28 aprile 1945, fucilazione di Mussolini

by gabriella
audisio barontini

Ilio Barontini e Walter Audisio

Tratto da El Chico Malo.

Walter Audisio (conosciuto anche col nome di battaglia di Colonnello Valerio o Colonnello Giovanbattista Magnoli) era al tempo capo di un raggruppamento delle forze partigiane con funzioni di polizia. La sua figura emerse, direttamente con riferimento a questi fatti, negli anni ’60, quando il quotidiano “L’Unità” (organo del PCI, per il quale Audisio fu poi deputato) diede notizia del suo coinvolgimento.

Metà della notizia non era in verità nuovissima, essendo il nome del Colonnello Valerio già circolato nell’immediato, ciò malgrado non se ne conosceva l’identità e Audisio non aveva mai dato modo di parlare di sé, solo essendo noto in qualche ambiente di militanza; tutti “sapevano” che Mussolini era stato fucilato dal colonnello Valerio, ma nessuno avrebbe detto che si trattasse di Audisio.

Identificandosi con quel Valerio, Audisio sostenne, non senza qualche contraddizione fra le sue stesse versioni, di essere in pratica il responsabile e l’autore materiale della fucilazione di Mussolini.

Nella notte tra il 27 e il 28 aprile 1945, affermò, ricevette dal generale Raffaele Cadorna l’ordine di uccidere Mussolini. Si trattava comunque di un ordine che contraddiceva le clausole dell’armistizio di Cassibile e gli accordi sottoscritti dal CLNAI secondo i quali Mussolini doveva essere consegnato vivo agli Alleati. Secondo alcuni storici parte delle forze partigiane temevano che una volta consegnato agli alleati sarebbe stato rimesso al potere nell’arco di qualche anno, di qui la decisione di non rispettare gli accordi dell’armistizio e di procedere alla sua condanna a morte.

Alle 7 del mattino successivo, un convoglio guidato dal Colonnello Valerio partì alla volta di Como, ove si trattenne fino alle 12.15, per poi spostarsi a Dongo, dove arrivarono alle 14.10. Qui Valerio e i suoi uomini avrebbero comunicato ai partigiani locali che avevano in custodia Mussolini ed i gerarchi dal pomeriggio avanti e di voler fucilare i prigionieri. Di fronte al rifiuto dei partigiani locali di rivelare dove si trovasse Mussolini, che essi volevano portare a Como, Audisio ricorse ad un espediente ed alle 15.15 poté partire con una Fiat 1100 nera verso Giulino di Mezzegra, distante 21 km, più a sud, dove – in frazione Bonzanigo l’ex dittatore era tenuto prigioniero presso una famiglia di antifascisti (casa De Maria).

audisioDa questo punto la narrazione diviene meno chiara. Audisio fornì ben quattro differenti versioni della sua presentazione a Mussolini. Ciò provocò in seguito polemiche e dubbi sul modo in cui effettivamente si svolsero i fatti. Molti testimoni affermarono che, usciti di casa, Audisio, i partigiani e Mussolini si recarono alla macchina. Nessuno dei testimoni ha però saputo dire con esattezza quanti fossero i partigiani di scorta e come fossero vestiti i prigionieri. Mussolini e la Petacci, saliti dietro, furono fatti scendere in un angusto vialetto (via XXIV Maggio) davanti a Villa Belmonte, un’elegante residenza della zona situata in posizione assai riparata. Quello che lì accadde è ancora oggi poco chiaro, complici le diverse versioni di Valerio così come di Guido e Michele Moretti, gli altri 2 partigiani che si trovavano con lui in quel momento (l’autista dell’auto e l’altro passeggero sul sedile anteriore).

Sempre secondo Valerio, apprestandosi ad eseguire la fucilazione, gli si incepparono il mitra e la pistola. Per sparare a Mussolini usò perciò l’arma di Moretti, il quale però, dopo la morte di Audisio, affermò di essere stato lui a sparare perché le armi di Audisio non funzionavano. Inoltre Guido affermò d’aver sparato il colpo di grazia, che però venne rivendicato anche da un altro partigiano azzanese.

Alle 17 il colonnello Valerio ritornò a Dongo per fucilare gli altri gerarchi, dopo aver lasciato alle 16.20 Guido e Moretti di guardia ai corpi davanti a Villa Belmonte. Alle 17.48, a Dongo, tutti i 16 gerarchi erano morti. Caricati i loro cadaveri su un camion, Valerio partì per Milano verso le 20, passando a recuperare anche i corpi di Mussolini e della Petacci. Durante il viaggio di ritorno la colonna si imbatté in altri partigiani e in posti di blocco alleati che le diedero qualche problema. Tuttavia alle 3.40 di domenica 29 aprile giunse in Piazzale Loreto.

Oggi possiamo dire con assoluta convinzione che se Mussolini non  fosse stato ucciso probabilmente sarebbe stato riabilitato in qualche  ruolo di potere, come purtroppo è accaduto per molti altri fascisti.

Print Friendly, PDF & Email


Comments are closed.


%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: