Archive for 8 Marzo, 2018

8 Marzo, 2018

Nelly Kaplan, Ciao mariti

by gabriella
Uomo-oggetto

L’immagine umiliante e umiliata di un soggetto degradato a cosa

Cineasta e artista surrealista, Nelly Kaplan ha scritto anche alcuni racconti femministi, tra cui questo Je vous salue, maris, anche noto come Ave, mariti in cui racconta la servitù pavloviana degli uomini nel matriarcato prossimo venturo.

Il testo può sembrare la rivincita onirica di un mondo a parti rovesciate, invece è un esperimento narrativo finalizzato allo smascheramento dell’ideologia sessista, qui ironicamente rivolta all’uomo.

Da millenni ormai viviamo di nuovo sotto il regime del ma­triarcato. Le donne hanno vinto. Hanno proprio vinto. Stiamo pagan­do duramente la loro condizione servile di un tempo. Noi, gli uomini. E ciò dura da millenni.

Eppure, talvolta ho sperato in un cambiamento. Nella storia  di questo mondo i giorni si susseguono e non rassomigliano l’uno all’altro. Nei libri di storia io cerco un motivo di speranza. In­fatti, sono uno dei pochissimi uomini che ancora ama la lettura. Durante le lunghe giornate che passo qui recluso, nella dimora in cui sono relegato, io leggo le opere degli avi. E le capisco, per­fino. Sembra che, nonostante la condizione in cui vivo, la mia intelligenza sia al di sopra della media. E per questo, senza dub­bio, che quelle mi sorvegliano con particolare insistenza. Ma ciò non mi impedisce di divorare delle opere che, a sprazzi, mi rive­lano quel che era il mondo in un lontano passato, molto prima del matriarcato. E mi fanno sognare. Invano. Perché non usciremo mai dal nostro stato. In verità, la speranza non può essere che un’illusione. Quelle ci tengono in pugno. Si sono ammirevolmen­te organizzate per darci l’essenziale: vitto, alloggio e perfino tutti i comfort. Una specie di anestesia, insomma, un’anchilosi men­tale che ci incarcera molto meglio delle sbarre di una prigione.

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8 Marzo, 2018

La donna nell’Atene classica

by gabriella

donna-al-lavabo-tondo-da-un-kylix-attico-a-figure-rosse-attribuito-al-pittore-eufronio-vi-secolo-a-c-new-york-metropolitan-museumDa Studia humanitatis, traggo due brani raccolti da Jean-Pierre Vernant sulla condizione femminile nella Grecia antica: la custodia e la negazione della cittadinanza e il matrimonio.

 

La custodia e la negazione della cittadinanza

Il sesso era un decisivo fattore per determinare chi potesse diventare cittadino adulto in senso pieno. Ad Atene, una donna era integrata nella città non in quanto cittadina, bensì in quanto figlia o moglie di un cittadino. Il diventare adulte per la maggior parte delle ragazze di condizione libera era segnato dalla tappa decisiva del matrimonio.
Alla paideía maschile corrispondeva, nel caso delle femmine, alla “custodia”. Il termine parthénos alludeva in primo luogo allo status antecedente al matrimonio, più che all’integrità fisica vera e propria.

Una legge attribuita a Solone stabiliva che, se il padre avesse scoperto che la figlia intratteneva rapporti sessuali prima del matrimonio, essa cessava di appartenere alla famiglia e poteva essere venduta. Per essa si chiudevano le prospettive del matrimonio; di qui l’importanza della “custodia”, come garanzia di preservazione delle condizioni d’accesso alle nozze. Fin dalla nascita le giovani trascorrevano gran parte della loro vita in casa, affidate alle cure della madre o delle schiave: qui, apprendevano ben presto i lavori domestici della filatura e della preparazione del cibo. Solo le feste religiose delle città erano un’occasione di uscita.

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