Archive for Giugno, 2018

23 Giugno, 2018

Carlo Rovelli, Sette brevi lezioni di fisica

by gabriella

Lo spazio è curvo e la meccanica newtoniana non vale per tutte le dimensioni della materia: se c’è un tratto essenziale nella scienza novecentesca è quello del dubbio, della rivoluzione, del ripensamento di ciò che sembrava più stabile.

In queste bellissime brevi lezioni, Rovelli ci presenta i due principali paradigmi della scienza novecentesca e il loro paradosso di teorie sperimentali empiricamente verificate e al tempo stesso in conflitto.

La più sorprendente delle due, la meccanica quantistica, ci suggerisce che nella realtà microfisica non c’è oggettività, che le cose non sono oggetti collocati in un luogo e capaci di spostarsi o di cambiare nel tempo, ma reti di relazioni, intersoggettività, materia che esiste solo quando va a sbattere con qualcos’altro. La stessa realtà pensata da Eraclito, Democrito, Epicuro, Hegel.

 

Indice

Lezione prima. La più bella delle teorie
Lezione seconda. I quanti
Lezione terza. L’architettura del cosmo
Lezione quarta. Particelle
Lezione quinta. Grani di spazio
Lezione sesta. La probabilità, il tempo e il calore dei buchi neri
In chiusura: noi

Lezione prima. La più bella delle teorie

Albert Einstein (1879-1955)

Nel 1905, Einstein scrive tre articoli per gli Annalen der Physik: il primo dimostra che gli atomi esistono davvero, il secondo apre la porta alla Meccanica dei quanti, il terzo presenta la prima versione della teoria della relatività: la cosiddetta relatività ristretta.

Isaac Newton (1642 -1726-7)

La teoria della relatività ha un successo immediato, ma Einstein si rende conto che non armonizza con la teoria della gravitazione universale di Newton. Risolverà il problema dopo dieci anni di studi.

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18 Giugno, 2018

Gianni Rodari, Il dromedario e il cammello

by gabriella

Una volta un dromedario, incontrando un cammello,
gli disse: – Ti compiango, carissimo fratello:
saresti un dromedario magnifico anche tu
se solo non avessi quella brutta gobba in più.

Il cammello gli rispose: – Mi hai rubato la parola.
È una sfortuna per te avere una gobba sola.
Ti manca poco ad essere un cammello perfetto:
con te la natura ha sbagliato per difetto.

La bizzarra querela durò tutto un mattino.
In un canto ad ascoltare stava un vecchio beduino
e tra sé intanto pensava: – Poveretti tutti e due,
ognuno trova belle soltanto le gobbe sue.
Così spesso ragiona al mondo tanta gente
che trova sbagliato ciò che è solo differente.

[Il secondo libro delle filastrocche, Einaudi, 1996]

16 Giugno, 2018

Serve a diventare uomini

by gabriella

.. non a dare competenze utili al lavoro, e a costruire l’uguaglianza, non a valutare ossessivamente quanto non sanno o non sanno fare i nostri studenti.

Massimo Gramellini, Le parole della settimana

"La scuola serve a spingere i ragazzi ad ammirare un tramonto e non solo una vetrina. È folle pensare che serva solo a dare un lavoro, la vera infamia è non fare niente per invertire la rotta"Massimo Gramellini a Le parole della settimana

Publiée par Rai3 sur Lundi 23 avril 2018

12 Giugno, 2018

L’Italia che chiude i porti non è un paese povero, ma un povero paese

by gabriella

«Esiste un contagio del male: chi è non-uomo disumanizza gli altri, ogni delitto si irradia, si trapianta intorno a sé, corrompe le coscienze e si circonda di complici sottratti con la paura o la seduzione al campo avverso». Primo Levi

 

Arianna Ciccone (Valigia Blu):

Sono stati portati al governo in prima linea con il solo 17% dei voti degli italiani.
Ora quella propaganda, il grande inganno, è al potere e ha il potere di “giocare” sulla vita dei più deboli.

Il grande inganno è convincere le persone che i nostri problemi si risolvono respingendo gli ultimi della Terra. Il grande inganno è far credere che il problema dell’Italia siano i migranti e non la corruzione, le mafie, la bassa scolarizzazione, l’evasione fiscale, la disoccupazione giovanile, i diritti negati, una crescita economica inesistente, la mancanza di investimenti in ricerca e innovazione. È una propaganda facile, la più bastarda, a costo zero: aizzare gli animi contro i più deboli, i disperati, l’altro, il diverso, contro una invasione che non c’è.

E un po’ alla volta infetta le coscienze, che scelgono a loro volta di farsi contagiare.

