’asticella del nostro valore personale scende. Sentiamo di “non essere abbastanza”, “di non valere niente”.
Autostima è, come dice la parola stessa, la stima che proviene da noi stessi e non da altri. E’ il valore che diamo a noi stessi e non dipende dai risultati che otteniamo, né dagli oggetti che possediamo. E’ il valore incondizionato di noi stessi per il semplice fatto che siamo esseri umani e facciamo esperienza del mondo giorno dopo giorno, facendo errori. L’autostima è relativa alla sfera dell’essere e non dipende da condizioni esterne.
Margaret Mead, La prima educazione e la formazione del carattere presso gli Arapesh
Tratto da Margaret Mead, Sesso e temperamento, 1935.
Come viene modellato il bambino arapesh in quella persona accomodante, gentile, ricettiva che è l’Arapesh adulto? Quali sono i fattori determinanti della prima educazione infantile, cui si deve se il ragazzo crescerà tranquillo e soddisfatto, non aggressivo e non incline a prendere l’iniziativa, incapace di sentire lo stimolo della concorrenza e invece pronto a capire e a corrispondere, ricco di calore umano, docile e fiducioso? È vero che io in qualsiasi società semplice e omogenea i bambini riveleranno da adulti gli stessi tratti generali di carattere di cui i genitori avranno dato loro il modello. Però non si tratta di imitazione. C’è un rapporto più sottile e preciso fra il modo in cui il bambino viene nutrito, messo a dormire, disciplinato, educato all’autocontrollo, vezzeggiato, punito e incoraggiato, e la formazione del suo carattere di adulto.
In qualsiasi società, presso qualsiasi popolo, il modo come uomini e donne trattano i loro bambini è una delle cose più significative nella formazione della personalità dell’adulto, ed è anche uno dei punti sui quali si manifestano più acutamente i contrasti tra i sessi. Possiamo comprendere gli Arapesh, e il temperamento caldo e materno tanto degli uomini quanto delle donne, soltanto se ci rendiamo conto della loro esperienza infantile e di quella che a loro volta fanno vivere ai figli.
Nei primi mesi il bambino non è mai lontano dalle braccia di qualcuno. Andando in giro, la madre lo porta o sul dorso, in un sacco di rete speciale sostenuto dalla fronte, o sospeso sotto uno dei due seni in una specie di bilancia di scorza d’albero intrecciata. Il secondo è il costume delle popolazioni della costa, il primo delle popolazioni delle pianure; le donne della montagna usano l’uno o l’altro, generalmente a seconda delle condizioni di salute del bambino. […] Allattato ogni volta che piange, tenuto sempre vicino a qualche donna che possa, all’occorrenza, dargli il suo seno, messo a dormire di solito a contatto con il corpo materno, portato col sacco di rete sul dorso o tenuto rannicchiato fra le braccia oppure in grembo, se la madre siede a cucinare o a fare lavori di intreccio, il bambino gode costantemente di una sensazione di calore e di sicurezza. […]
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