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10 Giugno, 2018

Capire lo zero

by gabriella

Si uniscono a delfini, pappagalli e primati, nella lista degli animali di cui sappiamo che comprendono il concetto “numerico” di zero.

Una capacità non scontata, che possiedono anche i bambini piccoli ma che per essere formalizzata ha richiesto migliaia di anni alle società umane.

Di Sandro Iannaccone per Repubblica.it..

Che cosa sono i numeri? Cosa significano? E, soprattutto, cosa è e cosa significa lo zero? È un concetto tutt’altro che banale, che la nostra specie, dall’alto dei suoi circa 86 miliardi di neuroni, ha impiegato migliaia di anni a padroneggiare e formalizzare. E che oggi, sorpresa delle sorprese, sappiamo essere compreso anche dalle api, il cui cervello, per confronto, contiene “appena” un milione di neuroni.
A raccontarlo, sulle pagine di Science, è un’équipe internazionale di ricercatori, del Bio-Inspired Digital Sensing Lab alla University of Melbourne, in Australia, e di altri istituti di ricerca.
Gli scienziati, in particolare, hanno condotto una serie di esperimenti e scoperto che le api, così come gli esseri umani e poche altre specie animali (tra cui delfini, pappagalli e primati), sono in grado di comprendere sia i concetti di numerosità (e i loro correlati di “maggiore” e “minore”) che quello, ben più astratto, di zero. Ovvero, in altre parole, che gli insetti sono in grado di collocare lo zero nel posto giusto all’interno di un’immaginaria scala dei numeri, comprendendo che si tratta di una quantità minore dell’uno e delle cifre successive.

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5 Giugno, 2018

Lavoriamo per mantenere gli italiani: “Ci sfruttano e poi ci sparano”

by gabriella

Il meccanismo di estrazione di valore dal lavoro dei braccianti non passa per il solo sfruttamento del caporalato, ma da un circuito di creazione del reddito che parte dai fondi comunitari, passa per l’assegno disoccupazione ai lavoratori stranieri e alimenta il welfare ‘ndranghetista. Di Giuliano Foschini per Repubblica del 5 giugno 2018.

San Ferdinando. La “pacchia” evocata dal Ministro dell’Interno Matteo Salvini, la spiega nei particolari Samba, 25 anni, maliano.

«Due ore ad andare e due ore a tornare con questa»,

abbozza il primo sorriso della giornata, indicando una vecchia bicicletta.

«Cinquanta centesimi a cassa, 25 euro al giorno, anche 30. Ho pagato 150 euro perla baracca, sto qui da dieci mesi. Lavoro nove ore al giorno, ho i documenti, aspetto di avere l’asilo».

Soumayla Sacko

Samba è amico di Soumayla Sacko, anzi «fratello», dice battendo forte con la sua mano destra sul cuore, sotto il Municipio di San Ferdinando.

Samba raccoglie cipolle per un signore italiano. E nella piazza di Gioia Tauro lui – come Sambou, Moussa e gli altri ragazzi qui attorno – sono il tesoretto per il reddito di cittadinanza che la’ndrangheta da tempo ha istituito nella zona. 

Funziona così, come spiega un Ufficiale della Guardia di Finanza:

«La ‘ndrangheta individua i terreni e chiede il finanziamento all’Europa. Li incassa. Dopodiché finge di assumere braccianti: non li paga ma versa loro i contributi in modo tale che dopo 50 giornate scatti il diritto ad ottenere la disoccupazione. Il resto delle giornate i finti braccianti le passano in malattia. In questa maniera la ‘ndrangheta incassa i fondi dall’Europa e il consenso sul territorio, stipendiando migliaia di persone senza farle lavorare».

Per rendere l’idea: negli ultimi dodici mesi a Reggio il Comando Provinciale ha scoperto 1.833 falsi braccianti che hanno incassato indebitamente 11 milioni di euro dall’INPS, che a sua volta ha versato indebitamente 9 milioni e mezzo alle aziende. Sono 20 milioni e mezzo di euro in un anno, soltanto i questa provincia, rubati nelle campagne allo Stato. Perché tanto a lavorare ci pensa Samba. Ci pensava Soumayla.

«È morto un fratello, viviamo da schiavi e il problema siamo noi»

ripetevano ieri mattina in corteo. E dunque i lavoratori scioperano e poco importa se per strada gli automobilisti li insultavano:

«Andate a lavorare!»,

urlavano nelle strade di una città che negli ultimi anni ha avuto tre scioglimenti per mafia.

«Chissà se hanno lavorato mai quanto questi ragazzi»,

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2 Giugno, 2018

Razzismo di m…a

by gabriella

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